Velasco

L’imperfezione vincente di Velasco

Era uno dei (pochi) trofei che mancava a Julio Velasco, il Mondiale di volley femminile. Grazie alla vittoria delle Azzurre contro la Turchia nell’edizione 2025 organizzata in Thailandia, il palmares del Commissario Tecnico della Nazionale femminile italiana di pallavolo può ora dirsi completo. Nel suo passato (sempre vincente) è stato la guida di quella ‘Generazione di fenomeni’ che negli Anni 90 spopolava nella pallavolo e che faceva razzia di ogni torneo: mancò solo l’oro olimpico, che Velasco ha poi vinto con la Nazionale femminile a Parigi 2024.

Forse, però, il vero fenomeno è proprio lui, il tecnico “venuto dalla fine del mondo”, per dirla con le parole che Papa Francesco – che con Velasco condivideva l’Argentina – usò quando fu eletto pontefice. Continuerà pure ad avere in squadra nuove generazioni di atleti straordinari, ma se un allenatore continua a vincere a prescindere dalla formazione che guida, allora quello fuori dall’ordinario vuoi vedere che è quello che siede in panchina?

Non è un caso che tra una vittoria e l’altra, Velasco sia diventato un’icona anche per il mondo manageriale, grazie ai suoi speech motivazionali che si rifanno sempre a esperienze dirette del tecnico. Tra racconti e aneddoti, l’allenatore argentino, originario di La Plata (una delle capitali argentine del calcio) porta i suoi insegnamenti sulla leadership, sul lavoro di squadra e sul senso del lavoro all’interno di aziende e davanti a migliaia di manager e professionisti interessati ad apprendere anche solo una piccola parte di quell’esperienza.

Raggiungere gli obiettivi puntando all’eccellenza

Per esempio, dopo aver vinto i Giochi di Parigi nel 2024, ha spiegato come è riuscito ad arrivare al successo. Nonostante la squadra femminile fosse già all’epoca molto forte e, ormai da anni, fosse ai vertici del volley internazionale, le aspettative legate a una possibile vittoria erano più basse rispetto a quelle da lui sperimentate in passato dalla squadra maschile. Per questo decise di lavorare sul primo tassello fondamentale per creare una squadra unita: l’obiettivo. Secondo la sua opinione, infatti, gli atleti hanno bisogno di avere davanti agli occhi una meta chiara, sfidante, ma al tempo stesso realistica. Ma attenzione: nella logica di Velasco non bisogna impegnarsi per proporre la perfezione, quello che conta è puntare all’eccellenza.

Per esempio, a Parigi 2024, la medaglia d’oro era un risultato sfidante, ma comunque raggiungibile: giocare su questo fattore ha permesso al tecnico di ingaggiare tutte le pallavoliste. Con obiettivi irrealistici, le persone si demotivano, perché vanno incontro al ‘fallimento’ sicuro; al contrario, se gli obiettivi sono troppo poco sfidanti, le persone si sentono deresponsabilizzate. Il pericolo, in questo caso secondo Velasco, è che quando una delle squadre favorite alla vittoria si scontra con un team sfavorito, quest’ultimo, con ogni probabilità, giocherà al di sopra dei propri standard, perché non ha nulla da perdere.

Sempre sugli obiettivi, la filosofia dell’allenatore argentino è di fissare, oltre a quelli finali, dei checkpoint parziali, intermedi, sia di natura individuale sia di tipo collettivo. È noto l’aneddoto di Velasco in merito al miglioramento di ogni giocatore in tutti gli aspetti del gioco: parlando con lo schiacciatore aveva capito che per farlo diventare ancor più competitivo non doveva farlo lavorare sulle alzate o sulle ricezioni, ma doveva concentrarmi sull’attacco, aspetto per il quale era già tra i migliori. Se ogni componente della squadra migliora ‘nel suo ambito’, la squadra può far leva sull’eccellenza di ognuno nei rispettivi ruoli, piuttosto che affidarsi sulla mediocrità degli altri aspetti. Raggiunti i risultati prefissati per un’area di crescita, allora è possibile procedere alla seconda, mettendo sempre il focus sui progressi e non sulle lacune.

Trovare soluzioni, non i colpevoli

A caratterizzare le squadre di Velasco, oltre all’elevato tasso tecnico, è la forza del gruppo. Lo stesso tecnico ha raccontato che quando ha incontrato per la prima volta la Nazionale femminile aveva notato alcune scaramucce tra le giocatrici, considerate come piccoli problemi relazionali. La sua strategia, in questo caso, è stata di minimizzare le divergenze: se tutti i componenti di un gruppo non vanno d’accordo non è necessariamente un problema; ciò che importa è aiutarsi vicendevolmente a prescindere dalle amicizie. A suo giudizio, per farlo, serve definire ogni ruolo con chiarezza, affinché la possibilità che avvengano scontri è alquanto remota: le zone grigie devono essere illuminate e le responsabilità è bene che siano definite.

Con questa filosofia, Velasco ha affrontato quella che lui stesso in varie occasioni ha definito come la “cultura dell’alibi”, nella quale gli sforzi sono dirottati verso la ricerca di un colpevole, piuttosto che impiegati a ricercare una soluzione al problema. Anche in questo caso è noto l’aneddoto dell’attaccante che schiaccia male per colpa dell’alzatore che non ha offerto il pallone nel modo giusto, perché, a suo dire, il ricevitore è reo di non aver svolto bene la sua parte… Ma con chi se la può prendere chi riceve la palla? Non con gli avversari che tirano troppo forte; allora dà la colpa alla luce che penetra dalle finestre del palazzetto e al personale che non le ha oscurate bene… Secondo l’allenatore, per evitare questa mentalità è necessario, da una parte concentrarsi sulla risoluzione delle cause e, dall’altra creare un clima di fiducia e responsabilità.

Tutti questi aspetti, però, dovrebbero essere trasmessi e insegnati anche nel percorso scolastico. Secondo Velasco, però, la scuola insegna a imparare, piuttosto che a fare. Eppure, non capire e non riuscire, nella sua filosofia, sono due fenomeni molto diversi: l’errore dev’essere trattato come una parte del percorso di apprendimento e non come una dimostrazione di incapacità. Gli allenatori che non capiscono questa differenza, rischiano di ‘snaturare’ i giocatori, perché dicono loro come fare, impedendo all’autonomia e all’indipendenza di emergere. Invece, chi guida il gruppo per Velasco deve chiedersi se le motivazioni che guidano una persona possano essere le stesse anche per le altre; e se non lo fossero, dovrebbe capire le necessità dei singoli e ‘scoprire’ come coinvolgere tutti.

Dietro le vittorie di Velasco, dunque, non ci sono segreti: c’è un lavoro condiviso; c’è la creatività il gioco di squadra; c’è il clima positivo nello spogliatoio; c’è la capacità di trasmettere ottimismo e fiducia ai singoli e al gruppo; c’è il dialogo e la correttezza di trattare tutti allo stesso modo. Con questi ingredienti, l’allenatore di La Plata ha vinto così tanto che neppure Wikipedia è più in grado di quantificarne i successi.

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Alessandro Gastaldi

Alessandro Gastaldi

Laureato in Comunicazione e Società presso l'Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all'interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.

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