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giovedì, 18 Settembre, 2025

Perché la Chiesa si interessa di Intelligenza Artificiale?

Dopo la Rome Call for AI Ethics, il Vaticano torna a ospitare un evento sull’AI. Food for all, ovvero cibo per tutti. Un titolo che è già una definizione, forse la più sintetica e insieme la più evocativa, di ciò che oggi non solo può creare, ma che rappresenta in sé l’Intelligenza Artificiale. AI, Food […]
23 Settembre 2020
Di: Giorgia Pacino
23 Settembre 2020
Dopo la Rome Call for AI Ethics, il Vaticano torna a ospitare un evento sull’AI. Food for all, ovvero cibo per tutti. Un titolo che è già una definizione, forse la più sintetica e insieme la più evocativa, di ciò che oggi non solo può creare, ma che rappresenta in sé l’Intelligenza Artificiale. AI, Food for All è il titolo della conferenza organizzata dalla Pontificia Accademia per la Vita e dall’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) il 24 settembre 2020 nella Città del Vaticano. Dopo la Rome Call for AI Ethics, siglata il 28 febbraio 2020 nell’Aula nuova del Sinodo da Microsoft, IBM, Fao e Governo italiano, la Chiesa torna a occuparsi di Intelligenza Artificiale. “Cibo per tutti”, non solo perché l’incontro è focalizzato in quest’occasione sulla ricerca di un approccio etico alla soluzione dei problemi di nutrizione e sicurezza alimentare nel mondo dell’agri-food, ma anche perché l’AI si conferma pane per i denti di molti. Alimento di discussioni a cui tutti devono essere chiamati a partecipare. Che i big della tecnologia siano interessati all’AI è chiaro. Ma cosa c’entra la Chiesa e perché è interessata all’AI? “Perché è interessata alle donne e agli uomini, ai piccoli e ai vecchi che abitano il Pianeta”, spiega Don Andrea Ciucci, Segretario Coordinatore della Pontifica Accademia per la Vita. “E poiché l’AI sta cambiando in modo significativo, pervasivo e veloce la nostra vita, talvolta senza coscienza da parte di alcuni, ma anche offrendo servizi incredibili che fino a qualche tempo fa non potevamo neppure immaginare, ecco che ci interessiamo di AI. Lo facciamo con sguardo positivo e sempre attento a che la tecnologia sia al servizio dei più vulnerabili”.

Il bisogno di un’etica by design

La questione, insomma, non può essere lasciata soltanto in mano a tecnici e ingegneri. La chiamata per un nuovo umanesimo digitale, lanciata all’inizio del 2020, andava proprio in questa direzione, provando a coinvolgere istituzioni e aziende private nell’individuazione di principi comuni per dare rappresentanza alla sensibilità morale della collettività. Non solo ex post, nella fase di utilizzo delle tecnologie intelligenti, ma ex ante, a partire cioè dalla loro ideazione e progettazione. “Si avverte la necessità di un’etica by design, che non arrivi a regolamentare un prodotto finito, ma entri già nella progettazione”, puntualizza Ciucci. “Se vogliamo che le tecnologie funzionino davvero per il bene, dobbiamo pensarle già così. Il modo con cui sono fatte e pensate è importante, perché, anche se prese in mano da un’intenzionalità buona, c’è sempre il rischio che questa bontà non si realizzi. Dev’essere chiaro sin dall’inizio dove si vuole arrivare: è nella costruzione degli algoritmi e nel modo in cui gestiamo i dati che iniziamo già a proteggere le persone, sia come fonti dei dati sia come destinatarie di decisioni che non sarà l’uomo, ma un sofisticato algoritmo a prendere”. L’etica, dunque, entra in gioco come tentativo di non fermarsi a una dichiarazione di principi. In concreto quali scelte dobbiamo operare quando sviluppiamo un’AI? Dentro quali contesti ci muoviamo? Con quali intenzionalità? “Dobbiamo cercare la costruzione della giustizia e del bene nella concretezza delle scelte che ogni giorno siamo chiamati a prendere, affinché non resti un semplice appello di bontà”. Non basta, quindi, affidarsi alla sensibilità morale di chi studia gli algoritmi. C’è bisogno di mettere insieme saperi diversi e chiamare tutti al confronto perché ci sia davvero la possibilità di creare qualcosa che sia posta al servizio della giustizia e di chi è più piccolo e più povero nel mondo. “Ogni aspetto della vita umana richiede interdisciplinarietà e corresponsabilità, viviamo in una trama di saperi e responsabilità”, continua il segretario della Pontificia Accademia per la Vita. “Il servizio che abbiamo cercato di rendere come Chiesa cattolica non è stato quello di arrogarci il diritto di dire cosa è giusto e cosa sbagliato, ma abbiamo fatto una call per chiamare tutti a riflettere e a costruire insieme pratiche, decisioni, consensi per far sì che sia cercata e perseguita da tutti la giustizia anche nella creazione di AI”.

La tecnologia al servizio dell’uomo

È il concetto di ‘algoretica’ teorizzato da papa Francesco, una disciplina nuova che vorrebbe rendere le macchine capaci di computare principi tipicamente umani. Se l’AI, nella definizione data dal Pontefice, è “un dono di Dio” e “una risorsa che può portare frutti”, occorre metterla al servizio dei bisogni dell’uomo. A cominciare dal bisogno primigenio: quello di nutrirsi. L’agrifood negli ultimi anni ha lavorato tantissimo sulle nuove tecnologie nel tentativo di rendere più efficaci la produzione e la distribuzione dei beni alimentari, ma in un settore così decisivo per la vita umana anche il più piccolo intoppo nella catena può portare a un’impennata dei casi di denutrizione o a un aumento del rischio di carestia. Cosa significa, allora, per il mondo dell’agroalimentare accogliere i principi etici della Rome Call? L’evento punta a riprendere e rilanciare la firma della Call for AI Ethics, ma anche a mettere in mostra soluzioni concrete al business agroalimentare grazie a un uso etico dell’AI, aprendosi a nuovi partner internazionali e indicando il percorso post Covid-19. “Non si tratta di dare una rinfrescata moderna al messaggio evangelico, che impone ai cristiani di vivere qualunque stagione dell’esistenza con intensità e passione e cercando la giustizia”, ricorda Don Ciucci. “In questo tempo ipertecnologico ci è chiesto di vivere in maniera autentica e umana con questi strumenti e con questo dinamismo. In una realtà in cui noi produciamo le tecnologie e queste poi plasmano l’umano, credo che sia importante ridare forza a questa idea: l’impresa è per l’uomo, il business è per l’uomo, e non viceversa. E lo è anche la tecnologia”.
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