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Gialli per la pandemia, neri per il lavoro femminile

Si allentano le misure restrittive, torniamo in giallo, ma l’emergenza che riguarda il lavoro femminile ha un solo colore: il nero. Mentre assistiamo alla crisi di Governo della classe politica più irresponsabile di sempre e che getta delle ombre fosche sul significato delle parole – “responsabilità” sta diventando un sostantivo ambiguo vista la scarsa propensione a farsi carico di una minima dose di affidabilità; non parliamo poi di positività, nulla di peggio può affacciarsi all’orizzonte – ci piombano addosso i numeri della crisi.

Mentre nei palazzi si lotta alla spartizione delle cariche – evito il termine “poltrone”, la sua accezione è negativa da sempre – arriva puntuale l’Istat a riportarci alla realtà: il 2020 si è chiuso con un bilancio di 444mila posti di lavoro persi. Nel dicembre 2020 si registra una perdita di 101mila posizioni lavorative di cui 99mila sono di donne. La pandemia colpisce le donne e l’occupazione femminile nel nostro Paese si attesta al 48,5% contro la media dell’Unione europea del 60%. I dati allarmano e lasciano presagire crisi sociali che saranno inevitabili: si può uscire di casa, ma per andare dove se il comparto dei servizi, che rappresenta un bacino fondamentale di occupazione femminile, è in una crisi profondissima?

Il mercato del lavoro femminile è in difficoltà e rischia di peggiorare quando scadrà il divieto a licenziare (al momento il termine è il 31 marzo 2021): nel frattempo molti settori sono entrati in crisi e tante aziende non riapriranno. È urgente mettere mano ai contenuti del nostro Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr) e assicurarsi la ‘valutazione di impatto di genere’: si è impegnato per questo anche il nostro Commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni partecipando al lancio del manifesto Idee per una ripartenza alla pari, organizzato da Half of it, che ha l’obiettivo di puntare l’attenzione sui temi strategici che il nostro Piano deve affrontare.

Rinforzare l’infrastruttura sociale del Paese

Riceveremo dall’Europa una dotazione di fondi superiore agli Paesi europei non perché siamo più meritevoli, ma al contrario perché abbiamo debolezze strutturali alle quali far fronte. È urgente irrobustire la nostra infrastruttura sociale e per questo non bastano progetti, serve una visione per sostenere il lavoro di cura: che sia di figli piccoli o di genitori anziani l’occupazione femminile resterà sempre al palo se non si incentiveranno sistemi di welfare di prossimità, se non si incrementeranno le risorse sui nidi; il manifesto stima che servano 7 miliardi per ottenere il 60% della copertura (l’attuale piano ne prevede appena 3,6…).

È necessario spostare l’attenzione al potenziamento delle infrastrutture sociali perché irrobustirle significa far crescere il Paese. Bisogna uscire dalla logica del sostegno alle donne che non vanno trattate come un soggetto svantaggiato: le donne sono la metà del Paese, non si stanca di ripetere la Direttrice Centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini che è anche Chair di Women20.

Il momento è delicato e dobbiamo riconoscere che anche le tante risorse destinate a digitalizzazione e transizione ecologica rischiano di creare ulteriori discriminazioni visto che la percentuale di occupati in questi settori è prevalentemente maschile, con il paradosso che proprio nei settori più innovativi non si riescano a sradicare antiche discriminazioni.

Cosa fare? Lavorare con maggiore determinazione alla fiscalità di genere. La risposta è la Gender tax, una terapia d’urto di cui si parla da tanti anni, ma che non diventa mai realtà. Come mai? È il tema della puntata di venerdì 5 febbraio 2021 di PdM talk, il talk show del quotidiano Parole di Management: tra gli ospiti ci sono Andrea Ichino, sostenitore della proposta, e l’imprenditrice Stefania Brancaccio e Mariella Amoretti. Perché abbiamo bisogno di idee, ma soprattutto della volontà di metterle in pratica.

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Chiara Lupi

Articolo a cura di

Chiara Lupi ha collaborato per un decennio con quotidiani e testate focalizzati sull’innovazione tecnologica e il governo digitale. Nel 2006 ha partecipato all’acquisizione della ESTE, casa editrice storica specializzata in edizioni dedicate all’organizzazione aziendale, che pubblica le riviste Sistemi&Impresa, Sviluppo&Organizzazione e Persone&Conoscenze. Dirige la rivista Sistemi&Impresa e governa i contenuti del progetto multicanale FabbricaFuturo sin dalla sua nascita nel 2012. Si occupa anche di lavoro femminile e la sua rubrica "Dirigenti disperate" pubblicata su Persone&Conoscenze ha ispirato diverse pubblicazioni sul tema e un blog, dirigentidisperate.it. Nel 2013 insieme con Gianfranco Rebora e Renato Boniardi ha pubblicato il libro Leadership e organizzazione. Riflessioni tratte dalle esperienze di ‘altri’ manager. Nel 2019 ha curato i contenuti del Manuale di Sistemi&Impresa Il futuro della fabbrica.

Chiara Lupi


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