Rilancio, se anche gli industriali si affidano agli accademici
Confindustria come il Governo: le proposte di sviluppo in mano ai prof. Dopo le 121 proposte della task force guidata da Vittorio Colao, i colloqui infiniti degli Stati generali dell’economia di Villa Pamphilj voluti dal Premier Giuseppe Conte, ecco l’ennesimo piano di ripartenza per l’Italia. Questa volta a firmarlo è Assolombarda, la costola di Confindustria […]

Confindustria come il Governo: le proposte di sviluppo in mano ai prof.
Dopo le 121 proposte della task force guidata da Vittorio Colao, i colloqui infiniti degli Stati generali dell’economia di Villa Pamphilj voluti dal Premier Giuseppe Conte, ecco l’ennesimo piano di ripartenza per l’Italia. Questa volta a firmarlo è Assolombarda, la costola di Confindustria che riunisce gli industriali di Milano, Lodi e Monza e Brianza. Si chiama Italia 2030. Proposte per lo sviluppo (La Nave di Teseo, 2020) ed è un libro che è nato “su impulso di Carlo Bonomi”, che nel frattempo dal vertice di Assolombarda è di recente stato eletto alla guida di Viale dell’Astronomia.
Dell’esistenza del ‘piano’ di Confindustria lo si sapeva da giorni; almeno fin da quanto il Presidente degli industriali si era presentato al cospetto del Primo Ministro per illustrargli la sua idea per il rilancio del Paese. Nonostante i due ci abbiano abituati a scontri a distanza, il colloquio è stato tutt’altro che un redde rationem, anche se i beninformati hanno poi parlato delle paure del Premier sul possibile partito degli industriali.
Pur lontani praticamente su tutto, Conte e Bonomi si sono ritrovati uniti nella scelta degli esperti cui affidare il programma di rilancio: il primo ha messo insieme gli accademici, guidati dal manager di lungo corso Colao, nella task force; il secondo ha fatto altrettanto – pescando da economia, società, ricerca e accademia – con il libro, definito la “guida per il rilancio economico e sociale del Paese” (era in lavorazione prima dell’emergenza sanitaria ed è stato poi rivisto alla luce delle nuove sfide). In entrambi i casi le personalità coinvolte sono state di grande spessore; della task force se n’è parlato a lungo, per Italia 2030 anticipiamo che c’è stata la supervisione scientifica di Marcello Messori (Università Luiss) e Renato Carli (Assolombarda) e i due hanno coordinato un comitato di garanti composto da Giuliano Amato, Elio Franzini e don Luca Bressan.
Nel libro di Assolombarda si invoca la definizione di una rigorosa strategia di politica fiscale, industriale e sociale, per fissare una scansione temporale delle priorità e che si traduca in una ripartizione efficiente ed efficace delle scarse risorse pubbliche. Da qui l’appello per una profonda riforma degli assetti istituzionali e burocratico-amministrativi, ma pure di mettere a disposizione una strategia sul futuro del Paese e di dotarsi degli strumenti per realizzarla. Si chiede a gran voce di ripristinare una forma di democrazia negoziale che ridia spazio a partiti politici e a istituzioni e corpi intermedi, per cogliere le trasformazioni in atto per valutare le possibili conseguenze economico-sociali e definire strategie per tutelare gli interessi delle varie componenti della società.
Linee guida certo condivisibili quelle proposte da Italia 2030, come, d’altra parte, quelle del Piano Colao. Più concreto è stato Antonio Calabrò, Vicepresidente di Assolombarda con delega ad Affari Istituzionali, Organizzazione, Cultura e Legalità, che alla presentazione del libro – evento al quale Parole di Management ha partecipato – ha parlato di green economy ed economia digitale. E poi di rimessa al centro della dignità della persona e di rilancio della produttività, con una strategia di medio-lungo periodo che implichi le riforme necessarie di burocrazia, scuola, formazione, ricerca e mercato del lavoro.
La sensazione è che ci sia grande fermento di proposte e di riflessioni. Di certo un bene. Ma dopo le centinaia di esperti del Governo e un programma (quello della task force) destinato a finire in fondo al cassetto di una remota stanza di Palazzo Chigi, dagli industriali ci saremmo aspettati linee guida meno accademiche. Se non arriva neppure dagli ‘uomini del fare’, allora il buio rischia di farsi bello fitto.
Categoria: Editoriale

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