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mercoledì, 17 Settembre, 2025

Maschile sovraesteso, un passo indietro per la parità di genere?

Di recente ha fatto discutere il disegno di legge proposto dalla Lega – poi ritirato – che vietava l’uso del genere femminile per i “neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali e alle onorificenze nei documenti e negli atti pubblici”. In sintesi, si proibiva l’uso della declinazione femminile di […]
23 Luglio 2024
Di: Redazione
23 Luglio 2024
maschile sovraesteso
Di recente ha fatto discutere il disegno di legge proposto dalla Lega – poi ritirato – che vietava l’uso del genere femminile per i “neologismi applicati ai titoli istituzionali dello Stato, ai gradi militari, ai titoli professionali e alle onorificenze nei documenti e negli atti pubblici”. In sintesi, si proibiva l’uso della declinazione femminile di nomi come “ministra”, “sindaca”, “avvocata”, “rettrice”… Al loro posto, proponeva la legga, si sarebbe dovuto utilizzare il maschile sovraesteso. Dunque: “ministro”, “assessore”, “questore”… Chi non si sarebbe adeguato avrebbe rischiato una multa fino a 5mila euro. È noto che nella lingua italiana, a differenza di altre lingue (per esempio l’inglese con “they”) non c’è il genere neutro e che per convenzione si è ricorsi al maschile sovraesteso. Così per riferirsi a un pubblico composto da donne e da uomini è linguisticamente corretto usare il maschile. Tuttavia, la questione è perché non accettare che ci sia un’alternativa; scegliere di usare anche il femminile, infatti, è un gesto di cura e di inclusione. E poi, contrariamente a quanto sosteneva la legge sul maschile sovraesteso, a fronte di parole che in italiano esistono solo nella loro versione maschile (“guardia”, “insegnante”, “giornalista”…), ce ne sono altre che prevedono la declinazione femminile e non sono certo neologismi. Esiste il femminile di “contadino”, ma pure di “ingegnere”. Perché, però, “contadina” è comunemente accettato e “ingegnera” no? Forse suona male perché non siamo abituati. E poi: perché questo ‘suonare male’ vale solo per i titoli legati alle posizioni di potere? Le parole sono i contenitori di un pensiero: quanto è ancora la lunga la parità di genere se scegliamo di parlare solo al maschile? PdM Talk è il talk show di management del quotidiano Parole di Management, in diretta streaming ogni venerdì dalle 12 alle 13 (la diretta è visibile sul sito del quotidiano, sul canale YouTube di Parole di Management e sul profilo ESTE di LinkedIn). La conduzione è affidata a Dario Colombo, Direttore del quotidiano Parole di Management. In ogni puntata i rappresentanti della grande community di imprenditori e manager della casa editrice ESTE e di Parole di Management si confrontano sulle questioni di attualità – dagli avvenimenti della politica alle mutazioni della società – che hanno un interesse per chi gestisce e vive le organizzazioni. Tra gli ospiti: Flavia Brevi, Capa Comunicazione – FONDAZIONE LIBELLULA Alessandro Cabutto, Ceo & founder – QIPO Caterina Consonni, Senior Consultant – CONSVIP Maria Antonietta De Caro, People & Culture – RHOSS e rubrichista – PERSONE&CONOSCENZE Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion – FASTWEB Alessandra Fogola, International Partner – TRANSEARCH e Autrice – Perché i nani non diventano CEO e altre sette tossicità aziendali Barbara Imperatori, Professore ordinario di Organizzazione aziendale – UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Con l’intervento di Claudio Marazzini, Linguista e Presidente onorario – ACCADEMIA DELLA CRUSCA
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