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Risorgere dopo la crisi, come il coronavirus cambia l’economia

Ogni giorno, da mesi ormai, media e giornali si concentrano sul coronavirus, indagandone le cause, gli sviluppi quotidiani, le possibili conseguenze per la salute pubblica e l’impatto economico sia a livello nazionale, sia a livello globale.

Quotidianamente, insieme con il bollettino di morti, nuovi contagiati e guariti, contiamo anche i danni economici ai vari settori del Paese, con la speranza di sentire annunciato dal Governo quanto prima l’avvio della fase 2, che significa un passo in avanti verso il ritorno alla normalità.

Ogni giorno ascoltiamo le notizie sull’Europa e le sue crisi interne, su come si possa gestire al meglio la vita e il lavoro (per chi può lavorare da remoto) in quarantena, su come attrezzarsi per nuove restrizioni.

Viviamo ancora in attesa, certo, e a questa altezza di diffusione del virus non è ancora il tempo di bilanci definitivi. Ma è indubbio che alcune considerazioni si possono già fare: rispetto a Sars o Ebola, ora ci troviamo infatti di fronte alla prima pandemia dell’era della globalizzazione. Una globalizzazione che per giunta già da tempo ha iniziato a manifestare tutte le sue incongruenze e le sue contraddizioni.

Di questo tema ne analizza i diversi aspetti e implicazioni Giulio Sapelli nel suo 2020 Pandemia e Resurrezione, pamphlet coedito da Guerini e Associati e goWere, corredato dai contributi del Segretario Generale dell’Associazione nazionale banche popolari Giuseppe De Lucia Lumeno e del Professore Ordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Cattolica di Milano Alessandro Mangia.

“Il 2020 sarà ricordato come l’anno della decelerazione della globalizzazione e della crisi evidente di un mondo che non riesce a riacquistare stabilità e a crescere economicamente per assenza di leadership”, si avverte, infatti, nel libro.

Svelate le debolezze del nostro sistema economico

Il virus, propagatosi dalla Cina in Oriente e poi dilagato nel giro di qualche settimana in Occidente, dapprima in Europa e poi negli Usa, ha mostrato in modo evidente quanto profondi siano i problemi strutturali del nostro sistema economico e della forma di capitalismo finanziarizzato che ha preso piede negli ultimi tempi.

Come acutamente individua Sapelli “il coronavirus, se guardiamo a questo pericolo terribile per la salute umana in questo inusitato contesto, può contenere in sé una virtù e questa virtù è quella dell’umiltà: l’umiltà di riconoscere che la crescita inarrestabile della globalizzazione finanziaria e della Cina – che a essa è intimamente legata – possono entrambe subire una battuta d’arresto”.

In questo agile scritto l’autore fa dunque il quadro della crisi attuale, delle sue ragioni storiche e degli scenari futuri che ci attendono, facendoci riflettere sulla gestione di quest’emergenza, indicativa di una società con più ombre che luci, dove si è verificato un forte arretramento della politica, dello Stato, dello spirito pubblico stesso.

Ed è per questo che, mutuando ancora le parole del professore, “il capitalismo, se vuole sopravvivere, deve cambiarsi per conservarsi, rispetto al tema del lavoro, riconducendo la tecnologia al ruolo più corretto di supporto al lavoro umano, elemento base del valore per ogni organizzazione”.

Ma come può cambiare la nostra economia? Si può ripensare l’economia circolare? La risposta la si trova ancora dentro al testo e passa da una nuova concezione di innovazione, da intendere globalmente, cioè dalla tecnologia alla morale.

Il capitalismo, cioè, “emergerà se ritroveremo la forza di piegarci sullo studio e sulla meditazione morale e filosofica metafisica, il concetto stesso di comunità, così come lo intendeva il pensiero sociologico tedesco tra fine Ottocento e inizio Novecento: Gemeinschaft nella Gesellschaft, perché la comunità può sempre ricostruirsi nella società, come ci insegnava anche quel grande economista che era Alfred Marshall. E dovrà sorgere dal lavoro umano associato una sorta di nuova territorialità con la scoperta che la delocalizzazione non è inevitabile”.

Perché in fondo ci sono diverse ragioni per cui si è giunti allo stato attuale delle cose e mai come prima un evento di portata mondiale ci prospetta l’inevitabile cambiamento, che passa appunto da una “resurrezione”, come indica il titolo, portatrice di nuove basi economiche.

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