Chi non lavora non fa l’amore
Il lavoro a distanza è la fine delle storie d’amore in ufficio? Sguardi fugaci davanti alla fotocopiatrice e sorrisi d’intesa alla macchinetta del caffè potrebbero essere solo un lontano ricordo. Il lavoro a distanza, è la tesi sostenuta dall’Economist, sta uccidendo il romanticismo in ufficio. Da sempre si spende quasi la metà delle giornate al […]

Il lavoro a distanza è la fine delle storie d’amore in ufficio?
Sguardi fugaci davanti alla fotocopiatrice e sorrisi d’intesa alla macchinetta del caffè potrebbero essere solo un lontano ricordo. Il lavoro a distanza, è la tesi sostenuta dall’Economist, sta uccidendo il romanticismo in ufficio.
Da sempre si spende quasi la metà delle giornate al lavoro, condividendo spazi e attività, ma anche fatiche e successi con i colleghi. Non era raro che si passasse dall’avere qualcosa in comune, fosse anche soltanto la voglia di lamentarsi del capo, all’uscire insieme. Alcune relazioni, dunque, erano semplicemente destinate a svilupparsi e l’ambiente di lavoro condiviso le ha aiutate a nascere. Adesso, però, il lockdown e il prolungarsi del lavoro da remoto stanno rendendo più difficile ogni tipo di approccio.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Anche se durante la pandemia è esploso il ricorso al dating online – a febbraio 2020 Tinder è stato scaricato 229mila volte e, secondo uno studio sull’attività in Rete condotto dalla società di web marketing AvantGrade, le ricerche che avevano a oggetto l’app di dating sono cresciute del 250% – ben pochi hanno trovato l’anima gemella durante un meeting su Zoom o si sono fidati della privacy concessa da una chat di lavoro per flirtare con un collega.
Non è, però, tutta colpa della pandemia. Anche prima che arrivasse il lockdown, le relazioni tra colleghi avevano iniziato un lento declino: nel 1995, secondo uno studio della Stanford University, il 19% delle persone aveva incontrato il proprio partner sul lavoro, percentuale scesa all’11% già nel 2017. Tra le ragioni, ci sarebbe anche l’adozione di policy restrittive da parte delle imprese stesse, diffuse soprattutto nei Paesi anglosassoni e finalizzate a scoraggiare o proibire le relazioni tra manager e sottoposti e tra colleghi di pari grado. Persino se consensuali: è il caso di Steve Easterbrook, CEO di McDonald’s, costretto a lasciare l’incarico a novembre del 2019 per aver violato il codice etico dell’azienda e di condotta del dipendente a causa della sua relazione con una dipendente.
Le ragioni etiche, poste alla base di tali normative, fanno riferimento al rischio di favoritismi sul lavoro e di conflitti di interesse. Spesso comportano anche una riduzione della privacy dei dipendenti, chiamati a rendere note ai superiori eventuali relazioni nate sul posto di lavoro. Adesso che molti continueranno a lungo con l’Home working e frequenteranno sempre meno l’ufficio, le opportunità di incontro si ridurranno ulteriormente.
Fonte: The Economist

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