Competenze trasversali

Per gestire il cambiamento servono competenze tecniche e trasversali

La conoscenza ha sempre avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo economico e sociale. Ogni epoca ha visto la nascita di istituzioni e organizzazioni all’interno delle quali erano sperimentate diverse forme di sviluppo e diffusione della conoscenza (Burke, 2000). A partire dalla metà del XX secolo essa è diventata, sempre più, fonte di vantaggio competitivo e si è iniziato a parlare di “società della conoscenza” ed “economia della conoscenza”. Quest’ultima richiede a tutti gli attori del mercato di arricchire la propria dotazione di informazioni per permettere alle aziende di essere più flessibili, di crescere e di svilupparsi.

È in questo contesto che la Resource based view (Rbv; Barney, 2001; Lippman e Rumelt, 2003) riconosce la soggettività dell’impresa, enfatizzando il ruolo dei processi di apprendimento intra e inter organizzativi, quale fonte di vantaggio competitivo delle diverse organizzazioni. Se la diffusione di conoscenza risulta essere fondamentale per la loro crescita, conseguentemente la ricerca scientifica si è domandata quali competenze le risorse umane dovessero possedere al fine di agevolarne lo sviluppo e la diffusione.

Nell’articolo dal titolo “Promoting organizational development in the knowledge economy: the T-shaped capabilities” (Barile et al., 2016) è stato individuato il modello definito “T-shaped” quale struttura di saperi che meglio si adatta all’economia della conoscenza. Esso è stato introdotto nel mondo accademico da David Guest (1991) per descrivere un lavoratore in possesso sia di approfondite conoscenze tecnico-professionali sia di competenze trasversali, utili per collaborare e confrontarsi con colleghi di altri settori. La necessità di avere all’interno delle organizzazioni T-shaped professional è stata ampiamente riconosciuta negli ultimi 20 anni sia dalla letteratura scientifica (Gianecchini et al., 2022; Owwon et al. 2019; Gardner, 2017; Demirkan e Spohrer, 2015; Donofrio et al., 2010, Hansen e Von Oetinger, 2001) sia dal mondo professionale.

McKinsey & Company, multinazionale di consulenza strategica, utilizzava questa terminologia per delineare le competenze richieste per assumere nuovi manager (Bierema, 2019); Tim Brown, CEO di Ideo, società di progettazione e consulenza, sosteneva che i collaboratori da ricercare dovessero essere talmente curiosi ed empatici da accettare un lavoro molto diverso dal proprio (Rogers e Freuler, 2015); una nota società di consulenza affermava che questa forma di conoscenza fosse la più adatta per rispondere ai cambiamenti in atto nel mercato del lavoro (Deloitte, 2019); Marci Duckro (2016) riteneva che la maggior parte delle aziende ricercasse T-shaped professional. Alcune ricerche, inoltre, hanno studiato come ripensare la formazione superiore (Saviano et al., 2016) e quella universitaria (Martin e Rees, 2019; Uhlenbrook e Jong, 2012; Donofrio et al., 2012) per preparare e inserire nel mercato del lavoro professionisti con il modello di competenze T-shaped.

Considerando quanto emerso dall’analisi della letteratura, relativamente all’importanza di avere all’interno delle organizzazioni persone con tali skill, l’articolo si prefigge di verificare la presenza di questo modello di competenze all’interno di un’organizzazione che, per eccellenza, forma e professionalizza i futuri lavoratori: l’università. Come affermato da alcuni studiosi (Giannechini et al., 2022), infatti, il T-shaped è particolarmente adatto per interpretare l’evoluzione del lavoro nei diversi contesti aziendali, anche se sono ancora pochi gli studi, soprattutto in Italia, a indagare le forme di competenza realmente possedute dai lavoratori nelle differenti funzioni. L’obiettivo di questo articolo esplorativo è, pertanto, analizzare il modello, presentandone le caratteristiche e i punti di forza e verificarne la diffusione all’interno di un’organizzazione professionale, un’università italiana, dove operano i cosiddetti lavoratori della conoscenza.

Le diverse forme di competenza e il T-shaped model

Vi sono diverse forme di competenza che i lavoratori possono sviluppare. Alcuni studiosi (Barile et al., 2012) ne individuano almeno quattro: I-shaped, T-shaped, Pi-shaped ed E-shaped (Figura 1). La forma chiamata I-shaped fa riferimento a un individuo che ha una profonda conoscenza della propria disciplina-funzione, con solide abilità tecnico-professionali e caratterizzato da pensiero analitico e capacità di problem solving; essa è fortemente specializzata e non può essere generalmente adottata per risolvere problemi in contesti diversi da quelli propri della funzione ricoperta. La forma T-shaped fa riferimento, invece, a un individuo che, oltre ad avere una profonda conoscenza della sua disciplina, possiede anche solide competenze trasversali, utili per interagire e comprendere professionisti di aree funzionali diverse (Karjalainen, Koria e Salimäki, 2009). La terza forma, chiamata Pi-shaped, si riferisce a un individuo che possiede una grande conoscenza di due discipline di riferimento che si collegano tra loro. Infine, la quarta, E-shaped, identifica una persona che ha ottima dimestichezza con tre aree di specializzazione collegate tra loro.

Il modello maggiormente presente nel mondo del lavoro, fino a qualche anno fa, è stato l’I-shaped (Giannechini et al., 2022; Foltynowicz, 2013); tuttavia, la crescente necessità di sapersi confrontare con discipline-settori differenti mette in discussione la forma a ‘I’ e fa emergere la necessità di professionisti T-shaped (Barile, Saviano, e Simone, 2015): secondo la letteratura, chi risponde a queste caratteristiche è dotato di competenze sia verticali sia orizzontali, che gli permettono di affrontare contesti problematici diversi e di gestire efficacemente il cambiamento. Questa figura ha le skill necessarie per sviluppare alcuni tipi di innovazione facendo leva non solo sulle capacità di problem solving, ma anche, e principalmente, sulle quelle decisionali. Questa dotazione di competenze può rappresentare una rilevante fonte di vantaggio competitivo, soprattutto quando ci si aspetta che le organizzazioni affrontino condizioni di elevata complessità (Barile e Saviano, 2010). Infatti, il professionista T-shaped rompe i tradizionali schemi aziendali gerarchici, condividendo le conoscenze all’interno dell’organizzazione (Hansen e von Oetinger, 2001).

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre-Ottobre 2022 di Sviluppo&Organizzazione.
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Chiara Morelli

Professore Associato di Organizzazione Aziendale, Università del Piemonte Orientale, Dipartimento di Studi per l’Economia e l’Impresa

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