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mercoledì, 17 Settembre, 2025

La storia di un Paese con sempre meno giovani

Giovani e donne in età fertile in calo, aumento degli Over 55: nel 2050 in Italia rischiamo di avere un pensionato ogni lavoratore. Una situazione insostenibile, come scrivono i due demografi Alessandro Rosina e Roberto Impicciatore nel libro Storia demografica d’Italia. Crescita, crisi e sfide (Carocci, 2022). Il testo parte dal presupposto che oggi, rispetto […]
23 Gennaio 2023
Di: Elisa Marasca
23 Gennaio 2023

Giovani e donne in età fertile in calo, aumento degli Over 55: nel 2050 in Italia rischiamo di avere un pensionato ogni lavoratore. Una situazione insostenibile, come scrivono i due demografi Alessandro Rosina e Roberto Impicciatore nel libro Storia demografica d’Italia. Crescita, crisi e sfide (Carocci, 2022).

Il testo parte dal presupposto che oggi, rispetto al passato, siamo complessivamente più ricchi e più longevi. Allo stesso tempo, siamo un Paese che sta invecchiando rapidamente, con una fecondità tra le più basse al mondo e con una popolazione entrata in fase di declino. Ma come si è arrivati a tutto questo? Con quali specificità nel quadro internazionale e con quali conseguenze? Nel volume si ricostruisce il percorso demografico italiano in rapporto ai mutamenti culturali, sociali ed economici.

L’adozione di una prospettiva di lungo periodo, infatti, per gli autori aiuta non solo a capire l’Italia nel presente ma anche a cogliere la portata delle sfide che la demografia pone al futuro del Paese. Il punto di partenza della storia è la nascita dello Stato italiano unitario nel 1861, e si conclude nel secondo decennio del XXI secolo, con l’impatto della pandemia causata da Covid-19. “Dal punto di vista strettamente demografico la pandemia ha definitivamente spostato la curva della popolazione verso un percorso di declino che era comunque già iniziato nel 2014, anno da cui il segno positivo del saldo migratorio non riesce più a compensare il divario negativo sempre più ampio tra nascite e decessi”, si legge nel libro.

Perché non si può ripetere il baby boom?

Gli anni della crisi sanitaria fanno registrare, infatti, il peggior valore negativo di sempre sul saldo naturale (battendo quello registrato durante la Prima Guerra mondiale, anch’esso riportato nel volume). Tra il punto d’inizio e quello finale si posiziona quasi al centro lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, che però a livello demografico ha avuto conseguenze opposte rispetto a ciò che stiamo vivendo oggi. “Miracolo economico e baby boom sono i due fenomeni che più hanno segnato in modo specifico questa fase, a dimostrazione di come economia e demografia siano in relazione positiva (nel senso di reciproca leva al rialzo) non solo per una struttura demografica con presenza solida delle nuove generazioni capace di dare spinta, consenso e sostegno ai cambiamenti dell’Italia repubblicana, ma anche per le ricadute favorevoli delle condizioni oggettive e del clima sociale sui comportamenti demografici”, scrivono gli autori. Il motivo è che, pur uscendo prostrato dal conflitto, il Paese con una nuova forma di governo aveva tante energie positive da mettere in campo e con una vitalità in grado di far tornare a fiorire in condizioni diverse e con strumenti nuovi (tra cui quelli politici).

Eppure, paradossalmente, oggi proprio per aver sottoutilizzato il capitale umano giovanile, femminile, le potenzialità di essere produttivi a tutte le età, il ruolo dell’immigrazione, per Rosina e Impicciatore l’Italia è forse il Paese in Europa che più avrebbe energie potenziali per una spinta in avanti, in presenza di una direzione chiara e di strumenti adeguati. Questo libro si ferma davanti a questo paradosso non sciolto, con l’auspicio di poter dare un contributo a capirlo e a risolverlo integrando con la chiave demografica i processi interpretativi dello sviluppo del Paese lungo il resto del secolo. “La cosiddetta human agency (cioè la capacità di agire intenzionalmente nel contesto sociale in cui si opera per generare un cambiamento, ndr) in ultima istanza, è ciò che davvero fa la differenza tra la componente inerziale della demografia e i margini di incertezza su cui possiamo agire per migliorare il nostro futuro collettivo”, chiosano gli autori.

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