Risorse umane

Direzione HR vs Direzione Finance, il fattore umano alla base del vantaggio competitivo

Che il mestiere del Direttore HR abbia subito una trasformazione significativa nel tempo è un dato evidente. Dagli Anni 70 siamo passati dall’Amministrazione del personale alle Relazioni industriali, quindi alla Direzione Risorse Umane e al modernissimo Chief HR Officer (CHRO), che dovrebbe in potenza contendersi con il collega Chief Financial Officer (CFO) il titolo di principale business partner del vertice aziendale.

Al di là delle etichette anglofone, ormai entrate nell’uso comune, ora per dare lustro alle funzioni, ora per oggettiva necessità di adottare un linguaggio internazionalmente comprensibile, quel che è certo è che tanto nelle sedi accademiche quanto nei Consigli di Amministrazione molto si è dibattuto e si dibatte ancora su quale sia l’assetto organizzativo che meglio si confà a una gestione ottimale delle risorse umane.

Se da un lato il dibattito ha evidenziato come il valore del capitale umano sia centrale nel garantire il successo dell’impresa e tutti ormai convengano in maniera pressoché unanime circa l’importanza di competenze, motivazione, cultura, soft skill e via dicendo, la realtà ci dice che ancora numerosissime sono le aziende, soprattutto fra le Piccole e medie imprese (PMI), che ancora rinunciano ad avere una funzione opportunamente strutturata che se ne occupi in maniera specifica, delegando ai singoli manager di funzione il compito di curare le proprie risorse e relegando il Direttore HR al ruolo di gestore della ‘burocrazia del lavoro’: paghe, questioni amministrative e giuslavoristiche, adeguamenti normativi, un po’ di relazioni sindacali (dove serve e dove i sindacati ancora si fanno sentire) e, in tempi di covid, arrangiarsi per gestire i turni di Smart working (che noi chiamiamo “smart”, ma che al limite andrebbe chiamato “remote”, visto che di smart ha spesso assai poco). E se nelle realtà un po’ più grandi la situazione è diversa –diciamocelo– troppo spesso è anche perché le dimensioni e la numerosità delle risorse richiedono necessariamente un po’ di struttura, altrimenti di HR si farebbe anche a meno. Sia chiaro: c’è una ragione per tutto questo. Anzi, più d’una.

Mancanza di chiarezza su ruoli e obiettivi

Facciamo prima di tutto pulizia di quelle che sono le ragioni storiche e culturali. Il mondo è cambiato e cambia sempre più in fretta, ma le aziende, soprattutto le più piccole, non sempre tengono il passo, e spesso a dover decidere di dare una svecchiata all’organizzazione ci sono imprenditori che arrivano da un tempo in cui gestire le risorse umane aveva un sapore più paternalistico o, nei casi peggiori, aveva a che vedere con il saper fare buon uso di bastone e carota. Fortunatamente si tratta di una categoria d’imprenditori in via d’estinzione, anche se non sono pochi i padri che hanno passato ai figli un certo tipo di cultura d’impresa. Poco male, sarà il mercato a dar loro il colpo di grazia.

Una seconda ragione, assai più preoccupante, è la confusione, intesa come mancanza di chiarezza, che ha spesso radici nella relazione tra i manager, viziata da personalismi tossici che spesso trovano a loro volta terreno fertile nell’assenza di una leadership sufficientemente autorevole. Ci si confonde sugli obiettivi (cosa vuol dire fare sviluppo delle risorse? Serve davvero la formazione? Le competenze non è meglio comprarle che costruirle?) e sui ruoli (chi lo decide che cosa devono fare Pinco e Pallino? I miei uomini non basto io a gestirli? Volete che non sappia cosa serve ai miei?). Spesso tale confusione è fonte di conflitti tanto inutili quanto controproducenti, poiché –lo sanno ormai anche i sassi– in azienda vince chi fa squadra, non chi lavora da sé e per sé.

Terzo ma non ultimo, la colpa è dei manager HR. Non sempre, come è ovvio, ma spesso e volentieri. All’inizio del secolo corrente, in particolare, ma a più riprese negli anni, si è riproposto in diverse forme il tema della effettiva necessità di una funzione HR dedicata esclusivamente alle risorse umane e a tutte le tematiche a queste correlate. Si è dibattuto del fatto che ora questa e ora quella funzione avrebbero potuto assorbirne i compiti: la parte amministrativa alla Direzione Finanziaria, la contrattualistica all’ufficio legale, i premi e gli incentivi ai responsabili di funzione, la selezione in outsourcing, lo sviluppo pure… Il dibattito prendeva le mosse da serissimi quanto spesso –ahinoi– condivisibili dubbi sull’effettivo contributo dell’HR alla performance aziendale, che era percepito come sostanzialmente marginale.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Novembre 2021 di Persone&Conoscenze.
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Gaetano Ievolella

Gaetano Ievolella si è laureato in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano e ha maturato esperienze come consulente di direzione e quindi come manager, ricoprendo ruoli direttivi in ambito IT e Finance e poi come Amministratore Delegato della Molteni Farmaceutici. Oggi è Senior Partner di Ergon Master Team, network di professionisti associati che dal 1985 affianca nei loro percorsi di crescita le imprese che costruiscono sul valore delle persone il proprio vantaggio competitivo.

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