Lavorare (non) è un gioco da ragazzi

Giocare fa bene, anche sul luogo di lavoro. È questa la provocazione – o meglio la proposta– di Danilo De Lumè, HR Manager di Rossi, azienda specializzata in riduttori, motoriduttori e motori elettrici, nel suo libro Gamify HR (Egea, 2025). Il punto di partenza è chiaro: il mondo del lavoro è cambiato. I lavoratori cercano motivazione e work-life balance, e la competizione per attrarre e trattenere talenti è diventata serrata. In questo contesto, la gamification si presenta come un approccio sistemico per attivare un coinvolgimento autentico e duraturo.
È però fondamentale chiarire un concetto: la gamification non significa organizzare tornei aziendali. Si tratta di un insieme di strumenti e logiche capaci di motivare le persone facendo leva su curiosità, collaborazione, sfida e senso di appartenenza. “Non è una soluzione magica che trasforma istantaneamente un ambiente di lavoro tossico in un luogo felice. Funziona solo se progettata in modo intelligente, allineata ai valori aziendali e basata su una conoscenza profonda delle persone che ne fanno parte”, sottolinea l’autore.
Nei diversi capitoli, De Lumè guida il lettore lungo l’intero employee lifecycle, mostrando come integrare dinamiche di gioco in processi fondamentali: dal recruiting alla formazione, dal team building alla performance management. La gamification è tangibile anche nel libro stesso: il testo è arricchito da esempi pratici e da un’estensione digitale, che include diario di bordo per monitorare i progressi, survey di autovalutazione, dashboard KPI e un game pensato per allenare i manager alle sfide del futuro del lavoro.
L’HR Broadcasting come futuro dell’engagement
Uno dei consigli principali è progettare il gioco tenendo conto delle caratteristiche dell’audience di riferimento. Le nuove generazioni, abituate a videogiochi e social media, sono naturalmente predisposte alla gamification. A seconda degli obiettivi aziendali, si possono attivare diverse iniziative: piattaforme di elearning e valutazioni in tempo reale per un feedback immediato, oppure sfide di gruppo, che rafforzano la collaborazione, o percorsi di carriera personalizzati basati sugli interessi individuali.
Ogni processo aziendale, però, presenta dei limiti. Per esempio, il servizio gamificato funziona solo se progettato a partire dal “player”: punti, badge e classifiche sono solo strumenti di supporto per rinforzare l’engagement, non fini a sé stessi. Inoltre, il ciclo di vita della gamification tende a produrre risultati positivi nel breve periodo, ma può esaurirsi sul lungo termine. I fattori soggettivi – motivazioni, bisogni, personalità – devono essere, quindi, armonizzati per mantenere l’efficacia delle iniziative.
L’ultima provocazione, a chiusura del libro, riguarda l’HR broadcasting. Tradizionalmente vista come un dipartimento amministrativo e routinario, la funzione HR può trasformarsi in una piattaforma di pianificazione strutturata delle iniziative di engagement. Ispirandosi alle logiche del Marketing, De Lumè suggerisce di creare un palinsesto annuale di eventi aziendali che coinvolgano le persone. Implementare l’HR Broadcasting richiede però un cambiamento culturale profondo: superare resistenze, sfidare lo status quo, investire in nuove competenze e favorire la collaborazione tra HR e le altre funzioni aziendali.

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