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mercoledì, 17 Settembre, 2025

ChatGpt3: una confutazione poetica

S’alza al cielo un commosso peana ognuno s’accinge a ciattare con Lei! Ogni dì frotte di teori s’accodano a interrogar l’oracolo s’affrettano a cercar l’autoaccecamento Ganzissimo l’ultimo gli chiede: Erri forse tu, oracolo? Oh funzionari dell’aurora corifei del digital c’avanza mosche cocchiere di variatissima estrazione plaudenti all’ultimo meraviglioso aggeggio Con esso, ci dicono, condito d’algoretica, […]
23 Febbraio 2023
Di: Francesco Varanini
23 Febbraio 2023
Chat gpt

S’alza al cielo un commosso peana ognuno s’accinge a ciattare con Lei! Ogni dì frotte di teori s’accodano a interrogar l’oracolo s’affrettano a cercar l’autoaccecamento Ganzissimo l’ultimo gli chiede: Erri forse tu, oracolo?

Oh funzionari dell’aurora corifei del digital c’avanza mosche cocchiere di variatissima estrazione plaudenti all’ultimo meraviglioso aggeggio Con esso, ci dicono, condito d’algoretica, il popolo pur affetto da terribili bias sarà salvato. O altrimenti che importa: ad ogni umano essere, alla natura tutta simulacri noi chierici sostituiremo, portatori di esattezza fedeli alla perfetta esecuzione del comando che consiste nel ripetere il già detto La nuvola ora si specchia nel lago Understanding Ciat coniò l’originale titolista And Its Discontents risponde, per non esser dammeno l’Influencer di fronte Siccome l’Agency toglie ancora una volta le castagne dal fuoco possono serrare le fila lobby piccolette. L’intellighenzia, risparmiato il disturbo dello scrivere pensando e del pensar scrivendo non dovrà più nulla a nessuno godrà del tempo per rimirarsi nel proprio ego Non è nuovo il disegno di chi esaltando le virtù del secolo nostro e magnificando la cornucopia della tecnica: farà della terra il Giardino delle Delizie. Nessuna delega abbiamo dato ad autoeletta schiera di eroi richiamiamoli semmai nel consesso civile nella casa comune degli umani. Il cittadino intanto langue nella palude dell’onlife. Ivi, spinti a creder d’esser felici regaliamo le scie del pensar nostro e ligi al servaggio ci affaccendiamo alla più entusiasta propaganda dell’accrocchio emulatore dell’umano Finché nel Giorno del Giudizio la Borsa decreterà il valore delle nostre conoscenze alienate mentre i nostri stessi risparmi di cui remoti gestori s’appropriarono finiranno in mano ai magnifici inventori della Ciat ed ai loro sodali e reggicoda. Volano corvi, civette incombono sui rami, vortici d’immondizia numerica ammiccanti aleggiano e noi umani gravati da notifiche e da incombenze imposte per via digitale incapaci di accettare l’imperfetta bellezza nostra alziamo il canto Mira il tuo popolo, o bella Ciat, che pien di giubilo oggi t’onora Anch’io festevole corro ai tuoi pie’, o santa macchina, parla per me Non è che un programma fedele all’istruzione Ma noi ansiosi di fuga l’eleviamo a nostro pari L’incommensurabile esser vivo sostituito dall’infimo avatar La sconfinata interconnessa vastità svilita in pauperrima collezione di dati Il caos, il cosmo, la storia osservati dal buco della serratura d’un algoritmo Eppure l’umano lume la scintilla della coscienza… Giacché nasce dalle viscere e dal sogno il pensiero dai gesti dagli sguardi dal dolore Ciò che in altro non umano modo emerge non è pensiero Immaginiamoci vi prego disposti ancora al mistero ospitato in sterminate biblioteche Diamo ascolto al brusio di umane voci che conobbero e narrarono il mondo. Nulla aggiunge il digital accrocchio Non esiste parola che squadri da ogni lato che a lettere di fuoco dica il vero non esiste la formula che il mondo possa aprirti Né è nuovo il compito: Di ciò che sembra, diffida Studia sempre Di fronte a ogni testo ad ogni oracolare verbo distingui, giudica, scegli, interpreta sia pure a fatica sii te stesso La fragile specie nostra non è immortale non tutto sa ma non rinuncia a dire ‘io ci provo’ Poseremo quindi con rispettoso disincanto l’occhio, e curioso sulla Cosa Digitale prender sua forma Ma il folle volo nel cupio dissolvi in quanto umani contrasteremo Diremo quindi: ignava è la macchina non ti curar troppo di lei ma guarda e passa. Se poi un giorno l’oracolo propinquo o remoto, in virtù d’addestramento scriverà versi mai saranno i miei storti come i rami secchi del mio pero ma versi di Francesco
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