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sabato, 22 Novembre, 2025

Rendicontazione

Sostenibilità, consulenza e tecnologia per la rendicontazione ESG

Tra direttive europee, nuove tempistiche del reporting e strumenti tecnologici, Valentina Ubaldi, Head of HR Mobility & ESG Solution di Zucchetti, illustra perché le PMI non possono più rimandare l’approccio alla sostenibilità e come il digitale diventi un alleato strategico nel percorso ESG.
20 Novembre 2025
Di: Stefano Belviolandi
20 Novembre 2025

Tra il contesto normativo e quello più squisitamente di mercato si celano opportunità per le imprese di ogni dimensione; ma, ognuna di queste, ha esigenze specifiche a seconda che si parli di grande, media o piccola impresa. In generale, spicca il ruolo della tecnologia che, anche attraverso l’Intelligenza Artificiale (AI) riesce a supportare soprattutto le PMI, che spesso sono maggiormente in difficoltà e sono meno organizzate dal punto di vista della digitalizzazione. Di recente una delle questioni più discusse riguarda la rendicontazione di sostenibilità che ha visto il posticipo del reporting al 2028, relativamente all’anno 2027, e non al 2026 sull’anno 2025, con una riduzione dei contenuti iniziali.

“I contenuti iniziali erano molto più stringenti sia come dimensioni aziendali sia in termini di numerosità dei dipendenti”, spiega Valentina Ubaldi, Head of HR Mobility & ESG Solution di Zucchetti. Nella Direttiva UE si parlava, infatti di aziende con 250 persone, con un fatturato di 25 milioni di attivo o 50 milioni di ricavi netti. Oggi invece le informazioni sono molto più a maglie larghe: aziende con almeno 1.750 dipendenti e un fatturato minimo di 450 milioni di euro”.

Qual è la ratio dietro questa decisione dell’Unione Europea? L’obiettivo non è ridurre l’attenzione alla sostenibilità, ma facilitare l’ingresso delle PMI nel percorso ESG, evitando complessità eccessive e ostacoli burocratici che avrebbero reso il processo quasi impossibile.

Dalla sostenibilità non si può (deve) scappare

La sostenibilità, però, non è solo un adempimento legislativo. A chiarirlo è Ubaldi: “Quando si parla di sostenibilità, si mette in campo un insieme di leve interconnesse. La prima – che poi è la principale – riguarda gli accordi internazionali, come l’Agenda 2030 e gli obiettivi SDGs, che devono rappresentare una bussola per tutte le politiche economiche e finanziarie mondiali”. A livello europeo, ci sono poi l’Accordo di Parigi e il Green Deal che hanno dato vita alla Corporate sustainability reporting directive (CSRD), recepita dall’Italia con il Decreto legislativo 125/2024.

Le PMI, pur non essendo obbligate, diventeranno presto anelli fondamentali delle filiere: anche se non saranno soggette direttamente alla rendicontazione, dovranno fornire dati di sostenibilità ai clienti più grandi”, prosegue la manager di Zucchetti. In questo modo è il mercato stesso a richiedere un’accelerazione sul tema sostenibilità, perché le grandi aziende non possono più lavorare con fornitori che non forniscono dati ESG. E chi rimane indietro rischia di perdere opportunità commerciali”.

Un altro driver è la finanza sostenibile. Secondo Ubaldi, la tassonomia stabilisce criteri per determinare se un’attività economica è sostenibile, con impatto diretto su credito e investimenti. Possedere un profilo ESG solido significa migliori condizioni di accesso al credito, tassi più favorevoli e vendor rating elevato: sono tutti elementi fondamentali per la competitività. E chi inizia già da ora a muoversi nell’ESG acquisisce vantaggi concreti, come: “Accesso al credito più agevolato, maggiori opportunità nei bandi e nella filiera, nonché attrattività più alta per i giovani talenti, che vogliono lavorare in aziende con purpose chiaro e valori coerenti”.

Il digitale come alleato per la sostenibilità

Per supportare le piccole imprese, l’European financial reporting advisory (Efrag) ha sviluppato il Voluntary sustainability reporting standard for non-listed SMEs (Vsme), cioè lo standard volontario per le PMI fino a 250 dipendenti. “È proporzionato e semplificato; permette di rispondere in modo standardizzato alle richieste delle realtà capofiliera”, commenta Ubaldi. In questo caso il modello prevede due livelli: uno base, con 11 indicatori chiari e raggiungibili; uno avanzato, con KPI più articolati e strategie ESG dettagliate, utili per comunicare con clienti, istituti di credito e investitori.

La rendicontazione ESG non è tuttavia solo un esercizio burocratico, perché richiede una serie di attività a livello organizzativo: “Portare la sostenibilità significa ripensare governance, responsabilità e processi decisionali; Serve commitment del top management, investimenti in tecnologia, infrastrutture e competenze interne”, spiega Ubaldi.

Ecco allora che la digitalizzazione diventa quindi precondizione per la sostenibilità: “I dati ESG sono spesso frammentati, nascosti in silos aziendali; è fondamentale centralizzarli, automatizzarne la raccolta e trasformarli in informazioni utili; l’AI aiuta a leggere dati grezzi da Excel o da documenti destrutturati e trasformarli in KPI certi e tracciabili”.

Dal foglio bianco agli obiettivi chiari

Asset management, HR e governance sono i tre pilastri ESG nella declinazione di Zucchetti. “Abbiamo soluzioni per efficientamento energetico, gestione rifiuti, mobilità delle persone e delle merci, calcolo delle emissioni certificato da Bureau Veritas”, spiega Ubaldi. Partendo dall’ambito HR, la software house di Lodi propone una piattaforma che integra dati amministrativi, formazione, sicurezza e mobilità dei lavoratori, trasformandoli in KPI ESG. Nel caso della governance, Zucchetti offre: “Strumenti per gestione rischi, whistleblowing, Modello 231, cyber security e parità di genere; per welfare e CSR, supportiamo le aziende nell’engagement dei dipendenti”.

Zucchetti ha approcciato il tema dell’ESG cercando di mettere a fattore comune tutte le potenzialità (e l’offerta) delle oltre 100 aziende del suo ecosistema. Abbiamo chiesto a Ubaldi di raccontare un esempio di approccio alle imprese: “Siamo stati a fianco di una PMI metalmeccanica di 150 dipendenti e 70 milioni di fatturato; partendo dal foglio bianco abbiamo realizzato un assessment per mappare processi, punti di forza e aree di miglioramento; abbiamo aiutato l’azienda a ottenere bandi e finanziamenti, avviato percorsi formativi e introdotto gradualmente strumenti tecnologici. È stato un percorso a 360 gradi, con risultati concreti sia in termini di efficienza sia di posizionamento ESG”.

Le piattaforme digitali semplificano la trasformazione

La sensazione è che inevitabilmente l’attenzione delle imprese italiane all’ESG crescerà gradualmente, con impatti su produzione, efficienza e competitività. “Sarà una rivoluzione culturale e tecnologica; le aziende che iniziano oggi avranno vantaggi su credito, filiere, bandi e attrattività dei talenti; chi aspetta rischia solo di accumulare ritardi”, è la tesi di Ubaldi.

Il consiglio pratico da parte della manager è chiaro: “Partire da un assessment, capire lo stato attuale, identificare punti di forza e lacune e prevedere supporto consulenziale; l’AI diventa un fattore abilitante per raccogliere dati, trasformarli in informazioni e prendere decisioni strategiche”. Ma quale deve essere il (nuovo) ruolo dei professionisti? “Commercialisti, associazioni di categoria e consulenti devono formarsi per affiancare le PMI, usando strumenti guidati e piattaforme digitali che semplifichino il percorso ESG”. In sintesi, sostenibilità e tecnologia non sono più opzionali. Diventano leve strategiche, elementi di competitività e driver di innovazione. Dice bene Ubaldi: “Il percorso inizia oggi, non domani”.

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