Ridurre il cuneo fiscale per rilanciare i consumi

Una delle misure cardine della politica economica del Governo è rappresenta dalla riduzione del cuneo fiscale e contributivo, il cui decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 5 febbraio. A partire da luglio 2020, e quindi per un periodo di sei mesi, sono stati stanziati fondi pari a tre miliardi, che aumenteranno fino a cinque miliardi nel 2021. Per quello che riguarda il meccanismo di funzionamento si concretizza nella modifica della struttura e dei requisiti di spettanza del bonus Renzi (o bonus Irpef), volta ad ampliarne la platea dei beneficiari.

Il calcolo del bonus e chi ne usufruirà

Il punto di partenza è il bonus Renzi che rimarrà nella versione originaria fino a giugno. Si sostanzia in un credito (bonus Irpef) di 80 Euro al mese per un totale annuo di 960 Euro sui redditi di lavoro dipendente, con esclusione delle pensioni erogate da enti di primo pilastro, e su alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Si calcola sul reddito complessivo annuo al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze, rapportato al periodo di lavoro svolto nell’anno. Per redditi non superiori a 24.600 Euro la detrazione è di Euro 960. Per i redditi compresi tra i 24.600 e 26.600 Euro, invece, la detrazione viene calcolata in base al reddito. Il credito fiscale viene riconosciuto direttamente dal sostituto di imposta, datore di lavoro o committente, che è tenuto ad erogarlo in maniera automatica e senza necessità di alcun adempimento preventivo o richiesta formale da parte del lavoratore. Il lavoratore è invece tenuto ad informare il datore di lavoro qualora non possieda o perda i requisiti soggettivi richiesti per la maturazione del beneficio.

Dal primo luglio il bonus avrà queste caratteristiche: 100 Euro mensili di trattamento integrativo per i lavoratori dipendenti con un reddito complessivo annuo fino a 28mila Euro; decrescente da 100 a 80 Euro mensili di ulteriore detrazione per i lavoratori dipendenti con un reddito complessivo annuo tra 28mila e 35mila Euro; decrescente da 80 Euro mensili fino ad azzerarsi di ulteriore detrazione con un reddito complessivo da 35mila a 40mila Euro. In sintesi, l’importo massimo di 100 Euro mensili, integrando quindi gli attuali 80 Euro, verrà corrisposto interamente al di sotto di un reddito di 28mila Euro (sono 750mila i redditi tra i 26.600 e i 28mila Euro). Al di sopra di tale soglia, l’importo decresce fino ad arrivare al valore di 80 Euro in corrispondenza di un reddito di 35mila Euro (i lavoratori tra 28mila e 35mila Euro annui sono 2,6 milioni). Oltre tale limite reddituale il beneficio diminuisce ulteriormente fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 40mila Euro di reddito (950 mila dipendenti).

Rimangono fuori dal meccanismo i cosiddetti incapienti, vale a dire coloro che hanno redditi fino a circa 8.200 Euro (sono circa 4 milioni) e non pagano tasse, che hanno invece la possibilità, se in possesso di tutti i requisiti, di accedere al reddito di cittadinanza.

In Italia servono riforme strutturali per riprendere la produttività

L’obiettivo del provvedimento, che dovrebbe essere il primo step di un intervento più ampio, è quello di favorire un recupero di competitività del sistema Paese per stimolare una ripresa dei consumi.

Va sottolineato come il tema di una ripresa della produttività costituisca uno dei principali nodi da risolvere dal nostro sistema economico. A tal proposito vanno ricordate le recenti considerazioni del Fondo monetario internazionale, in cui si sottolinea che l’Italia ha avuto benefici dalla politica monetaria accomodante della Bce e dai tassi di interesse molto bassi, ma ora ha bisogno di riforme strutturali per cogliere in maniera più consistente tale situazione favorevole. Più nello specifico, si raccomanda di ridurre gradualmente il debito pubblico e introdurre misure per incoraggiare la crescita elevando soprattutto la crescita della produttività pro capite, troppo bassa nel confronto con gli altri Paesi.

Tra gli elementi di debolezza del nostro sistema economico vi è poi il livello elevato del costo del lavoro, in particolare proprio la misura del cuneo fiscale, definito dall’Ocse come differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. Secondo il Taxing Wages 2019 dell’Ocse (pubblicazione che analizza il livello e la dinamica del carico fiscale sul lavoro dipendente nei Paesi Membri dell’Ocse), con un cuneo fiscale per un lavoratore medio senza figli pari al 47,9% del costo del lavoro l’Italia si colloca nel 2018 al terzo posto (dopo il Belgio e la Germania). Si discute inoltre di prevedere l’utilizzo di una riduzione del cuneo fiscale per abbassare i costi di produzione, anche in ottica di reshoring con il costruendo Decreto crescita bis, per stimolare cioè il rimpatrio di aziende che negli anni scorsi avevano spostano la propria produzione all’estero.

* Lorenzo Giuli è un esperto di previdenza complementare

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Lorenzo Giuli

Lorenzo Giuli è lo pseudonimo di un esperto di previdenza complementare

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