Leadership femminile, il soffitto di cristallo resiste
Mentre in Francia quasi un’azienda su cinque può vantare una presenza femminile superiore al 50% nei ruoli executive, in Italia oltre il 20% delle imprese non ha nemmeno una donna nel proprio team di vertice. È questa una delle fotografie più eloquenti scattate dalla seconda edizione dell’Osservatorio Donne Executive, realizzato dal Corporate Governance Lab della SDA Bocconi School of Management in collaborazione con Eric Salmon & Partners, società che assiste le aziende nella selezione di figure manageriali, nella pianificazione della successione e nel rafforzamento della governance.
Lo studio, che quest’anno amplia lo sguardo al confronto tra Italia, Francia, Germania e Belgio, esamina in modo sistematico la distribuzione delle donne nei ruoli executive, le funzioni ricoperte, i settori industriali, le dinamiche generazionali e l’esperienza internazionale. Due focus specifici riguardano la posizione di Amministratore Delegato e il ruolo dei Comitati Nomine come leve per promuovere la leadership femminile.
Quello che è emerso è che nel perimetro italiano, su un campione di 320 imprese – 169 quotate e 151 non quotate di grandi dimensioni – la percentuale di donne executive si attesta al 18,1%, in lieve aumento rispetto al 17,4% della prima rilevazione. Un progresso troppo timido: il rapporto tra uomini e donne ai vertici resta di 1 a 6, e la percentuale di Amministratrici Delegate è ferma al 7%, invariata rispetto all’anno precedente. Le manager italiane continuano a concentrarsi nelle funzioni di staff – risorse umane, legale, audit, investor relations, sostenibilità – mentre restano marginali nelle aree operative e finanziarie, considerate essenziali per accedere alle cariche più alte.
L’Europa corre a velocità differenti
La mappa europea della leadership femminile mostra velocità diverse. La Francia guida la classifica, grazie a politiche lungimiranti e a un impianto normativo favorevole che hanno consolidato pratiche di inclusione ormai strutturali. La Germania sconta invece un sistema di governance più rigido e frammentato, mentre il Belgio presenta un quadro più bilanciato, seppur su un campione ridotto. In questo scenario, l’Italia procede con passo lento, frenata da inerzie culturali e da un modello di carriera ancora poco permeabile al talento femminile.
Tra le leve più efficaci individuate dall’Osservatorio figurano i Comitati Nomine, veri motori di cambiamento: la presenza di almeno una donna in questi organi aumenta del 15,3% la probabilità di nomine femminili ai vertici. L’effetto positivo si è rafforzato con la legge Golfo-Mosca, che ha portato a un incremento del 25,1% nella probabilità di nomine di donne in ruoli executive, avvicinando l’Italia ai livelli francesi.
Alla base della lentezza del cambiamento restano però barriere culturali, bias inconsci e perfino forme di autoesclusione femminile, come la cosiddetta “sindrome dell’impostore”. Eppure, alcune imprese iniziano a tracciare un percorso diverso: introduzione di KPI di genere nei sistemi di incentivazione, monitoraggio del gender pay gap, programmi di mentoring, politiche di flessibilità e caregiving. Cresce inoltre l’impegno nelle scuole e università per costruire pipeline femminili più solide, soprattutto nei settori Stem e tecnico-operativi, ancora oggi i più critici per l’accesso ai vertici.
Serve un impegno continuativo
I risultati dell’Osservatorio sono stati presentati e discussi nel corso di un incontro svoltosi presso SDA Bocconi a Milano, con la partecipazione di Paola Cillo, Associate Dean for Research – Claudio Dematté, Research Division, SDA Bocconi; Alessandro Minichilli, Professore Ordinario dell’Università Bocconi, Associate Dean for Faculty, Direttore del Corporate Governance Lab e co-Direttore dell’eSG Lab di SDA Bocconi; Valentino D’Angelo, PhD candidate presso l’Università Bocconi e Coordinatore del Corporate Governance Lab SDA Bocconi; Paola Calderini, CEO Italia di Eric Salmon & Partners; e Massimo Milletti, Presidente Onorario di Eric Salmon & Partners. Ne hanno discusso: Barbara Beltrame Giacomello, Presidente di Confindustria Vicenza e Vicepresidente di AFV Beltrame Group; Alessandra Carra, CEO del Gruppo Feltrinelli; Carlo Luzzatto, CEO & General Manager di RINA; e Diva Moriani, Executive Chairman & Chief of Transformation Office di KME.
“I dati confermano che senza interventi mirati sulla pipeline e sulle funzioni strategiche, il riequilibrio di genere nelle posizioni apicali rimarrà lento e incompleto. È necessario agire sulla cultura organizzativa e rafforzare i percorsi di carriera femminili in ambiti chiave come operations e finanza”, è il commento di Minichilli. “Le aziende che integrano obiettivi di diversity and inclusion nelle proprie strategie non solo promuovono equità, ma rafforzano competitività, capacità di attrarre talenti e reputazione nel lungo periodo”, ha aggiunto Calderini.
Il messaggio finale dell’Osservatorio è chiaro: la presenza femminile ai vertici non rappresenta soltanto un indicatore di giustizia sociale, ma una leva concreta di crescita e innovazione. Senza un impegno continuativo su succession planning, sviluppo delle competenze e cambiamento culturale, tuttavia, il progresso rischia di restare frammentato e di perdere slancio proprio quando il resto d’Europa accelera.



