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mercoledì, 17 Settembre, 2025

Non c’è fidelizzazione senza crescita

Reperire e trattenere talenti è più difficile che mai. Ma per quanto questo possa essere estenuante, non c’è forse mai stato momento migliore per i responsabili delle Risorse Umane più premurosi, creativi e stimolanti per ridefinire la cultura del posto di lavoro. Un processo che, dal punto di vista di Jim McCann, Forbes Councils Member […]
22 Febbraio 2022
Di: Erica Manniello
22 Febbraio 2022
crescita
Reperire e trattenere talenti è più difficile che mai. Ma per quanto questo possa essere estenuante, non c’è forse mai stato momento migliore per i responsabili delle Risorse Umane più premurosi, creativi e stimolanti per ridefinire la cultura del posto di lavoro. Un processo che, dal punto di vista di Jim McCann, Forbes Councils Member del magazine Usa Forbes, passa per uno sguardo olistico nei confronti delle esigenze dei lavoratori e mira a soddisfare il desiderio di crescita, sviluppo e connessione sociale delle persone per rendere la loro esperienza di lavoro il più ricca possibile.  Vent’anni fa il CEO di American Express Steve Squeri disse che il suo compito era fare tutto il possibile per assicurarsi che i suoi dipendenti guardandosi indietro riconoscessero quella alle sue dipendenze come la loro migliore esperienza lavorativa. L’obiettivo, sottolinea McCann, si nutre del continuo sviluppo professionale e personale dei dipendenti. Anche prima della pandemia, ricerche citate da Forbes hanno messo in evidenza il forte legame tra sviluppo e fidelizzazione dei dipendenti, mostrando come la mancanza del primo spesso comportasse l’abbandono del posto di lavoro. Per questa ragione diventa essenziale per le organizzazioni creare una cultura aziendale che permetta di crescere sia come professionisti e sia come persone. 

Si parte con un piano di sviluppo 

Innanzitutto, ogni dipendente dovrebbe avere la possibilità di intraprendere un percorso personalizzato. Che si tratti di entry level o CEO, tutti possiamo migliorare competenze, capacità e consapevolezza secondo McCann. Oltre alle responsabilità lavorative di base, un buon piano di sviluppo dovrebbe includere anche la formazione in aree che diversifichino le competenze e coltivino talenti trasversali come, per citarne uno, la comunicazione. Dovrebbe però anche, sottolinea, supportare gli interessi personali dei dipendenti o le attività che svolgono nel loro tempo libero, dal volontariato alla partecipazione a corsi di vario genere. Anche questi contribuiscono alle competenze complessive. Infine, non dovrebbero mancare attività legate alla socialità e alla collettività, a favore del benessere psicofisico delle persone.  Per McCann, incoraggiare i lavoratori a essere parte integrante della cultura aziendale e a imparare sempre qualcosa di nuovo incide direttamente sulla loro fidelizzazione, oltre a portare in campo potenziali vantaggi anche sul fronte dell’attrazione dei talenti, banalmente anche solo attraverso il passaparola e i feedback positivi di chi lavora in un’azienda che si adopera in questa direzione. Un esempio che va concretamente in questa direzione è fornito da McCann citando le organizzazioni che utilizzano strumenti di integrazione tra aree geografiche come incontri regolari tra gruppi di dirigenti che più volte l’anno si confrontano sulle sfide del loro ruolo e partecipano a programmi personalizzati. L’idea è che i partecipanti abbiano l’occasione di discutere le procedure aziendali, incarnando indirettamente la funzione di cassa di risonanza per l’azienda e svolgendo in qualche modo un ruolo di mentori per migliorare la connessione sociale in azienda.   Programmi di questo tipo, ha sottolineato McCann, non devono essere costosi, ma richiedono un po’ di immaginazione e creatività. Quando ci si interessa genuinamente allo sviluppo professionale e personale dei dipendenti e si offrono gli strumenti perché questo possa trovare spazio gli effetti si fanno sentire.  Fonte: Forbes 
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