Salari, fare i conti senza il welfare
In un panorama economico segnato da un alto costo della vita, il divario tra le aspettative dei lavoratori italiani e le reali offerte salariali sembra amplificarsi. Al tempo stesso, però, le risorse provenienti dai pacchetti welfare e dai benefit aziendali non sono incluse nel conteggio che le persone fanno privatamente, il che cambierebbe considerevolmente la […]

In un panorama economico segnato da un alto costo della vita, il divario tra le aspettative dei lavoratori italiani e le reali offerte salariali sembra amplificarsi. Al tempo stesso, però, le risorse provenienti dai pacchetti welfare e dai benefit aziendali non sono incluse nel conteggio che le persone fanno privatamente, il che cambierebbe considerevolmente la percezione dei lavoratori. A confermare questa criticità è il Report sulla Retribuzione 2024 di Coverflex, presentato il 19/11 a Milano dalla start up HR specializzata in retribuzione flessibile, che traccia un quadro caratterizzato da diffusa insoddisfazione all’interno delle aziende: il 74% dei lavoratori coinvolti nel report (giunto alla seconda edizione), ritiene che il proprio pacchetto retributivo sia inadeguato rispetto alle proprie esigenze o poco competitivo se confrontato con le aziende competitor. Questo malcontento è alimentato sia dalla persistente stagnazione salariale, con il 60% degli intervistati che afferma di non aver visto alcun miglioramento nella propria retribuzione negli ultimi due anni, sia da una sbagliata percezione del welfare e dei benefit disponibili in azienda. In altre parole, le aziende investono risorse senza che lo sforzo venga percepito, e quindi valorizzato.
La situazione è ancor più preoccupante se si considera che la soddisfazione complessiva dei lavoratori rispetto alla propria retribuzione si attesta su una media di 5,7 su 10, confermando un forte disincanto. Non solo i salari, ma anche la trasparenza nelle politiche retributive sembra essere un tema cruciale. Il 60% dei rispondenti denuncia l’assenza di chiarezza nei criteri che determinano aumenti e promozioni, mentre il 33% lamenta una carenza di attenzione da parte del management nei confronti delle necessità e aspettative dei dipendenti. “Questo scenario di incertezza e scarsa comunicazione crea un clima di sfiducia tra i lavoratori e i vertici aziendali, alimentando un senso di disconnessione che mina la relazione tra dipendenti e datori di lavoro”, riflette Mara Tonta, Marketing Manager di Coverflex.
Welfare e flessibilità: strumenti da valorizzare
Il welfare , quindi, emerge come una delle risorse su cui le aziende possono investire maggiormente per aumentare la soddisfazione dei propri collaboratori, a patto che si lavori su piano culturale. Su questo fronte, la strada imboccata sembra quella corretta: il 63% dei rispondenti, a oggi, considera il welfare un supporto tangibile alle spese quotidiane, mentre il 61% lo vede come un’utile forma di sostegno al reddito. Nonostante ciò, emerge ancora una volta la preoccupante disconnessione tra ciò che le aziende offrono e ciò che i lavoratori desiderano . Il 37% degli intervistati indica il disinteresse delle aziende come un ostacolo per il miglioramento dei pacchetti welfare, mentre il 29% lamenta la scarsa conoscenza dei servizi disponibili e delle modalità di fruizione. Questa disinformazione potrebbe derivare da una comunicazione interna insufficiente, che impedisce ai dipendenti di accedere pienamente ai benefici offerti dalle loro aziende. Oltre al welfare, emerge un altro tema cruciale: la flessibilità lavorativa. Nonostante il 76% dei lavoratori affermi che lo Smart working migliora la qualità della vita e aumenta la produttività, l’82% di questi continua a lavorare seguendo il modello tradizionale di presenza in ufficio. Questo evidenzia un divario tra le preferenze dei dipendenti e le realtà organizzative, evidenziando una sensibile differenza di approccio al tema e, di riflesso, una mancata soddisfazione dei desideri di flessibilità dei collaboratori. In particolare, chi lavora con modelli organizzativi flessibili risulta molto più soddisfatto delle proprie condizioni (49%), rispetto al 25% di chi lavora interamente in presenza. Questo dato sottolinea l’importanza di permettere ai dipendenti di gestire in autonomia il proprio tempo e spazio lavorativo, per migliorarne il benessere e la produttività complessiva. “Riteniamo che in futuro le aziende dovranno investire in relazioni più dirette e trasparenti con i dipendenti, valorizzandoli come individui. Questo approccio colmerà il divario di fiducia, creando ambienti lavorativi che promuovono sia la produttività che la qualità della vita, conclude la Marketing Manager di Coverflex.Categoria: Risorse Umane, Welfare aziendale

Addio a Giorgio Armani, Re della moda
È morto oggi, a 91 anni, Giorgio Armani, figura di riferimento nel mondo dell’alta moda e padre dell’omonima maison, fondata esattamente 50…

Turani, l’ex Direttore Editoriale della ESTE nel Famedio di Milano
È stato Vicepresidente e Direttore Editoriale della casa editrice ESTE (l’editore anche del nostro quotidiano). E ora è stato inserito nel…

ESTE+, la nuova dimensione della crescita professionale
Oltre 60 anni di esperienza nella produzione di contenuti di cultura d’impresa al servizio di imprenditori e manager. Dalla fine degli Anni…

App ESTE, un grande successo di pubblico
In pochi mesi dal lancio di aprile 2023, l’App ESTE ha già raggiunto numeri notevoli: 41mila schermate visualizzate, circa 700 download e 2mila…