L’economia che fa il bene mette al centro le persone
L’economia che fa il bene (e non solo che fa bene). Così Avvenire ha inaugurato la terza edizione del convegno dedicato a imprese, persone e comunità capaci di generare valore sociale. Un appuntamento ospitato dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, che ha messo al centro il senso del lavoro, della vita e del tempo, ingredienti spesso dati per scontati, ma che oggi richiedono uno sguardo nuovo.
Il valore di un’economia che non consuma, ma rigenera. Viviamo immersi in un sistema economico in cui quasi tutto diventa merce. Lo ha ricordato anche Elena Granata, Professoressa Associata presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, sottolineando come persino il “tempo di permanenza” in un bar sia monetizzato (e monetizzabile).
La sfida è quindi rovesciare la prospettiva: non pensare all’economia come un male necessario, ma come uno strumento capace di portare benessere, comunità, qualità del vivere. Da qui la scelta di articolare il convegno in tre momenti: benessere in azienda; Terzo settore; abitare. Tre ambiti che, più degli altri, mostrano come la creazione di valore sociale possa diventare motore dello sviluppo economico.
Il benessere da costo a investimento
Uno dei filoni più stimolanti dell’incontro promosso dal quotidiano ha riguardato il welfare aziendale. L’idea di fondo è semplice, ma tutt’altro che scontata: il benessere del lavoratore si ripercuote sull’azienda. Una verità che assume un peso ancora maggiore guardando al futuro: entro il 2050, infatti, perderemo una parte significativa della forza lavoro. Le imprese che sapranno attrarre e trattenere talenti saranno quelle capaci di creare ambienti in cui si sta bene.
Elis, realtà che da anni forma e accompagna le persone nel mondo del lavoro, ha portato, attraverso la voce di Valeria Bonilauri, Responsabile Innovazione e Sviluppo, una testimonianza centrale: essere un ponte tra le esigenze delle aziende e i bisogni dei lavoratori significa riconoscere che la genitorialità non è un ostacolo, ma una risorsa di competenze.
Eppure, proprio nella genitorialità affiorano molte delle criticità culturali ancora presenti nelle imprese: lo scollamento tra vita e lavoro; la difficoltà a riconoscere le competenze che si sviluppano come madri e padri; la scarsa autostima che porta, soprattutto le donne, a non candidarsi per percorsi di crescita. Cambiare sguardo, ha detto Bonilauri, è un percorso: significa smettere di vedere ‘bisogni’ e iniziare a vedere ‘portatori di sogni’.
Gian Luca Galletti, Presidente dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti (Ucid) ha aggiunto un ulteriore tassello: non bisogna cercare il problema fuori, ma dentro l’impresa stessa. Il clima aziendale, la qualità delle relazioni, la dignità del lavoro sono fattori decisivi per la produttività. “Se sto meglio al lavoro, sto meglio anche nella vita”: una verità semplice che spesso dimentichiamo. Fare economia che fa il bene significa innanzitutto seminare cultura, creare condizioni in cui la persona possa fiorire. Perché, quando l’obiettivo sono le persone, la produttività non può che crescere.
Includere per crescere
Il convegno di Avvenire ha toccato anche il tema dei fondi e delle risorse del Terzo settore, evidenziando come l’inclusione non sia solo un dovere sociale, ma anche una strategia efficace per migliorare i risultati economici. Includere significa aumentare la produttività, perché una comunità più equa e più forte sostiene meglio le imprese, le città, le famiglie. Da qui la scelta di concentrarsi anche sugli ambienti.
Come ha sottolineato l’intervento di Giorgio Gobbi, Direttore Regionale della Banca d’Italia per la Lombardia, le città oggi sono profondamente legate alle nuove modalità di lavoro: Smart working, mobilità, riqualificazione degli spazi cambiano il modo in cui viviamo e ci muoviamo, mentre Fabio Carlozzo, Amministratore Delegato di Redo Sgr ha ribadito l’urgenza di riportare persone e servizi nelle zone che ne hanno più bisogno, ridando vita a quartieri svuotati o abbandonati.
L’abitare non è più solo una questione di metri quadrati, ma di ecosistemi sociali, servizi, qualità del vivere. L’incontro ha mostrato che un’altra economia è non solo possibile, ma già in atto: un’economia genera valore perché mette al centro le persone; crea comunità; riconosce il lavoro come luogo di fioritura; restituisce senso al tempo; non misura tutto in termini di costo ma di futuro. Fare economia che fa il bene significa trasformare lo sguardo: dall’efficienza alla cura, dal profitto alla dignità, dall’individuo alla comunità. E questa trasformazione non è un’utopia, ma una strada che molte imprese, enti e territori hanno già iniziato a percorrere.
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