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La fiducia in sé si sviluppa in azienda, ma non è questione di performance

Abbiamo sempre più paura del futuro. Ma quanta stima abbiamo di noi stessi e degli altri? La nostra fiducia, come persone e come lavoratori, oggi è messa a dura prova. L’83% degli impiegati nel mondo dichiara di temere di perdere il lavoro, a causa di diversi fattori: la Gig economy, l’incombente recessione, la mancanza di skill, la presenza di competitor stranieri a basso costo, l’automazione o il trasferimento della propria azienda all’estero.

A dirlo è il Trust Barometer 2020 pubblicato da Eldeman, il rapporto che da 20 anni misura la fiducia nelle istituzioni a livello globale. Nessuna delle quattro istituzioni analizzate nel rapporto – Governi, aziende, organizzazioni non governative e media – gode attualmente della stima delle persone.

Un fenomeno che riguarda soprattutto i Paesi sviluppati, dove la fiducia, influenzata dalla forte diseguaglianza sociale ed economica, ha creato due realtà parallele: da una parte il pubblico informato, più ricco, più educato e più fiducioso; dall’altra la maggioranza della popolazione, meno abbiente, meno istruita, che ha perso fiducia nel futuro.

Negli ultimi anni la sfiducia nelle istituzioni è entrata a far parte della narrazione quotidiana della nostra vita sociale e politica, prendendo le forme dell’indignazione e le deformazioni dei populismi.

Il problema è economico: più del 50% di chi vive in una nazione con un’economia sviluppata dichiara di non pensare di poter accrescere la propria ricchezza nei prossimi cinque anni. Ma la soluzione è culturale. Il luogo di lavoro è diventato il terreno più fertile per combattere il sentimento della sfiducia.

L’indagine rivela infatti che per il 76% degli intervistati la relazione con il datore di lavoro è oggi quella che più merita un investimento in termini di lealtà. Una buona notizia per le aziende. Una nuova sfida per il Direttore delle Risorse Umane, che più di altre può guidare l’azienda nella costruzione di una relazione con i propri dipendenti.

Il lavoro del futuro si basa sulla fiducia

Della fiducia abbiamo ancora bisogno, come persone e come lavoratori. La discussione sul futuro del lavoro si è spesso focalizzato sui mestieri del futuro, sul modo in cui l’Intelligenza Artificiale trasformerà le nostre vite, ma c’è un discorso più grande che stiamo trascurando.

Il dibattito contemporaneo sta dimenticando infatti di affrontare il tema del rapporto con il lavoratore, secondo Tim Ryan, Senior Partner e Presidente di PwC US che è intervenuto al World economic forum annual meeting del 2020.

Negli ultimi 30 anni la relazione tra professionista e datore di lavoro si è evoluta insieme alla trasformazione dei modelli di business. Tra gli Anni 50 e 80 l’instaurarsi di un rapporto di fiducia era garantito dalla stabilità finanziaria dell’azienda e dalla fedeltà degli impiegati, che spesso trascorrevano l’intera esistenza in una sola società.

Oggi, invece, la tecnologia ha creato una classe di lavoratori che hanno un rapporto con l’azienda non di dipendenza, ma di prestazione, “on demand”, usando le parole di Ryan. Grazie al digitale, è diventato più facile per le persone cambiare lavoro e per gli imprenditori trovare nuovi impiegati. Una flessibilità che però rischia di minare le fondamenta della fiducia.

Spetta allora ai manager fare il primo passo per ricostruire questa relazione di stima. In che modo? Non è sufficiente progettare il welfare, lavorare sui temi dell’inclusione o strutturare percorsi di carriera interna.

Oggi è importante collocare l’attività quotidiana del lavoratore in un quadro più ampio e farlo sentire parte di un generale progresso della società. La costruzione di una relazione di fiducia tra azienda e lavoratore, però, non può prescindere dalla realizzazione sul luogo di lavoro di un altro percorso, individuale e interiore.

Un percorso di crescita che lo psicanalista Carl Gustav Jung ha definito “individuazione” e che in termini contemporanei potremmo sintetizzare con l’espressione ‘seguire la propria vocazione’. Un itinerario complesso verso ciò che sentiamo corrispondere alla parte più profonda del nostro essere, che riguarda la nostra dimensione etica, di esseri relazionali.

E cos’è la fiducia se non il fondamento di ogni relazione con noi stessi e con gli altri? “La fiducia è il nutrimento della relazione”, spiega Gian Piero Quaglino, Professore Ordinario di Psicologia Sociale, di Psicologia Dinamica e di Psicologia della Formazione e fondatore di IPAP – Istituto di Psicologia Analitica e Psicodramma.

Con lui abbiamo dialogato sul tema della fiducia proprio alla luce delle nuove sfide che il Direttore HR deve affrontare nel momento storico che stiamo vivendo.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2020 di Persone&Conoscenze.
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ruolo direzione HR, rapporto capo-dipendente, fiducia in se stessi, Trust Barometer 2020, Gian Piero Quaglino

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