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mercoledì, 17 Settembre, 2025

Con il payroll in outsourcing, l’HR torna a pensare alle persone

La pandemia ha inciso in modo significativo sulle operazioni amministrative della funzione HR, a tal punto da far emergere nuove necessità che conducono a cambiamenti di gestione. Effettivamente, l’emergenza sanitaria non solo ha cambiato il modo di vivere, di relazionarsi e di lavorare, ma in molte aziende ha imposto anche una revisione dei modelli di […]
3 Marzo 2022
Di: Federica Biffi
3 Marzo 2022
Payroll
La pandemia ha inciso in modo significativo sulle operazioni amministrative della funzione HR, a tal punto da far emergere nuove necessità che conducono a cambiamenti di gestione. Effettivamente, l’emergenza sanitaria non solo ha cambiato il modo di vivere, di relazionarsi e di lavorare, ma in molte aziende ha imposto anche una revisione dei modelli di business. Di conseguenza, le richieste nei confronti della funzione HR sono cresciute, così come il relativo carico amministrativo. In questo scenario, l’outsourcing – l’esternalizzazione e l’affidamento ad altre imprese di alcune mansioni – sembra essere una pratica favorevole alle Risorse Umane, perché permette di ridurre il carico di lavoro relativo al payroll e concentrarsi su attività a valore aggiunto, come quelle che riguardano l’attenzione per le persone. Secondo un’analisi a livello europeo di ADP, azienda che offre soluzioni software per il payroll e i servizi HR, il costo medio annuo della gestione delle risorse umane in Italia nel 2020 è stato di 420 euro per ogni dipendente (527, se si includono i costi nascosti). Inoltre, dallo studio emerge che i team HR nelle aziende di medie dimensioni dedicano il 45% del loro tempo ad attività amministrative ripetitive, come il payroll (18%), l’amministrazione HR (14%) o la gestione delle assenze (13%). Questo si traduce in una difficoltà ad adempiere al proprio ruolo di gestione strategica, a investire nel lato più umano dei propri incarichi e a raggiungere i propri obiettivi principali; tra questi, lo sviluppo e l’implementazione di strategie, il miglioramento della produttività dei dipendenti, l’attuazione di programmi e politiche a sostegno delle persone. Per questo, l’outsourcing è una pratica da considerare perché permette di snellire e ottimizzare le procedure dell’HR, con un impatto positivo anche sui costi. “L’esternalizzazione delle attività di gestione dei costi, oltre a ridurre il carico di lavoro della funzione HR, limita anche la necessità di investimenti, per esempio per l’acquisto di licenze software, per l’installazione e l’aggiornamento di programmi di gestione delle paghe e delle risorse umane man mano che diventano obsoleti”, spiega Virginia Magliulo, Presidente Employer Services International di ADP. Grazie all’esternalizzazione di queste attività, le spese di amministrazione passano da un costo fisso generato dalla struttura interna a uno variabile legato all’erogazione del servizio che cambia a seconda del numero di dipendenti della singola azienda e della sua struttura. “La funzione di amministrazione delle Risorse Umane si può adattare alle diverse fasi che vive un’azienda, sia di crescita sia di crisi; in questo modo, non si disperde denaro qualora si dovessero gestire situazioni differenti e subire cambiamenti anche a livello dimensionale”, è la tesi di Magliulo.

Esternalizzare per trovare soluzioni: il problema dei costi nascosti

Tra le altre cose, per le aziende, nel contesto attuale, è essenziale valutare nel modo più accurato possibile il costo operativo totale dell’amministrazione delle Risorse Umane e delle retribuzioni; così come è necessario essere in grado di includere i costi nascosti che non appaiono nel sistema contabile. “In questo modo, sarà possibile analizzare gli importi reali della gestione delle paghe, del tempo e delle attività connessi, dell’amministrazione dei dati e dei suoi processi”, continua la manager di ADP. Attraverso l’identificazione di costi visibili e nascosti, si evidenziano le opportunità per ridurre queste spese, si identificano le aree più produttive e si stabilisce un legame esplicito tra le attività HR e i risultati operativi. Per fare ciò, però, è necessario rivolgersi a esperti esterni che possano fornire soluzioni adeguate. In questa direzione, una metodologia di analisi che può rivelarsi utile è quella denominata “Total cost of ownership” (Tco), che monitora, appunto, l’ammontare delle spese e la produttività delle aziende; ha un’influenza significativa sulle decisioni di acquisto, supportando le trattative e tenendo in considerazione i punti di visita di clienti e fornitori. Si tratta quindi di uno strumento che permette alle aziende di compiere scelte sulla base di valutazione più approfondite rispetto alla semplice considerazione del prezzo. Il Tco di ogni azienda è unico, poiché si basa su una serie di fattori diversi: include il totale salariale e le tariffe del payroll, le dimensioni e la situazione dell’azienda stessa oltre che il diritto del lavoro del Paese in questione, compresi i contratti di lavoro applicati in quella particolare organizzazione. “Abbiamo utilizzato questa metodologia di analisi per indagare costi e produttività dei dipartimenti che si occupano dell’amministrazione delle Risorse Umane e delle retribuzioni in 403 aziende di sei Paesi europei: Spagna, Germania, Francia, Inghilterra, Italia e Paesi Bassi. Dallo studio emerge che i team HR delle aziende di medie dimensioni dedicano quasi la metà del tempo ad attività amministrative di routine che non consente loro di dedicarsi ad attività strategiche”, racconta Magliulo. I vantaggi principali legati all’outsourcing si riscontrano, dunque, in un miglioramento dell’efficienza dei servizi, nella minimizzazione dei costi aziendali e nel risparmio di tempo che permette alla funzione HR di focalizzarsi su incarichi legati al benessere e alla produttività delle persone.
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