Alla larga dai profili troppo qualificati
Più i lavoratori fanno carriera e più si riducono le opportunità di trovare alternative occupazionali. Man mano che un professionista si specializza e matura competenze, cambiare rotta e sperimentarsi in nuovi contesti aziendali diventa particolarmente complesso. A tracciare questo quadro è un articolo pubblicato sul sito della Bbc: secondo l’emittente britannica, sempre più spesso, le […]

Più i lavoratori fanno carriera e più si riducono le opportunità di trovare alternative occupazionali. Man mano che un professionista si specializza e matura competenze, cambiare rotta e sperimentarsi in nuovi contesti aziendali diventa particolarmente complesso. A tracciare questo quadro è un articolo pubblicato sul sito della Bbc: secondo l’emittente britannica, sempre più spesso, le aziende rifiutano i candidati sulla base di un eccesso di capacità, anche in un mercato del lavoro dove è sempre più difficile trovare le competenze di cui si ha bisogno. Quello che si verifica è una sorta di modello a piramide dove più si cresce con l’esperienza e più diminuiscono le opzioni per reinventarsi professionalmente.
Tra i fattori che possono influire su questo trend c’è la scelta di alcune persone di fare un passo indietro accettando ruoli di livello più basso e salari inferiori. Questo comportamento può essere dettato da normali circostanze personali, come il rientro sul mercato del lavoro dopo un periodo di pausa o un trasferimento in un’altra città. Tuttavia queste situazioni, che i lavoratori considerano ‘motivazioni valide’, sono rischiose: puntare su posizioni non all’altezza delle esperienze maturate, secondo i recruiter, potrebbe, nel lungo termine, portare ad avere nell’organizzazione un lavoratore insoddisfatto e demotivato che influirebbe in modo negativo su tutta la produttività dell’azienda.
Investire risorse su lavoratori che potrebbero poi andarsene
Un altro elemento che scoraggia le imprese a puntare su dipendenti senior è, inoltre, il tempo richiesto per renderli realmente operativi. Quando un professionista entra in azienda, anche se altamente qualificato, deve comunque comprenderne la cultura, i processi e le tecnologie, prima di essere pienamente produttivo e questo percorso potrebbe richiedere da sei mesi a un anno. Ciò, aggiunto all’insoddisfazione per mansioni non stimolanti, potrebbe portare alle dimissioni nel breve periodo della risorsa. In altre parole l’azienda avrebbe sprecato tempo e investimenti per qualcuno che poi l’abbandona. In generale, quindi, ben si comprende come le imprese siano più focalizzate sul mantenimento del personale esistente, mentre siano molto meno propense a sobbarcarsi le eventuali criticità di una new entry, anche se altamente competente. In un mercato del lavoro come quello attuale introdurre qualcuno di nuovo è considerato come un’attività che non vale la pena affrontare. Per questo quando lavoratori molto qualificati si candidano per posizioni in nuove organizzazioni non è così difficile che siano scartati.
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