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giovedì, 18 Settembre, 2025

Il valore in un bicchiere

Con il suo headquarter a Montvale (New Jersey) la Winebow, società di importazione vinicola da 300 milioni di dollari – nata negli Stati Uniti 30 anni fa dalla passione e dall’abilità di un imprenditore siciliano –, distribuisce oltreoceano le etichette dei più prestigiosi produttori italiani. Oggi l’azienda ha allargato il portafoglio prodotti includendo nel suo […]
29 Novembre 2012
Di: Redazione
29 Novembre 2012
Giuseppe Lo Cascio, Winebow
Giuseppe Lo Cascio, Winebow
Con il suo headquarter a Montvale (New Jersey) la Winebow, società di importazione vinicola da 300 milioni di dollari – nata negli Stati Uniti 30 anni fa dalla passione e dall’abilità di un imprenditore siciliano –, distribuisce oltreoceano le etichette dei più prestigiosi produttori italiani. Oggi l’azienda ha allargato il portafoglio prodotti includendo nel suo business anche vini provenienti da altri paesi, come Argentina, Austria, Chile, Francia, Germania, Ungheria, Nuova Zelanda, Portogallo e Spagna. Della selezione di vini fanno parte per lo più etichette di piccoli produttori indipendenti, un mix di qualità, valore ed eccellenza che da sempre caratterizza le regioni di produzione scelte dalla Winebow per importare le bottiglie. Oggi l’azienda è guidata da Leonardo Lo Cascio (il fondatore) che, insieme con il nipote Giuseppe, porta quotidianamente avanti l’impegno e la passione per affermarsi l’importatore italiano di vino numero uno negli Stati Uniti. A Giuseppe, 33 anni, abbiamo chiesto di raccontare croci e delizie di un giovane imprenditore italiano all’estero. Cosa significa oggi innovare in un mondo globale? La differenza la fa più un’innovazione radicale di prodotto o una incrementale di processo? Tutto dipende dalla possibilità o meno di aggiungere valore per il consumatore. Difficile dire, di questi tempi, se preferire un’innovazione di prodotto o una di processo. Saranno necessarie sempre entrambe. Nel sistema vitivinicolo, che segue i lenti ritmi della natura, non si parla tanto di innovazione di prodotto, ma di processo. Altre innovazioni riguardano l’ottimizzazione di alcune tecnologie per la produzione e per la distribuzione. In grande ascesa anche da noi i social network utilizzati come efficace strumento di marketing. Quali vantaggi avete tratto dall’utilizzo dei social network? Il loro contributo alla conoscenza dell’offerta è stato utile, perché il vino è un prodotto complesso, dove il ruolo del ‘passaparola’ è fondamentale. L’offerta è estremamente frammentata, se si pensa che solo negli Usa ogni anno vengono registrate 10.000 nuove etichette. Sono in tanti a voler parlare di vino, così il social network diventa uno strumento potentissimo, che serve al consumatore per orientarsi, al giornalista per comunicare, all’azienda per fare marketing. I diversi attori sono allo stesso tempo fruitori e generatori di importanti informazioni all’interno del ‘sistema social’. I prodotti italiani del comparto food&beverage devono affrontare diverse sfide per mantenere il loro vantaggio competitivo unico. Cosa significa ‘fare cultura di prodotto’ per la tutela del brand italiano all’estero? È un problema sentito, ma bisogna a mio avviso analizzare queste tematiche distinguendo le criticità per categoria merceologica. Con il vino siamo più fortunati, in quanto gode all’estero di una maggiore tutela rispetto ai formaggi o ai salumi, di cui si trovano copie di davvero bassa qualità. Nell’agro-alimentare italiano fondamentale sarebbe fare squadra per ottenere una visione di insieme dei problemi del comparto. Invece spesso si dissipano le energie frammentandole in una marea di consorzi, associazioni di categoria, enti di tutela. Questo penso sia un forte limite, perché in Italia non si troveranno mai condizioni agevoli di costo come in altri Paesi, serve così fare una rete d’imprese con l’appoggio delle istituzioni. Altrimenti è come remare da soli in mezzo all’Atlantico. Quali rapporti intercorrono tra la sua azienda e la filiera italiana? Il processo che porta la bottiglia di vino italiano sulle tavole degli americani segue le tre classiche fasi di importazione, distribuzione e vendita al dettaglio. Dal punto di vista logistico questo processo implica una serie di passaggi determinando quindi un effetto moltiplicatore sul prezzo, mentre da un punto di vista gestionale comporta altre complicazioni dovute al fatto che le strategie di marketing e comunicazione sono filtrate da tre diversi soggetti. Il trasferimento dei valori e della cultura di prodotto dell’azienda importatrice sui diversi attori della filiera si rivela così sempre una grande sfida.
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