I pregiudizi influenzano (anche) le promozioni
Alcune persone, sul lavoro, hanno maggiori probabilità di essere promosse rispetto ad altre, lasciando in qualche modo indietro i colleghi e le colleghe. Dopo uno scatto di carriera è frequente che si verifichi un rafforzamento della motivazione, ma è vero anche l’opposto: rimanere fermi ha effetti negativi altrettanto ben documentati che incidono in primo luogo […]

Alcune persone, sul lavoro, hanno maggiori probabilità di essere promosse rispetto ad altre, lasciando in qualche modo indietro i colleghi e le colleghe. Dopo uno scatto di carriera è frequente che si verifichi un rafforzamento della motivazione, ma è vero anche l’opposto: rimanere fermi ha effetti negativi altrettanto ben documentati che incidono in primo luogo sull’impegno delle persone e sono tanto più significativi quanto più lungo è il periodo in cui ci si vede negare o ritardare una promozione. Peggio ancora se si teme che la mancanza di progressi possa essere collegata a chi si è e non a quello che si fa.
In quest’ultimo caso, possono emergere problemi ancora più seri sia per la propria carriera sia per la propria salute mentale. Risultando intaccata la fiducia in se stessi, spesso si finisce per sentirsi estranei rispetto al proprio lavoro e ai propri responsabili e colleghi. A questo proposito Claire McCartney, Consulente presso l’associazione professionale britannica legata al management nelle Risorse Umane Chartered institute of personnel and development (Cipd), ha sottolineato l’importanza cruciale della Direzione del Personale affinché le promozioni siano trasparenti e si basino su criteri condivisi.
Allo stesso tempo il singolo manager dovrebbe sempre invitare all’autoriflessione per aiutare le persone a raggiungere il loro pieno potenziale professionale. Anche perché sentirsi ignorati o trascurati, se non persino ostracizzati, sul posto di lavoro può essere estremamente dannoso. Il senso di appartenenza, si legge in uno studio condotto dalla Telfer school of management dell’Università di Ottawa, in Canada, è un bisogno umano fondamentale e coloro che ne sono privati mostrano disturbi che vanno oltre il semplice disagio: stress, tensione e peggioramento della propria salute e della propria condizione emotiva e psicologica.
Separare il privilegio dalle competenze
Il problema, però, è che i pregiudizi che sono già noti nelle assunzioni sono gli stessi che si manifestano nelle promozioni. Nel 2020, Paul Ingram e Jean Oh, docenti della Columbia University, New York, hanno messo in luce che i lavoratori statunitensi provenienti da classi sociali più svantaggiate hanno il 32% in meno di probabilità di diventare manager rispetto alle persone appartenenti a classi più elevate. Più di recente, il rapporto 2021 sulle donne sul posto di lavoro della società di consulenza McKinsey e dell’organizzazione di ricerca e advocacy LeanIn ha mostrato che dal profilo entry level a salire la rappresentanza delle donne di colore diminuisce di oltre il 75%. Inoltre, le donne di colore nelle 423 aziende statunitensi e canadesi intervistate nello studio rappresentano solo il 4% dei dirigenti. Lauren Rivera, Docente di Management e Organizzazioni alla Kellogg School of Management, Northwestern University, ha studiato i processi di assunzione presso 120 aziende e ha concluso che a essere lasciate indietro sono principalmente minoranze etniche, lavoratori appartenenti a classi sociali più svantaggiate e persone di colore. I problemi, dunque, si sommano e nonostante molte posizioni apicali abbiano riconosciuto apertamente la mancanza di diversità nella fascia più alta dello spettro di carriera solo pochi si sono attivati per affrontarne le cause. Un primo passo, suggeriscono gli studiosi, potrebbe essere separare il privilegio dalle competenze e riconoscere talenti e capacità dei gruppi minoritari. Fonte: BBC
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