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giovedì, 18 Settembre, 2025

Le donne pagano il conto della pandemia

I numeri sono impietosi, e non solo in Italia. Nel nostro Paese l’Istat ha certificato che sui 101mila posti di lavoro persi a dicembre 2020, 99mila erano occupati da donne. Se per gli uomini la stabilità dell’occupazione si associa al calo dell’inattività (-0,1 punti), il tasso di occupazione delle donne a dicembre è calato di […]
6 Febbraio 2021
Di: Giorgia Pacino
6 Febbraio 2021
I numeri sono impietosi, e non solo in Italia. Nel nostro Paese l’Istat ha certificato che sui 101mila posti di lavoro persi a dicembre 2020, 99mila erano occupati da donne. Se per gli uomini la stabilità dell’occupazione si associa al calo dell’inattività (-0,1 punti), il tasso di occupazione delle donne a dicembre è calato di 0,5 punti ed è aumentato anche il numero di quante hanno rinunciato a cercare un impiego, andando a ingrossare le file delle inattive (+0,4 punti). I settori più colpiti dalla pandemia, del resto, sono quelli a più alta partecipazione femminile: servizi, ristorazione, strutture ricettive, negozi. Ma se la situazione in Italia è drammatica, non va meglio nel resto del mondo. Per esempio negli Stati Uniti i numeri raccontano un crollo dell’occupazione tutto al femminile: nello stesso mese di dicembre 2020 le aziende Usa hanno tagliato 140mila posti di lavoro, segnalando che l’appena avviata ripresa economica sta già facendo marcia indietro. Ebbene, un’analisi più approfondita dei dati rivela un macroscopico gender gap: le donne rappresentavano la totalità dei posti persi, dal momento che 156mila di loro hanno perso il lavoro mentre 16mila uomini trovavano un nuovo impiego. Al netto di posti persi e guadagnati, il saldo negativo è tutto a carico delle donne. Negli Stati Uniti le donne hanno chiuso il 2020 con 5,4 milioni di posti di lavoro in meno rispetto a febbraio, prima che iniziasse la pandemia. Nello stesso periodo gli uomini ne hanno persi 4,4 milioni. Il 2020 in realtà era iniziato bene, pressoché su un piano di parità: le donne detenevano il 50% dei posti, ma hanno finito per conservarne 860mila in meno dei colleghi uomini. Il divario è in larga parte dovuto al crollo occupazionale in tre settori: Istruzione, Accoglienza e Retail. “Questi settori sono anche quelli dotati di minore flessibilità: quando il datore di lavoro è inflessibile o la donna non può presentarsi al lavoro perché trattenuta da responsabilità di cura nei confronti dei figli o dei genitori anziani, la conseguenza è l’uscita dal mercato del lavoro”, ha detto Nicole Mason, Presidente e CEO dell’Institute for Women’s Policy Research. Fonte: CNN
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