Giulio Giorello, maestro di libertà e tolleranza
L’occasione di incontro e di scambio con Giulio Giorello, recentemente scomparso, fu l’invito di Ismo a partecipare ai dialoghi del percorso Lavori IN Corso (LINC) che da molti anni proponiamo a chi vuole seguirci. L’anno era il 2006 e il titolo di quel ciclo era “L’inC.ontro de.siderato. È possibile una nuova polis?”. Giorello rispose alle […]

L’occasione di incontro e di scambio con Giulio Giorello, recentemente scomparso, fu l’invito di Ismo a partecipare ai dialoghi del percorso Lavori IN Corso (LINC) che da molti anni proponiamo a chi vuole seguirci. L’anno era il 2006 e il titolo di quel ciclo era “L’inC.ontro de.siderato. È possibile una nuova polis?”. Giorello rispose alle nostre domande inanellando i due temi forti della sua filosofia: libertà e tolleranza. Oggi più di ieri, potrebbe essere utile seguire i suoi consigli di buon maestro.
Non esiste una verità e quando essa viene invocata come elemento di coesione rischia di portare alla rottura, alla separazione e ai fanatismi contrapposti. Le verità devono dunque restare molte per garantire un effettivo pluralismo sempre guidato dalla tolleranza e non abbandonando mai il sensato dibattito sui fini o meglio sugli scopi che devono raccordarsi all’insegna della libertà.
Vi sono questioni su cui l’individuo è sovrano e non devono subire ‘interferenze’. Cultura, forme religiose, costumi sono merci (entrano cioè negli scambi fra umani) anche se molto particolari: merci a cui non sono applicabili gabelle e tasse. Ognuno è padrone dei propri gusti e ha diritto a perseguire la felicità a modo proprio. È ciò che recita anche la Costituzione italiana all’articolo 3.
L’uguaglianza e la libertà, non solo formali, ma sostanziali: segnano il cammino tortuoso della storia e, forse, oltre a tolleranza e polems richiedono anche una tensione verso una maggiore comunitas. Giorello contrappone al termine “comunità” quello di “open society” in quanto la comunità ha sentore di chiuso, di asfittico, opprimente. Credo che la si possa anche vedere in altro modo, come coscienza e consapevolezza del legame ineludibile, complesso e articolato fra molti.
Con le parole di Donatella Di Cesare: “Nella parola latina ‘immunitas’ è presente la radice immunus, un termine difficile da tradurre che significa ‘tributo’, ‘onere’, nel senso, però, del debito mai ripagabile, di un’obbligazione mutua che vincola inesorabilmente. Essere esenti, dispensati, vuol dire essere immuni. Il contrario di immune è comune”. Dispensarsi dal legame rischia di vederci isolati e forse di soffrire di malattie autoimmuni e quindi più fragili.
Rileggere i miti per (ri)fondare la nostra epoca
La comunità può essa stessa essere aperta o chiusa e il lascito di Giorello è un invito al coraggio, a non temere il conflitto. “La società aperta è società di conflitto e di coraggio delle idee come hanno dimostrato Amos Oz, Martin Luther King, Malcom X…”. Ad avere fede che nella temperie della più ampia libertà si possano trovare le regole per giochi non a somma zero. Poiché la razionalità senza emozioni è vuota, così come le emozioni senza razionalità sono cieche, il filosofo invitava a rivolgere lo sguardo a quelle narrazioni di fondazione di cui anche l’open society ha bisogno, che abbandonano la dualità oppositiva e fratricida: superare l’occidente duale di Caino-Abele, Achille-Ettore, Romolo-Remo, per pensare ad altre figure come il sumero Gilgamesh. Uno dei suoi libri – Prometeo, Ulisse, Gilgamesh – accompagna in questo viaggio di rinnovamento e rilettura dei miti per leggere e fondare la nostra epoca. E le figure scelte a riferimento sono, o possono, essere tutte reinterpretate, in chiave moderna, come figure della libertà, dell’anticonformismo, del risveglio da un lungo sonno. I miti, le grandi favole antiche non sono solo voci provenienti dal passato, ma ombre del futuro proiettate sul presente. È così Prometeo è anche Newton o Darwin o gli scienziati che lavorano all’Intelligenza Artificiale, l’Ulisse omerico diviene nella modernità l’Ulisse di Joyce che si aggira nei meandri di Dublino e Gilgamesh non rinuncia all’impresa impossibile di togliere il dolore e il male dal mondo. Eroi fallibili o ‘non eroi’ che vivono cercando il significato del vivere stesso e per questo sono liberi.L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre 2020 della rivista Persone&Conoscenze.
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Categoria: Scenari macroeconomici

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