Sveglia Italia, l’autocompiacimento non ripaga
Da anni il Censis, istituto di ricerca socio-economica italiano, descrive un’Italia sonnambula, incapace di riconoscere i segnali del proprio declino. Nel 2023 gli italiani erano “inerti, ciechi di fronte ai presagi negativi”; dodici mesi dopo, “galleggiatori” destinati a urtare gli scogli non appena l’acqua si abbassa. E oggi quell’acqua si sta davvero ritirando, trascinando con sé le ultime illusioni di sicurezza.
Da questa immagine prende forma Sveglia! (Marsilio Editori, 2025), il nuovo saggio di Giorgio Merli e Pietro Senaldi. Merli, consulente strategico di multinazionali e governi, già country leader di IBM Business Consulting Services e CEO di PwCC, oggi docente universitario e autore per Parole di Management, affianca la propria visione del mondo produttivo a quella di Senaldi, condirettore di Libero. Insieme, uniscono esperienza e sensibilità per scuotere un Paese fermo, prigioniero delle proprie giustificazioni.
Il libro parte dai fatti, non dalle opinioni. Dal 1999, anno d’ingresso nell’euro, il PIL reale italiano è cresciuto appena del 9%, contro il 30% di Francia e Germania, il 150% degli Stati Uniti e il 500% della Cina. Numeri che, da soli, basterebbero a misurare la distanza tra percezione e realtà. Eppure gli italiani si sentono più ricchi che mai: nei conti correnti e nei depositi bancari giacciono oltre 2.000 miliardi di euro, mentre la ricchezza finanziaria complessiva delle famiglie sfiora i 6.000 miliardi. Una prosperità solo apparente, che nasconde un sistema produttivo stagnante e un debito pubblico salito dal 108% al 136% del PIL. L’Italia, osservano gli autori, “non crea più valore, ma continua a consumare quello accumulato”.
Welfare e stipendi, le illusioni di un Paese fermo
Il vero bersaglio di Sveglia! è l’autocompiacimento. L’Italia, scrivono Merli e Senaldi, ha costruito una narrazione consolatoria fatta di luoghi comuni. I cittadini si lamentano di stipendi troppo bassi, ma raramente si chiedono se il proprio lavoro generi abbastanza valore. “Nessuno mette in dubbio che sia giusto guadagnare in modo adeguato al costo della vita, ma per rivendicare compensi più elevati bisogna prima chiedersi quanta ricchezza produce il lavoro per cui siamo pagati”, scrivono gli autori. Allo stesso modo, il mondo industriale continua a illudersi che “piccolo sia bello”, dimenticando che senza grandi imprese non esistono né innovazione né crescita. E nel frattempo il Paese si affida all’Europa come a un’ancora di salvezza, trascurando il fatto che l’Unione è – per sua natura – un’arena di competizione spietata.
Il saggio non risparmia nessuno: mette sotto accusa le politiche assistenziali che premiano la passività, la fede cieca nella manifattura come unico motore dell’economia – “La centralità della manifattura potrebbe diventare un handicap, se non maneggiata con cura” – e l’illusione di un welfare onnipotente che nessun bilancio è più in grado di sostenere. “Sarebbe un sogno andare in pensione all’età dei nostri genitori e ricevere cure gratuite senza lunghe attese. Ma abbiamo mai guardato davvero i numeri della nostra economia per capire se questo è ancora possibile?”. Infine, Merli e Senaldi smontano anche il mito del “genio italico”, cioè la convinzione che la creatività nazionale sia un superpotere ereditario, sempre pronto a salvarci.
Dietro la scrittura diretta e priva di retorica, Sveglia! nasconde un messaggio profondo: la crisi italiana non è solo economica, ma culturale e morale. È il risultato di un lungo sonno civile, durante il quale il Paese ha confuso la prudenza con l’immobilismo, la nostalgia con l’identità. La provocazione del titolo diventa così un appello: smettere di galleggiare e tornare a costruire. Non serve un miracolo, ma un cambio di mentalità. Perché, come avvertono gli autori, chi non cambia per scelta, sarà presto costretto a farlo dagli eventi. Meglio svegliarsi e arrivare preparati a quel momento.
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