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giovedì, 18 Settembre, 2025

La guerra cancella la globalizzazione, siamo tornati allo scontro Ovest-Est?

La guerra di aggressione russa in Ucraina svela definitivamente la frattura della globalizzazione (pur asimmetrica), che sembrava consolidata dopo la caduta del muro di Berlino del 1989. Gli equilibri economici e sociali guidati dal capitalismo neoliberista, che avrebbero dovuto orientare il mondo nel XXI secolo, sembrano anch’essi in frantumi con democrazie sotto attacco che necessitano […]
11 Maggio 2022
Di: Luciano Pilotti
11 Maggio 2022
Russia_Ucraina
La guerra di aggressione russa in Ucraina svela definitivamente la frattura della globalizzazione (pur asimmetrica), che sembrava consolidata dopo la caduta del muro di Berlino del 1989. Gli equilibri economici e sociali guidati dal capitalismo neoliberista, che avrebbero dovuto orientare il mondo nel XXI secolo, sembrano anch’essi in frantumi con democrazie sotto attacco che necessitano di partecipazione e alta instabilità economico-finanziaria, con volatilità dei valori borsistici ostaggi di scarsità di materie prime alimentari (e non) oltre che energetiche. Instabilità e incertezze globali hanno preso il sopravvento e i sussulti di sfiducia nella caduta delle Borse, di fronte alle migliaia di morti di una guerra insensata, sono lì a testimoniarlo, avvitando viziosamente l’economia globale tra stagnazione e inflazione (stagflazione) in una tempesta di sfiducia. L’idea semplice è che la globalizzazione, dove è possibile, apporta i benefici che conosciamo delle economie aperte e interdipendenti, integrando i sistemi economici e di regolazione con il commercio internazionale anche attraverso la leva dei vantaggi comparati di specializzazione, ma solo in condizioni di stabilità e pace condivise. Inoltre, almeno in parte, quella spinta avvolge anche i sistemi politici e istituzionali oltre i confini delle aree omogenee della Triade di Ohmae (Usa-Canada, Unione europea, Giappone e area del Pacifico orientale), allargando il campo delle regole tecniche, sociali, di lavoro e produttive per ‘risonanza’ tra un Continente e l’altro. Quindi all’interno dell’area dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) – il cosiddetto Occidente – avrebbe visto proseguire tale processo accelerandolo in condizioni di stabilità adeguate. Con la Cina è stato più difficile, ma con il dopo Mao Tse-tung, nel Paese di Deng Xiaoping, il disgelo si è avviato ed è stato certo irreversibile (partendo dall’ex Presidente Usa Richard Nixon), per il citato disaccoppiamento che ha visto, per esempio, l’interscambio Usa-Cina in continua espansione con ‘l’Impero di mezzo’ che detiene una quota rilevante del debito americano. Così come la Russia del dopo Mikhail GorbaciovBoris Eltsin: con George H.W. Bush prima e Bill Clinton dopo si era cercato una ‘inclusione’ di Mosca con Vladimir Putin tra la fine del Novecento e l’inizio del XXI secolo. Molto più difficile la situazione dal 2007, con la Russia alla ricerca di una ricostruzione del proprio ruolo imperiale nel mondo, nonostante le note dipendenze energetiche e dalle materie prime dell’Occidente, che la tragedia ucraina paradossalmente ridurrà spingendo i Paesi dell’Ovest (e non solo) ad accelerare verso rinnovabili e fonti alternative a breve, dato l’avvitamento di prezzi e inflazione in corso. Tuttavia lo scenario genererà, nei prossimi decenni, effetti socio-demografici, di sicurezza energetica e alimentare, ambientali e di fiducia che si stanno delineando, a meno di un netto (non improbabile) regime change a Mosca e di una entrata rapida nell’Ue dell’Ucraina, che potrebbero attenuare le fratture profonde innescate dal conflitto. Poi ci sono le altre realtà di un mondo multi-polare che andranno incluse, perché tale crisi globalizzata (ambiente e covid-19 docet) confidiamo possa ridurre i nazionalismi isolazionisti consolidati negli ultimi 30 anni, dall’India al Middle East, dall’Africa al Sudamerica e dentro lo stesso Occidentale, riaccoppiando interdipendenze virtuose e dialogo. Con un conflitto che non è solo tra regimi politici democratici e autocratici, ma anche tra capitalismi democratico-partecipativi (euro-nippo-occidentali) e corporatisti (russo-orientali e cinesi) dovremo saper meglio distinguere, facendo derivare comportamenti più trasparenti e coerenti nella gestione dei business globali guardando a giustizia, diritti umani ed equilibri ambientali oltre che a diritti commerciali… Because business is not always usual!
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2022 di Sistemi&Impresa. Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)
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