Data analysis e problem solving, le competenze per la Fabbrica 4.0
In ogni azienda le competenze richieste sono direttamente correlate alle tecnologie impiegate. Secondo un report aggiornato, ormai più di un terzo delle fabbriche nel mondo si è trasformato in strutture intelligenti. Le smart factory utilizzano piattaforme e tecnologie digitali per migliorare produttività, qualità, flessibilità e servizi, ma hanno anche bisogno di conoscenze e abilità funzionali […]

In ogni azienda le competenze richieste sono direttamente correlate alle tecnologie impiegate. Secondo un report aggiornato, ormai più di un terzo delle fabbriche nel mondo si è trasformato in strutture intelligenti. Le smart factory utilizzano piattaforme e tecnologie digitali per migliorare produttività, qualità, flessibilità e servizi, ma hanno anche bisogno di conoscenze e abilità funzionali a crescere e creare valore aggiunto. Sistemi&Impresa ha intervistato imprenditori e manager che operano nel Manufacturing per scoprire come evolvono modelli di business, formazione e competenze nelle fabbriche intelligenti.
Si parte dalle priorità di ciascuna impresa. L’ingresso di tecnologie abilitanti è motivato soprattutto dalla volontà di ridurre i tempi di risposta al cliente (63%), aumentare la flessibilità in produzione (57%) e la condivisione delle informazioni all’interno dell’azienda (50%). Molto sentite anche le esigenze di aumento della produttività (47%), riduzione dei tempi di sviluppo del prodotto (43%) e dei costi (41%). Le imprese coinvolte nell’inchiesta conoscono già da tempo i vantaggi dell’introduzione di additive manufacturing (41%), sistemi di interconnessione ed ERP (36%) e più di recente si sono indirizzate verso l’Internet of Things e l’uso di Big Data e Intelligenza Artificiale (20%).
“Sorprende che tecnologie come la robotica collaborativa e i sistemi di movimentazione autonomi emergano come non di interesse per circa la metà del campione”, commenta Roberto Pinto, Professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, dell’Informazione e della Produzione dell’Università di Bergamo. L’adozione di nuove tecnologie è intervenuta a rivoluzionare soprattutto la produzione (78%), ma cambiamenti significativi si sono riscontrati anche nella logistica interna (45%) e nello sviluppo del prodotto (42%).
Ideal Standard è ben consapevole del vantaggio di avere il digitale nelle fabbriche: linee di produzione automatizzate, Plc, Mes, Sap. “L’awareness c’è tutta, stiamo lavorando sulle competenze per raggiungere l’eccellenza: in una scala da 1 a 5, siamo al livello 3”, conferma Loris Dal Magro, IT Director di Ideal Standard.
Sul fronte delle competenze, qualunque sia l’attività core per l’azienda, le smart factory mettono al primo posto l’alfabetizzazione digitale. “La digitalizzazione, portata in maniera pervasiva all’interno dei nostri spazi, ci permette di avere maggiore cultura e consapevolezza del valore del dato. È un passaggio culturale importante comprendere che esistono modelli virtuali che sono in grado di dare risposte coerenti talvolta superiori alla capacità elaborativa di un essere umano”. Cristiano Grassi è IT Manager di Carraro Group.
Anche se le abilità di AI e Data Analysis e le conoscenze tecniche specifiche sono ritenute importanti, nella classifica stilata dai manager prevalgono in effetti le soft skill: problem solving, capacità di pensare fuori dagli schemi e apertura costante al cambiamento. In queste settimane di emergenza, Ramponi le ha messe in pratica tutte e tre. “Oggi stiamo beneficiando di tecnologie inserite negli ultimi due anni. Non abbiamo dovuto fare scelte specifiche per adattare parte del ciclo produttivo, ma è stata fondamentale la capacità di rimettersi in gioco”, racconta Marco Bertolina, Operation Director di Ramponi.
Per sviluppare le competenze mancanti le aziende puntano soprattutto sulla formazione del personale (75%), piuttosto che far ricorso a consulenti esterni (40%) o procedere a nuove assunzioni (43%). “Accettare il cambiamento è soprattutto una questione mentale, ma che richiede anche senso di responsabilità”, spiega Lucia Martinazzo, Quality Responsible di Uriach. “Ci sono persone più predisposte e altre che fanno più resistenza: l’importante è approcciare il cambiamento senza paura e imparare a uscire dalla propria zona di comfort”.


L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Luglio-Agosto 2020 di Sistemi&Impresa.
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Categoria: Risorse Umane, Formazione e sviluppo

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