Il futuro del lavoro non è un algoritmo
Cresce l’impopolarità del lavoro. Se ne parla perché non ce n’è abbastanza, o perché ce n’è troppo; perché arricchisce pochi, o perché logora molti. Ma raramente ci si interroga su cosa significhi, davvero, lavorare bene. Quando si discute di qualità del lavoro, si è soliti fermarsi quasi sempre al tema della conciliazione tra vita privata e aziendale – come se bastasse bilanciare gli orari per restituire dignità all’impegno quotidiano. Giovanni Costa, Professore emerito di Organizzazione Aziendale e di Strategia d’Impresa all’Università di Padova, nel suo nuovo libro Provate voi a lavorare. Il lavoro nell’era dell’AI (Post Editori, 2025), invita invece a uno sguardo più profondo: la qualità non è un privilegio concesso da un datore illuminato, ma una costruzione collettiva che nasce dal dialogo tra persone, manager e imprenditori.
In un tempo in cui il lavoro ha perso la sua gravosità materiale e si prepara a perdere molte delle sue funzioni ripetitive, si apre lo spazio per riscoprirne la dimensione più creativa e propositiva. Ma serve coraggio. Soprattutto per andare oltre gli slogan, come smart working, diversity & inclusion, digitalizzazione, solo per citare alcuni segnalati da Costa – e affrontare la sostanza del lavoro: le relazioni, le competenze, il senso condiviso di ciò che si fa.
Nei primi capitoli, Costa esplora proprio questa sostanza: la qualità del lavoro e delle interazioni che lo animano, la connessione lungo la filiera, il ruolo dei leader e il valore reale della retribuzione, letta come forma di riconoscimento e partecipazione. Poi il discorso si apre alle prospettive dell’Intelligenza Artificiale (AI), che promette di trasformare il lavoro in modo radicale. In questo scenario, la vera sfida non è adattarsi alla tecnologia, ma imparare a domandarsi quali condizioni rendano ancora possibile un lavoro che resti umano.
I giovani devono riscoprire la potenza delle idee
La tecnologia non ha morale né direzione: siamo noi a decidere se usarla per emanciparci o per controllarci. Costa mette in guardia da due visioni opposte e ingannevoli: quella catastrofista, che teme la fine del lavoro umano, e quella tecno-ottimista, che sogna un futuro interamente automatizzato. La verità è che l’AI sottrae, ma non per cancellare l’umano, ma per liberare tempo e spazio per restituirgli il suo tratto più distintivo, cioè il giudizio, la creatività, la capacità di discernere.
È qui che il discorso si intreccia con le nuove generazioni. Costa si rivolge ai giovani con un monito chiaro: un curriculum racconta il passato, ma sono le idee a rappresentare il futuro. E oggi, nell’era dell’AI, le idee stesse diventano la vera forma di capitale, ciò che distingue l’apporto umano da quello delle macchine. Eppure, mentre la richiesta di innovazione cresce, le aziende si trovano ad affrontare un turnover crescente e una difficoltà crescente nel trattenere i talenti: chi entra, spesso, riparte, chi resta fatica a trovare motivazione. Non è solo un problema di numeri, ma di senso. Se il lavoro non offre prospettiva, non trattiene. E quando la fuga dei giovani incontra l’inerzia organizzativa, l’impresa rischia di perdere la propria linfa vitale.
Provate voi a lavorare è dunque un libro sulla responsabilità e sul coraggio di restare umani nel cambiamento. Costa non propone soluzioni facili, ma una direzione: comprendere, metabolizzare e usare la tecnologia con intelligenza umana. Perché, se il lavoro è destinato a cambiare, solo la nostra consapevolezza potrà decidere se resterà – o no – un luogo di libertà.
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