Manifattura, il modello Usa può rilanciare il Made in Italy?
In Italia la produzione industriale è in crisi da tempo. E con la Manifattura in difficoltà, anche il Made in Italy, su cui si basa il successo dall’economia nostrana, affronta un momento di flessione. In che modo il settore può tornare (se possibile) ai fasti di un tempo? Un caso interessante è quanto sta accadendo Oltreoceano, dove c’è chi ha fatto del ritorno alla produzione manufatturiera un trampolino per un nuovo rilancio. E se sono sempre più introvabili i giovani che vogliono dedicarsi alla Manifattura, in un luogo degli Stati Uniti le cose stanno girando diversamente.
Succede a Bridgeport, la più popolosa città del Connecticut, a poco meno di due ore di treno da New York. Un tempo qui avevano sede numerose aziende di produzione di pistole e cavi elettrici. Adesso, decenni dopo, la situazione è cambiata radicalmente. Daniel Velazquez è un 19enne originario del posto; aveva sentito parlare di un programma universitario per saldatori della durata di nove mesi, all’Università di Bridgeport. Si tratta di un percorso lanciato nel 2018 a cui avevano aderito soli quattro studenti, mentre oggi lo stesso corso ne accoglie 50. Tutti formati per diventare macchinisti, tecnici meccatronici o della robotica.
A Velazquez piace lavorare con le mani, e così – finite le lezioni – è stato assunto in una azienda di produzione nautica, la Row America. “Se mi avessero detto che avrei trovato lavoro due settimane dopo la fine del programma di studi non ci avrei creduto”, ha detto il giovane al Washington Post. E ha anche manifestato soddisfazione di avere una paga di 25 dollari all’ora (21 euro), contro i 16,35 che corrispondono al salario minimo locale: “Il lavoro mi piace perché richiede concentrazione, perché l’alluminio può essere fragile, si può fare un pasticcio se non si presta la giusta attenzione”.
La mancanza cronica di lavoratori da assumere
La strada per rispondere ai bisogni dell’imprenditoria del territorio è ancora lunga. In tutto il Connecticut ci sono 5mila posti di lavoro vacanti nella Manifattura, secondo il Dipartimento del Lavoro. L’80% degli imprenditori che ha partecipato a un recente sondaggio ha fatto sapere che trovare lavoratori con le competenze adeguate è diventato un problema. Un terzo ha affermato come la questione della forza lavoro è il principale ostacolo rispetto a una eventuale espansione. “Anche se il programma è cresciuto rapidamente, non è ancora sufficiente”, ha detto Clifford Thermer, decano di un’altra scuola della zona, quella di Business, Management e Manifattura Avanzata di Goodwin.
Nel XIX secolo la città era stata sede di filiali di grandi aziende come la General Electric o della Westinghouse. E qui, almeno fino alla prima metà del Ventesimo secolo, aveva avuto la propria sede la Bryant Electric, che produceva dozzine di componenti elettriche tra cui gli interruttori push and pull. Non solo, ma c’era stata anche la Bridgeport Brass, che sfornava lampade e orologi, e poi bossoli durante la Seconda Guerra Mondiale. In tutto, la città era arrivata a produrre quasi 500mila armi, conosciute come Thompson Submachine Gun.
Poi la deindustrializzazione degli Anni 70 e 80, con la conseguente migrazione di lavoratori e lo svuotamento di interi stabilimenti. Ci fu anche un’epidemia collegata al consumo di crack, che contribuì a logorare il numero di residenti. Ma proprio gli spazi creati dallo spopolamento cominciarono a suscitare l’interesse delle compagnie manufatturiere, che sono tornate sul posto, anche grazie a incentivi statali, restituendo splendore al settore manufatturiero. E anche riqualificando la zona. Gli stabilimenti moderni sono diversi da quelli del passato e potrebbero definirsi smart: sono più piccoli, più puliti e più specializzati. Che sia questa la via per rilanciare la Manifattura? Negli Usa sembra funzionare.
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