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giovedì, 18 Settembre, 2025

Le condizioni per la competitività

La competitività europea può avere un futuro. A qualche condizione, che l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi ha evidenziato nel suo ormai celebre rapporto sul tema. Si è aperto un divario nel Pil tra Unione europea e Stati Uniti e se il nostro vecchio continente non sarà in grado di diventare più produttivo non potremo […]
4 Dicembre 2024
Di: Redazione
4 Dicembre 2024

La competitività europea può avere un futuro. A qualche condizione, che l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi ha evidenziato nel suo ormai celebre rapporto sul tema. Si è aperto un divario nel Pil tra Unione europea e Stati Uniti e se il nostro vecchio continente non sarà in grado di diventare più produttivo non potremo aspirare a ruoli di leadership in ambito tecnologico, non potremo collocarci tra i motori di iniziative che puntano alla neutralità climatica e non riusciremo più a finanziare il nostro modello sociale.

In sintesi, rischiamo di mettere a repentaglio i valori fondamentali su cui poggia la nostra Ue: prosperità, equità, pace e democrazia. Draghi propone interventi che riguardano tre aree: il potenziamento degli sforzi per colmare il divario di innovazione con Usa e Cina, lo sviluppo di un piano per la decarbonizzazione e la competitività e l’aumento della sicurezza e riduzione delle dipendenze. Abbiamo avuto un assaggio durante la pandemia, e anche dopo, dei rischi legati alla vulnerabilità delle catene di fornitura.

Le linee di intervento sono state tracciate, ma restringendo la visuale dall’Europa all’Italia, come Paese, in che condizione ci troviamo? Saremo in grado di dare un contributo a un complessivo piano di rafforzamento dell’Ue? Siamo la seconda manifattura d’Europa, ma siamo anche gravati da un debito pubblico che supera il 140% del Pil e dovremo fare i conti con gli effetti di misure che sono destinate a esaurire i loro benefici: il bonus 110% porterà minori entrate fiscali per circa 130 miliardi di euro mentre il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha una quota a debito che ne vale 123. E poi dobbiamo fronteggiare l’annoso problema delle microimprese che non sono in grado di raggiungere i livelli minimi di economia di scala che consenta loro di innovare prodotti e processi.

L’AI generativa può trasformare la società e il mondo del lavoro

Mentre le nostre multinazionali tascabili riescono a competere a livello internazionale, le microimprese devono essere oggetto di una selezione darwiniana che porti le migliori a crescere per unirsi alle più grandi. Nell’epoca della rivoluzione digitale altrettanta attenzione merita la gestione strategica delle nostre imprese e il contributo del Professor Alberto Bubbio ci guida in un’analisi ragionata in merito alla differenza tra controllo strategico e controllo della strategia: sono attività che mettono al centro variabili diverse che è bene focalizzare. Il piano Industria 4.0 ha consentito di incrementare i livelli di automazione e robotizzazione, ma ora le sfide che attendono le nostre imprese richiedono una nuova consapevolezza.

L’Intelligenza Artificiale (AI), e in particolare l’AI generativa, ha il potenziale per trasformare profondamente la società e il mondo del lavoro: se la sua adozione può migliorare la competitività e promuovere una crescita inclusiva e sostenibile è anche vero che occorrono risorse, economiche e culturali per guidare le imprese nell’adozione di tecnologie che hanno grandi potenzialità, ma che richiedono robusti strumenti di governo. Nell’azienda guidata da Niccolò Mion l’AI si applica per il controllo di qualità ed è l’operatore che insegna al software come lavorare. Una volta addestrata, la macchina esegue i compiti con più velocità. Per affrontare la sfida, è necessario investire nella riqualificazione dei lavoratori, in modo da prepararli per i ruoli emergenti. E Mion la sua sfida l’ha già vinta.

L’articolo è pubblicato sul numero di Dicembre 2024 di Sistemi&Impresa.
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