Lavoro: c’è chi entra (pochi) e chi esce (tanti)
Una nuova ondata di licenziamenti sta colpendo gli Usa. Da inizio 2025 si sono persi 1,1 milioni di posti di lavoro, raggiungendo i livelli della recessione degli anni 2008-09. L’aumento a ottobre 2025 è stato del 183% sul mese precedente e del 175% sul 2024, segnando il peggior ottobre per numero di licenziamenti dal 2003. Tuttavia, il tasso di disoccupazione è fermo al 4,3%, un livello relativamente basso.
I numeri sulle fuoriuscite comprendono anche le strette sugli organici di colossi come UPS (-48mila) e Amazon (-30mila). Si tratta di licenziamenti concentrati nei settori della tecnologia e del retail, quasi sempre dovuti alla volontà di tagliare i costi e all’introduzione dell’Intelligenza Artificiale, come ha riportato uno studio dell’azienda Challenger, Gray & Christmas. Solo in ambito tecnologico ammonterebbero a 141mila dall’inizio del 2025, in crescita del 17% rispetto allo stesso periodo del 2024. A cui si aggiungono perdite nei campi dell’informazione (-17mila) e dei servizi (-15mila).
“Non abbiamo mai visto dimensioni simili”, è stato il commento di John Challenger, CEO dell’azienda autrice dello studio, come ha riportato il Washington Post, di cui è proprietario lo stesso fondatore di Amazon, Jeff Bezos. L’economia nel frattempo risulta stabile, anche se non sono mancati gli scossoni: l’inflazione, i dazi, e ancora le nuove tecnologie…
Crescono i profitti delle imprese
Ma l’altro aspetto che incuriosisce, e non poco, è che a schizzare insieme con i licenziamenti sono stati i profitti delle imprese: ad aprile 2025, secondo la Federal Reserve, si registrava +3,25 miliardi di dollari. Le due facce della medaglia stridono, inevitabilmente. Perché tanti licenziamenti se gli affari vanno bene?
Un’idea sul perché la ha proposto Chen Zao, Chief Global Strategist di Alpine Macro. Intervistato dalla CBS, ha detto: “Si sta verificando qualcosa di completamente diverso dal passato, un boom di persone senza lavoro”. Al centro di tutto c’è senza dubbio l’AI: “Spinge la produttività di tantissime aziende e dell’economia in larga scala, e allo stesso tempo sopprime la richiesta di lavoratori”. Allora perché la disoccupazione non sale? “Da una parte ci sono i pensionamenti della generazione dei boomer, dall’altra un calo nell’immigrazione. È come se si ricreasse un nuovo equilibrio senza domanda di lavoro né richiesta”.
Non tutti però pensano che alla base di tutto ci sia lo zampino dell’AI. Secondo Art Papas, CEO of Bullhorn, compagnia di software, il taglio dei posti di lavoro dipende soprattutto dal fatto che si stanno ricalibrando le esigenze aziendali del dopo pandemia. “È più facile trovare nuovi lavoratori, per questo le aziende sono spinte a licenziare di più”. Ecco perché nei mestieri ‘entry level’, che sono quelli dove si assume di più, si concentrano di più i licenziamenti, ha osservato Papas.
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