Cercasi Direttori del Personale coraggiosi
Uno degli aspetti più inquietanti del panorama attuale riguarda le nuove generazioni. I più recenti dati Istat parlano chiaro: la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 21,6%, con una flessione dell’occupazione tra i 15-24enni e i 25-34enni. A fronte di una crescita generale dell’occupazione, soprattutto tra gli Over 50, il mondo giovanile appare sempre più fragile, disilluso e in cerca di alternative.
Ma non si tratta solo di mancanza di lavoro. È in atto un cambiamento più profondo: molti giovani non cercano più il ‘posto fisso’, ma un lavoro che abbia senso, che sia coerente con i propri valori, che offra flessibilità e possibilità di crescita. Secondo le analisi di Laborability, si osserva una migrazione costante verso forme di lavoro autonomo e indipendente, segno di una generazione che rifiuta modelli tradizionali e cerca nuove strade.
Questa tensione tra desiderio di cambiamento e scarsità di opportunità si inserisce in un contesto di forte instabilità. Le guerre, le crisi energetiche, le tensioni geopolitiche rendono le aziende più caute, meno propense a investire, più lente nel prendere decisioni. E così, il sogno di un lavoro significativo si scontra con una realtà che offre contratti a termine, percorsi incerti, carriere frammentate.
L’HR come ponte tra generazioni
In Italia, la situazione è aggravata dalla struttura del tessuto produttivo: la prevalenza di Piccole e medie imprese (PMI), spesso prive di una funzione HR strutturata, rende difficile intercettare e valorizzare il talento giovanile. Le produzioni sono spesso mature, poco innovative, e competono con Paesi come la Cina, dove le filiere sono integrate, scalabili, efficienti. Qui da noi, invece, la dispersione delle competenze, la mancanza di massa critica, la resistenza al cambiamento rendono la trasformazione più lenta e faticosa.
Ecco perché l’HR deve assumere un ruolo di ponte generazionale. Deve ascoltare i giovani, comprenderne le aspirazioni, creare percorsi di sviluppo autentici. Deve aiutare le aziende a superare la paura dell’instabilità, mostrando che investire nelle persone – soprattutto nei giovani – è l’unico modo per costruire futuro.
Le opportunità nascoste
Ogni crisi porta con sé anche opportunità. È nei momenti di instabilità che le aziende possono ridefinire il proprio purpose, accelerare la digitalizzazione, sperimentare nuovi modelli di lavoro. Lo Smart working, la settimana corta, il job sharing non sono solo soluzioni tattiche, ma segnali di un cambiamento più profondo. E l’HR può essere il catalizzatore di questa trasformazione.
Molti professionisti oggi cercano aziende con valori forti, leadership autentica, impatto sociale. Non vogliono solo un lavoro, vogliono un senso. E l’HR può intercettare questo bisogno, costruendo employer brand credibili, esperienze significative, comunità autentiche.
In tempi di guerra e instabilità, l’HR non può restare in attesa. Deve agire, influenzare, innovare. Deve essere la voce che ricorda che dietro ogni decisione c’è una persona, una storia, una possibilità. Il mondo ha bisogno di HR coraggiosi, visionari, capaci di navigare l’incertezza con lucidità e umanità.
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