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mercoledì, 17 Settembre, 2025

Rallentare per raggiungere nuovi obiettivi

Preparare una maratona è un impegno che richiede tempo, pazienza e capacità di sopportazione della fatica. Vuol dire anche – per un agonista del mio (basso) livello – rallentare il passo per poter correre tutti i 42,195 chilometri della gara. Ma per un runner, la parola “rallentare” è tabù. Nessun runner ha in programma di […]
27 Dicembre 2019
Di: Dario Colombo
27 Dicembre 2019
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Preparare una maratona è un impegno che richiede tempo, pazienza e capacità di sopportazione della fatica. Vuol dire anche – per un agonista del mio (basso) livello – rallentare il passo per poter correre tutti i 42,195 chilometri della gara. Ma per un runner, la parola “rallentare” è tabù. Nessun runner ha in programma di correre più lentamente. Eppure alzare la media al chilometro quando si percorrono distanze più lunghe è inevitabile per arrivare fino al traguardo. Altrimenti, il rischio è di finire ko ben prima del termine della gara. Ne ho avuto un assaggio nella prima (e al momento unica) maratona che ho affrontato. Arrivato al 34esimo chilometro ho sbattuto contro il famigerato ‘muro’ del runner. Si tratta del momento in cui le forze – spesso mentali – abbandonano l’atleta che si ritrova in balia di un movimento cui non riesce più a dare un senso e di conseguenza correre diventa un’impresa impossibile. E quindi ecco che si è costretti a camminare, provando a ingerire qualche gel a base di carboidrati per avere un po’ di benzina per trascinarsi al traguardo. Nel mio caso ho commesso un errore strategico di tattica (il più banale!): ho preteso di correre in gara a una media chilometrica ben più bassa rispetto a quella testata negli allenamenti. Si trattava, in realtà, di una manciata di secondi in meno al chilometro (circa 10-15) che, però, possono fare la differenza se moltiplicati per oltre 42 chilometri (sono circa 10 minuti in totale!). Così, invece di stare al passo che avevo provato per mesi nelle uscite di prova, ho scelto di accelerare, sperando che l’adrenalina della competizione mi sostenesse. Ho resistito ben oltre le mie forze, cedendo miseramente a otto chilometri dalla fine. Nell’ultimo tratto di gara mi sono trascinato a una media chilometrica di circa due minuti (due minuti!) più lenta dell’allenamento più lento. Ne ho dedotto sulla mia pelle, che accelerare senza averne le forze è una decisione poco saggia. Meglio, nel caso, rallentare pur avendo la forza per andare più veloci: sul traguardo si avrà qualche rimpianto per non aver dato tutto, ma almeno si avrà ancora la capacità di elaborare un pensiero… Mi piace rileggere in questa chiave la prima ‘convention’ della casa editrice ESTE che il 20 dicembre 2019 ha riunito tutte le sue persone per un incontro formativo-informativo nel centro di Milano. È stata l’occasione per comunicare importanti novità negli assetti societari, ma pure per dare un senso alle attività quotidiane. Abbiamo rallentato nonostante avessimo le forze per continuare a correre a velocità sostenuta; ma quella che ci attende è una vera maratona, durante la quale abbiamo bisogno dell’impegno di tutti: non basta che le lepri dettino il passo, serve che ogni singolo runner (collaboratore) tenga il ritmo per arrivare al traguardo. Che poi è solo una tappa intermedia per il traguardo successivo. Perché, come recita lo slogan di una nota marca di abbigliamento (di running, of course!): There is no finish line.
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