Il latino e il greco ci insegnano l’AI

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale (AI) nel mondo organizzativo, al di là dei naturali dubbi e incertezze, sta avendo il merito di farci riflettere sulle caratteristiche della nostra umanità. Confrontarsi con una tecnologia per delineare i nostri tratti potrebbe sembrare distopico, ma il principio di alterità ha sempre fatto parte della natura umana: so chi siamo noi, perché so che non siamo loro. In questo gioco delle parti è allora importante nutrire una nuova consapevolezza e sviluppare competenze per saperci rapportare con l’AI in azienda, come sostiene Paolo Carnovale, General Manager di Goodhabitz, player internazionale attivo nel mondo della formazione digitale: “Ci chiediamo spesso quali siano le skill fondamentali per lavorare con questa tecnologia all’interno delle imprese, ma difficilmente ci si concentra sulla nostra capacità di riflettere. Pensiero critico, astratto e computazionale, potremmo racchiudere in questi tre concetti il bisogno formativo di chiunque si appresti a collaborare con l’AI”.
Il pensiero critico, secondo Carnovale, va molto al di là della semplice distinzione tra ‘giusto’ e ‘sbagliato’, che spesso ricade nella verifica delle informazioni forniteci dal sistema. Sviluppare un approccio positivamente critico nei confronti dell’AI significa saper riconoscere i bias insiti nel Machine learning, comprenderne l’impatto sui team, sulle aziende e, più in generale, sulla società: “Sperimentando su basi di dati distinte per collocazione geografica ci siamo resi conto che, a partire da prompt uguali, l’output può cambiare sensibilmente, rendendo necessaria una riflessione attenta sulle informazioni che manipoliamo”. Altrettanto importante è il pensiero astratto, poiché distintivo della natura umana e difficilmente replicabile. Secondo il General Manager di Goodhabitz, consiste nella capacità di costruire correlazioni, ponti concettuali tra sistemi di informazioni diversi, – aziendali, sociali e relazionali – dai quali poter creare qualcosa di nuovo, di inedito.
Per ultimo, ma non per importanza, il pensiero computazionale: “L’AI ‘ragiona’ con logiche proprie, difficilmente sovrapponibili al pensiero umano. È da questa differenza che nascono le cosiddette “allucinazioni” dei modelli AI, ovvero quegli output per noi incomprensibili o grossolanamente errati, ma per la macchina perfettamente sensati”. Secondo Carnovale, quindi, appare indispensabile che il sistema scolastico e quello imprenditoriale si assumano la responsabilità di preparare le persone a dialogare con questa tecnologia. L’apprendimento di lingue come il latino e il greco, che allena alla traduzione e alla logica, sviluppano competenze oggi preziose, ma spesso abbandonate al termine degli studi. Nei contesti organizzativi, conseguentemente, i percorsi formativi possono essere arricchiti tramite il learning by doing in ambienti sicuri, dove la stessa AI diventa strumento per allenare la nostra capacità di pensiero. Pratica, teoria e apprendimento sociale, questo il mix formativo indispensabile, secondo Goodhabitz, per prepararci alla rivoluzione dell’AI.

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