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venerdì, 19 Settembre, 2025

Il post pandemia mette in crisi le forniture

All’inizio del 2020, dalla Cina, si è diffusa la pandemia che ha scosso il mondo intero, dal punto di vista della salute, ma anche da quello economico a causa dei disagi, più lunghi del previsto, generati sui mercati. Quasi tutti gli Stati decidevano di instaurare lockdown nei propri territori per evitare i contagi: questo ha […]
25 Febbraio 2022
Di: Redazione
25 Febbraio 2022
All’inizio del 2020, dalla Cina, si è diffusa la pandemia che ha scosso il mondo intero, dal punto di vista della salute, ma anche da quello economico a causa dei disagi, più lunghi del previsto, generati sui mercati. Quasi tutti gli Stati decidevano di instaurare lockdown nei propri territori per evitare i contagi: questo ha sconvolto il mercato mondiale, e in particolare alcuni settori. Ha subito una forte impennata, invece, la domanda di alcuni beni di utilizzo domestico (quali, per esempio, la carta igienica e il lievito), di beni legati ad attrezzature mediche (mascherine e altri strumenti, macchinari per il personale sanitario e gli ospedali) e allo Smart working (computer, tablet e attrezzature elettroniche). Ovviamente, siccome la domanda di questi beni era sempre stata prevedibile sino ad allora, l’offerta ha faticato a tenere il passo. Le aziende produttrici hanno iniziato a ordinare grandi quantità di materiali intasando il sistema di approvvigionamento. Dalla Cina in primis, ma anche da altre zone del mondo, sono stati spediti enormi volumi di dispositivi di protezione individuale (come mascherine e camici ospedalieri) in ogni continente, e sono stati scaricati container in luoghi che non avevano mai restituito molte merci, accumulati nei magazzini e nei porti in regioni come l’Africa Occidentale e l’Asia Meridionale. Parallelamente, nei maggiori porti europei e del Nord America, il forte afflusso di container ha travolto la disponibilità nelle banchine. Talvolta, decine di navi sono rimaste ancorate a largo per giorni, prima di poter scaricare le merci. A complicare ulteriormente la situazione: il blocco del canale di Suez.

La fragilità della Supply chain

Il 23 marzo 2021 sarà ricordata come una data storica per il commercio mondiale, e soprattutto per il canale di Suez: la Ever Given, una nave portacontainer lunga 400 metri, in rotta verso il porto di Rotterdam, a causa del forte vento durante una delicata manovra ha completamente bloccato per sei giorni l’ingresso del canale, costringendo quasi 400 navi ad attendere le operazioni di soccorso e disincagliamento. In tutta la sua storia, iniziata nel lontano 1869, il servizio offerto dal canale di Suez è stato sospeso altre cinque volte per tensioni internazionali legate a risvolti politici, ma mai per un evento naturale, o peggio, per l’incagliamento di un gigante del mare come la Ever Given. Il blocco di questa via marittima, la quinta per importanza nel panorama del commercio mondiale, durante la fase cruciale della gestione della pandemia di covid-19 ha rappresentato, e rappresenta tutt’ora, un momento di riflessione rispetto alla fragilità della Supply chain. Il canale, infatti, permette il transito di circa 100 navi al giorno, di cui la metà sono portacontainer, coprendo così il 12% delle merci globali (BBC, 2021). I beni trasportati sono molteplici e di diversa natura: si passa da merci di consumo ai componenti per auto, dalla fornitura di cereali ai metalli e minerali come il carbone. Anche per il trasporto e passaggio del petrolio e di altri idrocarburi, il canale di Suez è estremamente importante. Estratto nel Golfo Persico e nel Medio Oriente, con direzione Europa e Asia, il greggio trasportato attraverso Suez, con 2 milioni di barili al giorno, rappresenta il 4,4% di quello mondiale (Lombardini, 2021). Senza questa via, una petroliera sarebbe obbligata a percorrere 9.600 chilometri in più per circumnavigare l’Africa e oltrepassare il Capo di Buona Speranza comportando maggiori tempi di trasporto, maggiori costi e rischi a fronte anche della pericolosità della tratta per noti fenomeni di pirateria (Ferraino, 2021). Lo choc dell’incagliamento della Ever Given, insieme con la pandemia sono eventi che hanno profondamente modificato il valore commerciale delle merci in transito da Suez e parallelamente messo in moto il processo di trasformazione delle Supply chain di tutto il mondo. La reazione degli armatori che hanno dovuto affrontare il blocco è stata quella di differenziare e valutare altre opzioni, dando il via ad analisi di processo con l’obiettivo di aggiornare il modello per l’approvvigionamento delle merci. Nei prossimi anni il canale di Suez sarà ancora fondamentale per il trasporto marittimo che unisce Asia ed Europa, ma alla luce dei fatti recenti, si è reso necessario considerare le possibili vie e trasporti alternativi. Si pensi, infatti, alla rotta artica, che negli ultimi anni, e purtroppo a causa dello scioglimento dei ghiacciai, ha visto la nascita di nuove vie di navigazione. Non sono una soluzione i voli cargo, che a causa degli elevati costi rappresentano esclusivamente una solida opzione per il trasporto di merci specifiche, strategiche e geograficamente più lontane. La rotta ferroviaria Europa-Cina offre invece una valida alternativa ai trasporti marittimi e a quelli aerei, avvantaggiandosi di una consegna diretta al cliente in media in 15-17 giorni. Il blocco della Ever Given, oltre alla gravità di quanto verificatosi, ha ricordato l’alta fragilità che contraddistingue il processo di approvvigionamento globale delle merci e tutti i problemi che un’interruzione prolungata come questa può portare. Le conseguenze dell’incidente non sono cessate nel breve periodo, ma anzi hanno creato effetti a cascata sulla capacità globale, interessando diversi attori della Supply chain. Un esempio è il congestionamento dei porti dovuto all’arrivo in contemporanea di tutte le navi rimaste ferme agli imbocchi del canale di Suez, generando così ulteriori tempi di attesa alle portacontainer già in ritardo. Dal 2019 a oggi, complice la pandemia, il tempo medio di attesa per un approdo è più che raddoppiato, e anche la sosta delle navi in coda nei porti pronte per essere scaricate e caricate è aumentata notevolmente. La fragilità del sistema e l’incidente nel canale non potevano che portare turbolenze anche sul mercato del greggio. La forte differenza tra la domanda di consumo e l’offerta di trasporto, e in aggiunta l’affidabilità del trasporto marittimo ai minimi storici, hanno portato a un rapido aumento dei costi di nolo a livello mondiale. Ne è un esempio la rotta che collega il porto europeo di Rotterdam a quello cinese di Shangai, che ha registrato costi elevati come mai prima (Bloomberg Intelligence, 2021).
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2022 di Sistemi&Impresa. Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)
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