Chiamiamo le donne per nome e cognome
La differenza di trattamento tra uomini e donne è acuita anche dai media. Il dibattito sulle differenze di genere in Italia è ancora lontano da una soluzione. Lo dimostrano le frequenti ricerche sul persistente divario salariale e sulla suddivisione dei compiti tra uomini e donne nella gestione del rapporto lavoro-famiglia, accentuata dall’emergenza Covid che ha […]

La differenza di trattamento tra uomini e donne è acuita anche dai media.
Il dibattito sulle differenze di genere in Italia è ancora lontano da una soluzione. Lo dimostrano le frequenti ricerche sul persistente divario salariale e sulla suddivisione dei compiti tra uomini e donne nella gestione del rapporto lavoro-famiglia, accentuata dall’emergenza Covid che ha costretto molte persone a lavorare da casa.
Secondo un’indagine di Fondazione Libellula, organismo fondato da Zeta Service che riunisce un network di aziende italiane impegnate nella lotta alla discriminazione e alla violenza di genere (tra cui ESTE, editore del nostro quotidiano), il periodo di lockdown sembra aver rafforzato alcuni stereotipi di genere, come quello che vede le donne impegnate soprattutto nella cura della casa e dei figli e gli uomini dediti maggiormente al lavoro.
La differenza di trattamento tra uomini e donne è acuita anche dai media. In particolare da quelli italiani. A riguardo, ha fatto molto discutere sui social il titolo del Corriere della Sera sulla notizia del Premio Nobel per la Chimica assegnato alle ricercatrici Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna: “Chimica, il Nobel a due donne. Le ‘Thelma e Louise’ del Dna”.
Due donne, dunque, senza nome e cognome, anzi con un soprannome cinematografico, senza che si spieghi – nel titolo – quali siano la loro professione e il loro merito. Anche altri giornali e siti italiani si sono concentrati sul fatto che a vincere il Nobel siano state due donne. Già in passato, tra l’altro, sono state pubblicate notizie su manager italiane di successo chiamate, dai nostri media, con appellativi fantasiosi come l’astrofisica Simonetta Di Pippo, candidata per dirigere l’Agenzia spaziale europea, definita da La Repubblica: “La signora delle stelle”.
Il salto culturale passa anche dai messaggi dei giornali
Ci si chiede se questo atteggiamento sia esclusivamente italiano, oppure se anche all’estero la situazione sia la stessa. Guardando i titoli di alcuni giornali stranieri, sembra prevalere la prima ipotesi. Ecco come è stata riportata la notizia dell’assegnazione del Nobel a Charpentier e Doudna: “Scientists win Nobel chemistry prize for genetic scissors”, si legge sul quotidiano britannico Guardian; “Nobel Prize in Chemistry awarded to two scientists for work on genome editing“, ha titolato il New York Times; anche i principali giornali spagnoli e tedeschi puntano sul motivo della vittoria del premio. Invece il Financial Times sottolinea come il Nobel sia stato vinto da due donne: “Two women share Nobel chemistry prize for gene-editing discoveries“. A fare eccezione, però, non è solo l’Italia. Negli Usa, per esempio, c’è il recente caso del confronto tra i candidati vicepresidente alle elezioni 2020 Kamala Harris e Mike Pence. Se quest’ultimo è sempre stato chiamato per cognome dai media, la candidata democratica viene – al contrario – quasi sempre chiamata con il suo nome. Certo non agevola il fatto che, a volte, i diretti interessati diano una sponda a questo atteggiamento; la stessa Harris, in un video ai suoi sostenitori, esordisce dicendo: “Hi, it’s Kamala“. I media hanno un’importante responsabilità nel veicolare messaggi che possono influire sull’opinione pubblica. Ma sono il prodotto culturale dell’ecosistema in cui sono inseriti. Addossare le colpe allo strumento è come concentrarsi sul dito e ignorare la Luna.Il tema della Diversity è anche al centro dello speciale del numero di ottobre 2020 di Persone&Conoscenze.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)
Categoria: Risorse Umane, Gestione delle diversità

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