Possiamo davvero fare a meno della burocrazia?
Esiste una ‘tecnologia’ invisibile che si replica uguale a se stessa da oltre un secolo, che corrisponde a un impianto che ha preso forma agli albori della rivoluzione industriale e si è consolidato nell’era della produzione di massa, trascinandosi praticamente immutato fino alla nostra era digitale. Il nome che meglio la descrive è “burocrazia” ed […]

Esiste una ‘tecnologia’ invisibile che si replica uguale a se stessa da oltre un secolo, che corrisponde a un impianto che ha preso forma agli albori della rivoluzione industriale e si è consolidato nell’era della produzione di massa, trascinandosi praticamente immutato fino alla nostra era digitale. Il nome che meglio la descrive è “burocrazia” ed evoca, almeno a noi italiani, soprattutto pensieri negativi, perché la colleghiamo alla ‘patologia’ più tipica dell’apparato statale.
Tuttavia, pure la nostra visione pessimista risulta limitata, perché non ci fa considerare (e vedere) a fondo la pervasività del fenomeno nel mondo imprenditoriale e il suo anacronismo. Gary Hamel (Visiting Professor di Strategia e Imprenditorialità presso la London Business School e Direttore del Management Lab) e Michele Zanini (Cofondatore di Management Lab e consulente aziendale) nel libro Humanocracy. Imprese straordinarie come le loro persone (Ayros, 2021) sostengono che la burocrazia è in realtà la struttura sociale più diffusa del Pianeta, e che trascina con sé costi giganteschi.
Costruire persone, non regole
Lungi dall’essere una patologia esclusiva del settore pubblico, infatti, per gli autori i costi della burocrazia colpiscono organizzazioni di qualsiasi dimensione e settore. “Il primo limite alla competitività delle imprese italiane risiede spesso nella loro stessa organizzazione, nella mancanza di dinamismo e flessibilità. L’imperativo per tutti è evolvere continuamente”, si legge nella prefazione. Negli ultimi due secoli, e in particolare negli ultimi 100 anni, Hamel e Zanini ritengono che la forma burocratica abbia sacrificato l’evoluzione per la standardizzazione, la prevedibilità e, soprattutto, il controllo. Ma il tumultuoso contesto dei mercati e degli ecosistemi in cui le organizzazioni si trovano a operare, chiede a gran voce di immaginare nuove forme di managament. Alcune aziende sono state costruite – in alcuni casi ricostruite – con un preciso obiettivo in mente, cioè massimizzare il contributo umano. “Questa aspirazione è lo spirito che anima l’umanocrazia, ed è in netto contrasto con la burocrazia”, è il messaggio del libro. Esemplificata da casi imprenditoriali statunitensi, spesso sconosciuti in Italia, la via tracciata da Hamel e Zanini è un percorso, non un modello prescrittivo. Le storie aziendali analizzate, comunque, disegnano un cammino possibile con alcuni principi-cardine comuni (come la responsabilità e l’autonomia delle persone) e molto spazio all’iniziativa e alla creatività delle organizzazioni. Il paradigma proposto è quindi: aperto e fondato sulla relazione e sulla comunità; leggero nelle regole, ma solido nella condivisione degli obiettivi; dinamizzato dalla capacità di sperimentare e di sbagliare; guidato da una strategia che nasce dalla conversazione aperta a collaboratori, clienti e partner esterni.Categoria: Libri per il management

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