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giovedì, 18 Settembre, 2025

Il successo passa dal pensiero e… dal corpo

Abbiamo la convizione che la nostra mente sia la sede esclusiva dell’intelligenza, ma la letteratura, sempre più nutrita di ricerche scientifiche, ci dice che non è affatto così. Quante volte ci è capitato di scontrarci – nonostante i più grandi sforzi per colmarli – con gli stessi limiti della nostra mente, nella memoria o nella […]
18 Maggio 2022
Di: Elisa Marasca
18 Maggio 2022
Neuroscienze mindfulness mida
Abbiamo la convizione che la nostra mente sia la sede esclusiva dell’intelligenza, ma la letteratura, sempre più nutrita di ricerche scientifiche, ci dice che non è affatto così. Quante volte ci è capitato di scontrarci – nonostante i più grandi sforzi per colmarli – con gli stessi limiti della nostra mente, nella memoria o nella risoluzione dei problemi? La mente estesa. Pensare meglio smettendo di usare solo il cervello (ROI Edizioni, 2022) è il più recente libro della giornalista e divulgatrice scientifica statunitense Annie Murphy Paul, e presenta tutte le scoperte di neuroscienziati, cognitivisti e psicologi che hanno dato il proprio contributo al concetto di ‘mente estesa’. Ma cosa si intende con questa espressione? Murphy Paul spiega che ci sono una serie di elementi (come le percezioni fisiche, lo spazio in cui lavoriamo e la stessa mente delle persone che ci circondano) che contribuiscono alle nostre funzioni cognitive: “Non siamo costretti ad affidarci solo a ciò che abbiamo in testa per pensare, per ricordare e per risolvere problemi. Piuttosto, siamo organismi in una rete di relazioni e di sensazioni che si muovono in ambienti mutevoli, che hanno il potere di trasformare il proprio pensiero, i cui confini, che supponiamo siano fissi, sono in realtà mutevoli”. Il saggio riporta anche storie di artisti, scienziati e autori che hanno usato proprio l’intelligenza estesa per risolvere problemi complessi, fare nuove scoperte e creare lavori unici. “Usa la testa. Quante volte avete sentito questa frase?”, chiede l’autrice ai suoi lettori. Riponiamo molta fiducia nel cervello, ma se ci accorgessimo che è mal riposta e se iniziassimo a pensare al di fuori del cervello, per Murphy Paul potremmo coinvolgere anche le nostre risorse ‘extraneurali’: “Non siamo macchine che elaborano dati oggettivi; riceviamo messaggi costanti su ciò che sta accadendo all’interno dei nostri corpi, sensazioni che possiamo assecondare o ignorare”.

Elaborare tutti i dati corporei per leggere la situazione

Secondo la giornalista, la nostra società, però, si basa sul presupposto che alcune persone siano in grado di pensare in modo più intelligente di altre; la ricerca dedicata alla mente estesa propone una spiegazione differente, cioè che alcune persone possono pensare in modo più intelligente perché sono maggiormente in grado di estendere le loro menti, forse perché hanno maggiore consapevolezza di come funziona la loro estensione. I nostri sensi, infatti, sono sempre attivi e ricevono molte informazioni che non entrano mai nella nostra coscienza: “Questo non significa però che questi dati siano persi, perché non lo sono”, avverte Murphy Paul. Sono elaborati inconsciamente dal nostro cervello e quando la nostra mente subconscia nota degli schemi in questi dati, il nostro corpo ci avverte attraverso delle sensazioni generate nei nostri organi, ossa e muscoli, che dovrebbero essere ascoltati al pari dei pensieri. L’autrice espone la sua tesi basandosi su esempi e casi reali, alternando racconti di trader della Finanza di Wall Street, che raccolgono sottili segnali corporei per guidare le loro decisioni, a quelli di famosi artisti e scienziati che sfruttano il loro ambiente per essere creativi o per risolvere problemi, fino all’esempio degli studenti di fisica che sviluppano modi di pensare veramente innovativi attraverso l’interazione con altri studenti. “Dato che il mondo contemporaneo è straordinariamente complesso, ricco di informazioni, costruito attorno a idee non intuitive, il successo, oggi, richiede un’attenzione focalizzata, una memoria prodigiosa, perché ogni piccolo incremento della complessità, fa sì che il cervello, di per sé, si riveli sempre più inadeguato in relazione alla loro risoluzione”, è il pensiero dell’autrice. E qui entra in gioco la mente estesa.
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