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sabato, 25 Ottobre, 2025

Recensione

Europa, re o pedone dello scacchiere internazionale?

Le guerre e le crescenti tensioni internazionali ricordano ogni giorno quanto sia concreto il rischio che i conflitti locali degenerino, con effetti disastrosi sull’equilibrio globale. Eppure, invece di accelerare il processo d’integrazione per rispondere in modo coeso alle sfide del nostro tempo, l’Europa sembra ripiegarsi su sé stessa, condannandosi a una stagnazione economica e politica. […]
24 Ottobre 2025
Di: Alessia Stucchi
24 Ottobre 2025

Le guerre e le crescenti tensioni internazionali ricordano ogni giorno quanto sia concreto il rischio che i conflitti locali degenerino, con effetti disastrosi sull’equilibrio globale. Eppure, invece di accelerare il processo d’integrazione per rispondere in modo coeso alle sfide del nostro tempo, l’Europa sembra ripiegarsi su sé stessa, condannandosi a una stagnazione economica e politica. Da questa constatazione prende le mosse Patrizio Bianchi, professore ordinario di Economia applicata e titolare della Cattedra Unesco in Educazione, crescita ed eguaglianza presso l’Università di Ferrara, di cui è stato rettore fino al 2010. Già Ministro dell’Istruzione nel Governo Draghi e relatore in numerosi eventi promossi da Edizioni ESTE, Bianchi torna a riflettere sul destino del Vecchio Continente nel suo nuovo saggio L’Europa fra Trump e la Cina (il Mulino, 2025).

Fin dalle prime pagine, l’autore sottolinea come le tensioni globali si siano ulteriormente aggravate dopo la rielezione di Donald Trump, che ha imposto al mondo una visione fortemente conflittuale, in cui la logica della forza tende a sostituirsi alla diplomazia. L’Europa, osserva Bianchi, non ha saputo reagire: in molti Paesi prevalgono oggi orientamenti conservatori e reazionari, che mettono in discussione i fondamenti democratici e l’idea stessa di integrazione europea.

Ma gli Stati Uniti non rappresentano l’unica pressione che grava sull’Europa. Sul fronte opposto, la Cina ha consolidato in pochi decenni una posizione di primato industriale e tecnologico. Come ricorda Bianchi, nel 1970 il suo peso sull’economia mondiale era marginale, mentre gli Stati Uniti rappresentavano il 31,4% della produzione globale e l’URSS il 12,7%. Nel 2020, il quadro è completamente mutato: gli USA si attestano al 24,5% del PIL mondiale, seguiti dalla Cina con il 18%. Un balzo straordinario, trainato da investimenti massicci nell’industria digitale, nell’automotive e nell’innovazione tecnologica. Il risultato è un’Europa stretta tra due colossi, sempre più marginale sullo scacchiere geopolitico.

L’Europa come promotrice di pace

In questo scenario complesso e frammentato, Bianchi individua tanto i rischi quanto le opportunità. Il principale pericolo è la deriva verso nuovi sovranismi, incapaci di affrontare sfide globali come la sicurezza, l’ambiente o la trasformazione tecnologica. Ma proprio nella crisi, sostiene, si cela la possibilità di un rilancio: un investimento condiviso nella cooperazione europea, fondato sulla consapevolezza che le questioni locali hanno ormai dimensione globale. Da qui la domanda, tanto semplice quanto cruciale: l’Unione Europea vuole essere protagonista o spettatrice della trasformazione mondiale?

Anche i Paesi del cosiddetto Sud globale guardano all’Europa chiedendosi quale ruolo intenda giocare, stretta tra l’assertività americana e l’espansione cinese. L’Africa, in particolare, è un banco di prova decisivo: un continente di straordinarie potenzialità ma anche di forti tensioni geopolitiche, dove si concentra la competizione per il controllo delle risorse strategiche. Il Congo, che produce oltre i due terzi del coltan mondiale – indispensabile per smartphone, videocamere e veicoli elettrici – è un caso emblematico. Bianchi invita l’Unione Europea a recuperare un ruolo attivo e propositivo, capace di promuovere pace e sviluppo sostenibile, evitando di lasciare interi continenti nelle mani delle nuove potenze.

L’educazione come politica industriale del futuro

Il saggio propone una chiave di lettura originale e di grande attualità, cioè la politica educativa come vera politica industriale del futuro. Solo investendo in formazione, ricerca e innovazione, sostiene Bianchi, l’Europa potrà costruire un’economia fondata sulla conoscenza, sull’ambiente e sulle persone, che costituiscono i pilastri di uno sviluppo autenticamente sostenibile.

Il tema è particolarmente rilevante per l’Italia. L’autore cita il Rapporto AlmaLaurea 2025, che evidenzia un’età media dei laureati ancora troppo elevata (24,5 anni per la triennale e 27,5 per la magistrale) e un difficile inserimento nel mercato del lavoro, soprattutto per le donne. Da qui l’appello a una grande politica unitaria europea per la ricerca e l’innovazione, capace di creare una rete di centri di conoscenza condivisa. Non si tratta di un’utopia. Il Tecnopolo Dama di Bologna, che ospita il Centro di Supercalcolo europeo, rappresenta per Bianchi un modello virtuoso di collaborazione tra istituzioni, università e imprese. È un esempio concreto di come la conoscenza possa diventare leva di sviluppo.

Con L’Europa fra Trump e la Cina, il già Ministro dell’Istruzione offre un’analisi lucida, colta e appassionata, che invita a guardare oltre i confini nazionali. Il suo messaggio è chiaro: il futuro dell’Europa non può fondarsi sulla paura o sulla chiusura, ma sulla conoscenza, sulla solidarietà e sulla cooperazione. Un libro che parla a manager, decisori pubblici e cittadini consapevoli, chiamandoli a una riflessione urgente. Perché senza un progetto condiviso, l’Europa rischia di restare spettatrice del proprio declino.

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