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giovedì, 18 Settembre, 2025

Cara azienda, le faremo sapere…

La ripresa dalla pandemia di Covid-19 vede il mercato del lavoro vivere una fase di grande fermento. Il modo di lavorare, ormai lo sappiamo, è diventato più flessibile; le offerte da parte delle aziende sono in crescita e molte persone hanno deciso di lasciare il proprio posto di lavoro, facendo registrare un fenomeno di dimissioni […]
26 Aprile 2022
Di: Martina Midolo
26 Aprile 2022
Recruiting
La ripresa dalla pandemia di Covid-19 vede il mercato del lavoro vivere una fase di grande fermento. Il modo di lavorare, ormai lo sappiamo, è diventato più flessibile; le offerte da parte delle aziende sono in crescita e molte persone hanno deciso di lasciare il proprio posto di lavoro, facendo registrare un fenomeno di dimissioni di massa.  Ma in questo dinamismo, assumere personale, per le aziende, sta diventando sempre più difficile: la domanda aumenta e si restringe il bacino della forza lavoro (al di là delle grandi dimissioni, più legate a un tema di mobilità; una grande fetta di persone è uscita dal mercato perché insoddisfatta dallo stipendio, dai ritmi frenetici o dai pochi servizi welfare che veniva loro garantita). Inoltre, dai dati riportati dal portale per offerte e ricerche di lavoro Indeed, è emerso che si è ridotto il numero di candidature inviate, ma non perché le persone hanno smesso di cercare lavoro, piuttosto perché la maggior parte del tempo è impiegato per fare ricerche sulle aziende. Si è quindi ribaltato il paradigma: oggi sono le organizzazioni a dover convincere i candidati ad accettare il lavoro. Ma a quale costo? Pur di rispondere alle esigenze contingenti del mercato, le aziende non rischiano di perdere il focus sui loro valori fondativi? 

Le persone sono più interessate alle aziende che al lavoro 

La questione di fondo è che il mercato del lavoro non è più composto da persone che accettano ogni tipologia di offerta: spesso si finisce per dire – un po’ troppo frettolosamente – che ci sono solo candidati che non vogliono lavorare o che vogliono lavorare solo in determinate condizioni. D’altra parte, c’è anche la maggiore richiesta da parte delle aziende, che conduce quindi le persone a scegliere con più attenzione le organizzazioni cui prestare la propria opera.  Rispetto al 2019, infatti, il rapporto tra offerte di lavoro e tasso di disoccupazione in Italia è aumentato del 73% (dato registrato al quarto trimestre del 2021). Secondo l’analisi delle offerte di lavoro pubblicate su Indeed, i mercati europei hanno registrato un marcato incremento delle opportunità di lavoro da inizio 2020. Per quanto riguarda l’Italia, da maggio 2021 si è assistito a una crescita costante, con un picco di incremento del 58% a marzo 2022. Traducendo queste percentuali, significa che ogni 100 opportunità lavorative pre-pandemia, oggi ne esistono addirittura 158.  Contemporaneamente, sempre rispetto al 2019, sono diminuite le persone della fascia di età 20-64 anni che lavorano o che sono in cerca di occupazione. Nel nostro Paese il calo è stato più marcato rispetto al resto d’Europa e il divario non è ancora stato colmato. Inoltre, il fenomeno delle grandi dimissioni italiano – versione nostrana della Great resignation nata negli Usa – ha interessato soprattutto la fascia 26-35 anni e quella 36-45: giovani, che vorranno reinserirsi nel mercato, ma alle ‘giuste’ condizioni. Ne è convinto Gianluca Bonacchi, Recruitment Insight Expert di Indeed: “Con l’aumento dell’inflazione è probabile che una buona fetta di queste persone decida di rientrare nel mondo del lavoro, spinta dalla necessità di far fronte ai costi crescenti”. Le imprese, perciò, devono essere pronte a farsi notare per attrarre questi ‘professionisti di ritorno’. 

Fare leva sui servizi di welfare aziendale e di benessere 

Per capire come è destinato a evolvere il mondo del recruiting, Indeed ha sviluppato alcune analisi, da cui è emerso che il 2022 è un anno molto competitivo, caratterizzato da un mercato poco ‘bilanciato’. Da un lato ci sono molte aziende che faticano a trovare risorse e dall’altro tante persone che non trovano lavoro. In che modo, quindi, le imprese possono conquistare l’attenzione di chi cerca un impiego?  Secondo Bonacchi, a giocare un ruolo centrale è lo stipendio. Ma non basta la retribuzione. “Puntare sulla trasparenza e raccontare i valori e la vita aziendale può fare la differenza”, è la tesi del manager. È importante, però, che questa narrazione sia sempre aggiornata e sia soprattutto testimone delle reali opportunità, dei benefit e dei termini di crescita che l’organizzazione può offrire.  “Altrettanto importante è diversificare; grazie alla digitalizzazione e al lavoro da remoto è possibile attrarre talenti anche da aree geografiche meno competitive o marginalizzate. Occorre pensare a programmi di diversità e inclusione, che possano effettivamente rendere l’azienda quella giusta per le persone”, è la tesi di Bonacchi.  Dunque, per ‘conquistare l’attenzione’ dei candidati le aziende devono anche puntare sui servizi di welfare offerti alle proprie persone. Accogliere le esigenze del mercato del lavoro potrebbe significare, quindi, coinvolgere maggiormente gli HR e il Marketing, oltre che investire più fondi ed energie per incrementare i servizi in ambito benessere. Ma fino a che punto le aziende vogliono ‘scendere a compromessi’ per attrarre le persone? La questione è aperta. 
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