Nuovi ruoli e competenze cambiano la valutazione

La problematica del controllo manageriale e degli strumenti attraverso cui il management cerca di valutare e di guidare le persone al fine di raggiungere gli obiettivi aziendali è stata oggetto di approfondimento nella Discussione virtuale Il controllo organizzativo e il Performance management oltre la gestione del lavoro a distanza, promossa da Sviluppo&Organizzazione.
Oggi c’è un’incertezza crescente che comporta una difficile prevedibilità del futuro, come evidenzia Gianfranco Rebora, Direttore di Sviluppo&Organizzazione e Professore Emerito di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane dell’Università Carlo Cattaneo – Liuc di Castellanza. Ci si chiede come sia possibile mantenere il controllo e l’orientamento delle attività verso obiettivi che vengono messi continuamente in discussione. Per esempio, il classico ciclo annuale di pianificazione e valutazione non segue i ritmi più dinamici delle attività aziendali. La crisi attuale ha ulteriormente accelerato le trasformazioni e nelle aziende sembrano necessarie iniziative per innovare il processo di feedback e renderlo più continuativo.
Ciclo di valutazione, velocità del contesto e feedback sono gli aspetti fondamentali da considerare, secondo Massimiliano Mazzola, Partner and Head of R&D di Myco, che definisce la valutazione delle performance nelle aziende “spesso anacronistica”. La Digital transformation e l’ingresso nel mondo del lavoro delle nuove generazioni “rendono necessario un salto, in direzione di un ripensamento dell’obiettivo strategico della valutazione della performance: rischia di diventare un momento burocratico e non stimolante; e non dovrebbe limitarsi alla misurazione del contributo del singolo, ma essere visto in sinergia con il contesto e il coinvolgimento reale secondo logiche attuali”.
I sistemi di valutazione devono cambiare
Il Performance management non è solo legato ai risultati, ma serve per “innestare lo sviluppo e il miglioramento continuo nel processo di lavoro”. Ne è convinto Livio Zingarelli, Head of HR Italia, Israele e Grecia di Philips, che introduce il tema del ‘balance’ tra risultati e organizzazione e vede una “commistione di obiettivi di cambiamento organizzativo, di engagement, feedback continuo e formazione”. La sfida, secondo Zingarelli, è “farlo diventare un processo realmente motivante, che tocchi l’energia e l’engagement”.
Sul fatto che vadano rivisti i sistemi di valutazione concorda Simona Liguoro, HR Director di Nespresso Italiana. “Pur avendo obiettivi annuali, la nostra azienda lavora per dare spazi di autonomia alle persone per creare responsabilità e permettere a ciascuno di prendere decisioni nel proprio ambito di lavoro. In particolare, per sperimentare in questo ambito stiamo lavorando, nel team HR, su un progetto per instaurare un’organizzazione non gerarchica con cui gestire performance ed engagement”.
Anna Castelli, Direttore del Personale di Beta 80 Group, pone l’accento sul tema culturale: “Strumenti e processi possono essere una leva, ma serve una cultura alla base. È importante svolgere una formazione sui manager riguardo al feedback continuo per far loro acquisire questo bagaglio”. Nelle aziende si tiene comunque una review annuale per ‘tirare le fila’: “In questo modo, il manager può ascoltare il collaboratore in un momento voluto e pensato per recuperare consapevolezza reciproca”.
I colloqui di valutazione (con numeri e voti) sono spesso demotivanti per i dipendenti, “ma anche per i manager”. Lo sostiene Michele Nardi, Head of HR, Operations, Finance di Munich Re, secondo il quale va implementato un nuovo concetto di Performance management. “Abbiamo un unico indicatore di performance globale ed è stato tolto l’elemento singolo legato alla retribuzione che ‘inquina’ la valutazione stessa. Poi è sparito il concetto di obiettivi individuali”, che ha lasciato il posto a gruppi internazionali che collaborano da remoto, con obiettivi “di regione, di unit e di team”.
Rivedere la cultura del feedback e puntare sulla fiducia
Svincolare le performance dagli obiettivi motiva di più le persone, come ricorda Sara Parimbelli, Human Resources Director di Arvato Italia. “In passato la sfida principale è stata formare i manager, che spesso hanno paura a dare feedback negativi”. Secondo Parimbelli, bisogna lavorare molto su questa cultura: “Per alcuni è purtroppo vissuta come una perdita di tempo, per altri è stressante, per altri ancora è invece un momento importantissimo”.
Una testimonianza particolare è quella portata da Massimo Lavezzini, Direttore del Personale di Sech – Terminal Contenitori Porto di Genova. “Occupandoci di sbarco e imbarco delle navi, l’80% delle persone non può lavorare da remoto. L’azienda è sindacalizzata, quindi tante decisioni vanno concordate ingaggiando anche i lavoratori, che hanno un ruolo importante”.
Andrea Cogliati, Human Resources Manager di Infineon Technologies Italia, racconta come l’azienda abbia ‘anticipato’ l’emergenza avendo già inserito il concetto e la pratica dello Smart Working e trasformando negli anni i tool di gestione delle risorse umane, pensando ai nuovi modi di lavorare. Nell’ambito del Performance management “abbiamo lavorato sul ruolo più attivo e su una maggior responsabilizzazione dei collaboratori verso i risultati e il loro sviluppo professionale”.
Per favorire queste dinamiche, l’organizzazione dev’essere meno burocratica e meno gerarchica. Ne è convinta Anna Saccon, Human Resources di Bosch Rexroth, che porta l’esperienza della sua azienda: “Abbiamo affrontato l’emergenza coronavirus velocemente, facendo ricorso allo Smart working in tempi brevissimi e applicando la cassa integrazione che ha modificato i nostri tempi lavorativi, talvolta in maniera massiccia”.

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