Attuare il cambiamento reale in azienda

Nella società odierna, caratterizzata da uno sviluppo tecnologico estremamente veloce, occorre porre la massima attenzione su come vengono utilizzati i nuovi strumenti disponibili. La tecnologia può supportare il raggiungimento di traguardi ritenuti impossibili da conquistare sino a poco tempo fa, ma contemporaneamente può costituire, se mal gestita, un serio pericolo per la società in generale e per le organizzazioni che di essa fanno parte.

Utilizzare la tecnologia in maniera corretta vuol dire soprattutto agire sulla cultura di un’organizzazione, modificando le tradizionali regole di management e di governance complessiva. Se questo cambiamento, che da questo momento chiamerò non a caso ‘reale’, viene effettivamente e non solo nella forma realizzato, si potranno realmente sfruttare le enormi possibilità che si stanno rendendo disponibili.

I campi di interesse, che hanno impegnato i più alti livelli di una qualunque organizzazione, dovranno essere integrati con contenuti nuovi.

Introdurre nell’ambito di un’organizzazione argomenti come l’impatto sociale, la crescita culturale ed economica del territorio, l’aumento della delega decisionale degli stakeholder, l’analisi critica dei processi, visti anche sotto l’aspetto della semplificazione e dell’impatto sul lavoro delle persone, e infine la sostenibilità non solo ambientale – temi ai quali le nuove tecnologie possono dare un contributo determinante – sta diventando ormai non più procrastinabile.

A questo riguardo il mio approccio non vuole essere completamente disruptive, ma tenderà a integrare i nuovi contenuti con temi più tradizionali, ma non meno importanti, come la sicurezza sul lavoro, il rispetto dell’ambiente, la massimizzazione dei profitti, la qualità dei prodotti/servizi finali.

Oggi non regge più la scusa storica, che molti di noi hanno sentito in passato: “Vorrei realizzare questi cambiamenti, ma non posso farlo perché non ho né il tempo, né il budget, né gli strumenti adatti”. Oggi i nuovi strumenti sono disponibili e a costi via via sempre più bassi.

L’evoluzione consiste nel puntare su un ‘cambio culturale reale’, inteso come realizzazione effettiva del cambiamento e non solo formale e/o di facciata, aggiungendo agli obiettivi tradizionali nuovi traguardi da raggiungere.

Un tale progetto richiede specifiche modalità di gestione e implementazione e deve prevedere la realizzazione di attività, di cui provo a elencare una breve, seppur incompleta, lista:

· formazione di gruppi di lavoro interfunzionali;

· collaborazione stretta con università e scuole di business a livello non solo teorico, ma anche realizzativo;

· creazione di network e community utili per condividere esperienze e possibili soluzioni;

· realizzazione di eventi specifici, che approfondiscano i vari temi e che consentano di confrontarsi con quanto realizzato a livello anche internazionale;

· scrittura di un Manifesto del cambiamento reale, che indichi le principali linee guida da utilizzare.

Il cambiamento culturale va costruito in maniera agile e veloce, utilizzando competenze e creatività delle persone, siano esse giovani o meno giovani. Per ottenere gli obiettivi desiderati tali individui devono essere motivati e resi partecipi dei risultati.

Passando al tema della realizzazione pratica, occorre tenere in considerazione che un progetto di tal fatta non può essere gestito con le tradizionali ‘task force’ o considerato come un’attività standalone, condotta col supporto di super pagati consulenti strategici, ma dev’essere considerato parte integrante della vita organizzativa di tutti i giorni.

Partendo da questi concetti, proviamo a immaginare e costruire un possibile percorso di ‘cambiamento reale’ e di utilizzo delle nuove tecnologie. La mia esperienza mi ha insegnato che il superamento dello status quo, che a prima vista può sembrare rischioso, fornisce quando realizzato correttamente un miglioramento a gradino (step change) e non solo un ‘miglioramento continuo’ (Kaizen), come ci aveva insegnato nel passato la Teoria della Qualità di matrice giapponese.

Questo miglioramento può in certi casi rappresentare l’unica àncora di salvezza in quei periodi di crisi, quasi sempre non pianificati, come quelli che stiamo più volte sperimentando nel mondo di oggi.

Nuove metriche per valutare il cambiamento tecnologico

Riprendendo le considerazioni riportate in premessa, lo sviluppo tecnologico sta sempre più prendendo piede all’interno delle organizzazioni private e pubbliche. Ormai già da qualche tempo, infatti, si sente parlare di digitalizzazione dei processi e delle attività produttive, di Smart working, di cloud nelle sue varie accezioni (SaaS, IaaS, PaaS), di piattaforme, di organizzazioni data driven, di Internet of Things e così via.

L’opportunità nell’utilizzare queste tecnologie e i vantaggi ottenibili sono sulla carta inequivocabili, ma occorre a questo proposito fare un’attenta riflessione.

Il primo spunto risiede nel fatto che i risultati offerti dalle tecnologie non possono essere valutati con metriche tradizionali. Se per esempio dovessimo provare a calcolare il ritorno economico dell’utilizzo di una piattaforma in cloud, non potremmo solamente valutare la riduzione del costo di funzionamento del sistema. Questo approccio tradizionale presenta tre importanti criticità.

Per prima cosa, si parte dal concetto errato che la digitalizzazione o più in generale il sistema informatico di un’organizzazione sia solamente un costo e non un investimento: questa percezione rappresenta una visione limitata del potenziale di questi strumenti e crea un iniziale pregiudizio dei risultati ottenibili da esso.

In secondo luogo, il sistema informatico e i progetti a esso collegati devono possedere una loro precisa connotazione di ‘sostenibilità’. Occorre per questo valutare i benefici anche nel lungo periodo e non solo nel breve. Infine, l’utilizzo di una qualsiasi nuova applicazione o tecnologia mette in discussione il modo in cui per anni è stata gestita una certa organizzazione.

Se alcuni processi sono stati condotti nel passato usando la carta o sistemi centralizzati, nel momento in cui si vuole realizzare un cambiamento occorre rivedere gli stessi e più in generale la governance complessiva del sistema, pensando di più a un’architettura decentralizzata. Non solo, quindi, ridurre i costi, ma modificare più nel profondo le modalità e la struttura gestionale.

Il terzo punto sopra indicato è stato ed è uno dei più critici nell’utilizzo delle applicazioni Erp (Enterprise Resource Planning), che sono diventate a partire dagli Anni 90 uno dei più importanti esempi di legacy. Esse sono state quasi dappertutto implementate eseguendo modifiche software strutturali (la cosiddetta ‘customizzazione’), in modo da essere usate senza modificare i processi aziendali (tipico esempio di digitalizzazione senza cambio del sistema gestionale).

Ciò ha sicuramente causato un notevole incremento delle spese di gestione. Il costo dei programmi Erp rappresenta oggi uno dei maggiori problemi nel budget dei sistemi informatici aziendali, limitando la capacità di realizzazione di investimenti innovativi.

In questi pochi esempi ho affrontato alcuni temi fondamentali riguardanti la trasformazione digitale, di cui molto si sta parlando in questo periodo in vari testi tecnici e organizzativi e in eventi di vario genere. Per continuare ad affrontare la questione provo a pormi le seguenti domande: è possibile ottenere un importante impatto sociale positivo da queste tecnologie? E se sì, come si può realizzare? E quando parlo di impatto sociale vado subito a toccare uno dei temi principali da trattare: la ‘sostenibilità’.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Novembre-Dicembre di Sviluppo&Organizzazione.
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tecnologie, cambiamento organizzativo, sostenibilità


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Bruno Demuru

Innovation manager, già CIO di un grande gruppo industriale italiano

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