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Salvaguardia della salute e tutela della sicurezza: le condizioni per la ri-partenza

Come si stanno predisponendo le aziende in vista di una auspicata, seppur graduale, ripresa delle attività? A prescindere da quelle che sono riuscite a salvaguardare, per quanto possibile, il normale andamento dei flussi operativi ricorrendo, per esempio al remote working, quale sarà la situazione complessiva?

Eccezion fatta per le imprese che, purtroppo, non apriranno più i battenti, alcune aziende saranno costrette a ridurre la portata del loro business, mentre altre dovranno riconvertire la produzione verso ambiti di mercato prima d’ora inesplorati, e altre ancora proveranno a mantenere lo status quo per resistere a oltranza, non avendo ancora pensato a una precisa strategia.

Per tutte, però, si renderà indispensabile l’adozione di iniziative che atterranno non solo alla rimodulazione-razionalizzazione delle funzioni organizzative, ma anche, anzi, soprattutto, considerata la situazione contingente, a un rafforzamento qual-quantitativo del livello di salvaguardia della salute e della sicurezza del personale.

Linee guida di prevenzione e precauzione per le imprese

Facciamo quindi il punto sulle azioni previste dal Protocollo del 14 marzo 2020 – a tutti gli effetti un Accordo Interconfederale – condiviso tra organizzazioni datoriali e Cgil, Cisl e Uil di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro.

Per quanto non si tratti di un documento vincolante, costituendo infatti una summa omnicomprensiva di ‘linee guida’ cui le aziende possono riferirsi per redigere un protocollo specifico, che contempli le rispettive peculiarità in ordine a dimensione, processi e diffusione sul territorio nazionale, è innegabile che esso sia stato ispirato a criteri di prevenzione e di precauzione che meritano una dovuta analisi.

Si va dall’informazione alla modalità di ingresso in azienda del personale e alla relativa gestione in entrata e uscita, dall’organizzazione agli spostamenti interni, alle riunioni e alla formazione, dalla modalità di accesso dei fornitori esterni alla gestione degli spazi comuni, dalla pulizia e sanificazione dei locali alle precauzioni igieniche personali, dalla sorveglianza sanitaria e dal ruolo del medico competente (anche in raccordo con le disposizioni delle autorità sanitarie) e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, dall’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale alla gestione di una persona sintomatica.

Importante è il ruolo che in tale contesto possono esercitare i comitati paritetici datori di lavoro, sindacato e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) previsti dal Protocollo e costituiti soprattutto nelle aziende di medie e grosse dimensioni. Si tratta di un organismo che, pur in presenza di diverse competenze e responsabilità delle parti in causa, ben testimonia quell’esigenza di coltivare un obiettivo comune – la sicurezza e la salute dei lavoratori in via prioritaria senza se e senza ma – e la ricerca di soluzioni univoche, non contraddittorie e immediatamente efficaci e perseguibili.

Nelle PMI l’onere ricade sul capo azienda

Medesima attenzione sul tema deve essere riservata anche dalle piccole imprese o da quelle in cui non è insediata alcuna rappresentanza sindacale. Anzi, a onor del vero, in queste il ruolo dell’imprenditore assume una rilevanza ancora maggiore, dal momento che, in mancanza di una qualsivoglia forma di confronto utile a individuare un percorso condiviso, l’onere di porre in essere le azioni da sostenere rivestono il carattere dell’unilateralità, ricadendo esclusivamente sulle spalle del capo azienda.

Ecco, dunque, che il Protocollo può costituire quella solida base applicativa comunque finalizzata a garantire, nel precipuo interesse dei lavoratori, i comportamenti più opportuni per contrastare la diffusione del virus.

Per amor di verità, infine, non può tuttavia passare inosservato come il Protocollo, originato sotto l’egida e la forte spinta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rientri, al pari di altre precedenti disposizioni da quest’ultimo emanate, tra le raccomandazioni e non integra una norma cogente.

Come a voler (ragionevolmente e legittimamente) affidare ad aziende e imprenditori la facoltà di pianificare e applicare le misure più idonee all’interno delle proprie realtà produttive e quasi a ‘testarne’ la sensibilità in materia. Che è – e dovrà – risultare sempre più alta e qualificata.

dopo coronavirus, salute aziendale, ri-partenza

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