Come se la passano male i lavoratori
Stress, disillusione, basso coinvolgimento e produttività limitata: questo è il ‘prezzo’ di un mondo del lavoro che ha trascurato il capitale umano. E la questione ci riguarda molto da vicino. Secondo lo State of the global workplace, sondaggio annuale della società di consulenza Gallup, gli italiani si posizionano ultimi nella classifica europea per l’engagement, con […]

Stress, disillusione, basso coinvolgimento e produttività limitata: questo è il ‘prezzo’ di un mondo del lavoro che ha trascurato il capitale umano. E la questione ci riguarda molto da vicino. Secondo lo State of the global workplace, sondaggio annuale della società di consulenza Gallup, gli italiani si posizionano ultimi nella classifica europea per l’engagement, con solo il 5% degli intervistati che si è dichiarato coinvolto sul lavoro (è un valore significativamente inferiore alla media europea del 13% e a quella globale del 23%). Inoltre, il 46% dei dipendenti ha svelato di sentirsi stressato quotidianamente. Anche questo dato supera la media europea (39%) e colloca l’Italia al settimo posto in Europa.
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“Il nesso fra motivazione e coinvolgimento sul lavoro è evidente. Uno stile manageriale eccessivamente gerarchico e padronale non è più adatto al mondo del lavoro, in particolare nella realtà post covid. Inoltre, in Italia – primo Paese occidentale a essere stato colpito dalla pandemia – è stata proprio la flessibilità e l’intraprendenza dei lavoratori a garantire la sopravvivenza di molte realtà aziendali”, ha dichiarato Federico Orlandini, Senior Business Solutions Consultant di Gallup.
L’ottimismo scarseggia in generale quando si tratta di guardare alle opportunità offerte dal mercato del lavoro. Appena il 20% degli intervistati italiani, infatti, ritiene che il momento attuale sia favorevole per trovare un impiego, mentre la media europea degli ‘ottimisti’ è al 56%. L’Italia si posiziona così in ultima posizione anche in questo ambito, dietro a Grecia e Macedonia.
Ci salveranno i giovani imprenditori
Un’importante caratteristica dell’economia italiana è la struttura dimensionale delle imprese, con una forte prevalenza di microimprese (fino a 10 lavoratori). Queste aziende – spesso imprese familiari e create da imprenditori durante gli anni del Miracolo Economico (Anni 50 e 60) – hanno potuto tenere il passo con la competizione internazionale grazie ai vantaggi dei distretti industriali. “Negli ultimi decenni, tuttavia, si sono manifestati in modo molto evidente i limiti di questo modello di sviluppo. Il dato più allarmante è il basso tasso di investimento in capitale umano, in particolare per quanto riguarda formazione e cultura manageriale, che spesso è dettata dall’imprenditore o dai suoi successori. Questa mancanza di investimento può spiegare il perché la produttività della forza lavoro è del tutto insoddisfacente”, ha proseguito il manager di Gallup. D’altro canto, i deludenti dati evidenziati dal sondaggio indicano la necessità di affrontare le sfide e migliorare le condizioni lavorative in Italia e, ad assumersi la responsabilità, potrebbero essere proprio le nuove generazioni di imprenditori. “In questo momento assistiamo a una dinamica interessante che offre una grande opportunità di innovazione: il passaggio generazionale in molte aziende. Tanti giovani hanno avuto l’opportunità di studiare, anche all’estero, e stanno cercando di modernizzare e cambiare il modo in cui operano i loro dipendenti. È un momento in cui i datori di lavoro iniziano a capire che devono trattare i dipendenti in modo diverso e concentrarsi maggiormente su di loro, offrendo opportunità di sviluppo”, ha concluso Orlandini. Per rilanciare lo stato di (mal)benessere dei lavoratori bisogna tornare a investire sulla formazione, la cultura e i valori. E questo nuovo mandato spetta a giovani manager e imprenditori.Categoria: Benessere aziendale, Organizzazione

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