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Adattare la leadership alle priorità di Millennial e Generazione Z

Mentre il mercato del lavoro cerca di trovare un nuovo equilibrio dopo il grande impatto della pandemia, stiamo assistendo a una carenza di talenti di proporzioni storiche. Tre aziende su quattro su scala globale hanno, infatti, sperimentato non poche difficoltà nel reperire e portare a bordo nuovi talenti, un dato che non è mai stato così alto negli ultimi 16 anni. Il fenomeno mondiale, battezzato come Great resignation, di certo non aiuta: si pensi che negli ultimi 12 mesi molti mercati hanno registrato livelli impressionanti di mobilità dei talenti. In particolare, a trainare la tendenza del cosiddetto job hopping sono i Millennial e la Generazione Z, abituati a ‘saltare da un lavoro all’altro’. Come mai? In gran parte perché le loro priorità sono diverse da quelle delle generazioni che le hanno precedute, essendo state plasmate dagli impatti della pandemia.

A marzo 2022, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha segnalato che nel primo anno di pandemia ansia e depressione sono aumentate del 25%; quella dei giovani è la fascia più colpita e non stupisce che ai primi posti nella lista dei desideri delle nuove generazioni spicchi la felicità sul posto di lavoro. Così, oltre la metà (56%) dei giovani afferma che lascerebbe un lavoro che è in grado di garantire un buon work-life balance. Al contrario, solo poco più di un terzo (38%) dei 55-67enni la pensa allo stesso modo.

In questo nuovo scenario, le aziende non possono non essere allineate ai sempre più mutevoli bisogni dei propri collaboratori e devono necessariamente trovare nuovi modi per trattenere i talenti. Ecco perché sarà sempre più importante mettere le persone al centro del business e adottare uno stile di leadership che tenga conto delle tante variabili che entrano in gioco con le nuove generazioni.

Sintonizzarsi con la mentalità dei Millennial

In molte aziende si è raggiunto (o ci si sta avvicinando) un punto di non ritorno, man mano che i Baby boomer giungono alla soglia del pensionamento e il mercato del lavoro diventa sempre più popolato dai Millennial e dalla Generazione Z. Le priorità e i valori di queste nuove generazioni, relativamente al mondo del lavoro, sono diversi rispetto a quelli del passato: a livello mondiale, per esempio, il 40% della Generazione Z afferma che preferirebbe essere disoccupato piuttosto che svolgere un lavoro che lo rende infelice; secondo un’altra ricerca di Deloitte, il 40% dei membri della Generazione Z e il 32% dei Millennial darebbero le dimissioni anche senza avere un altro lavoro ad attenderli.

Spesso questa volontà di lasciare una professione per guardare altrove è erroneamente interpretata come pigrizia, attitudine ad arrendersi o addirittura come ingenuità di fronte a ciò che il mondo del lavoro comporta. Tuttavia, le nuove generazioni meritano molto rispetto per la loro scarsa tolleranza all’infelicità lavorativa, agli ambienti tossici e al cattivo management. Infatti, i giovani sono enormemente ambiziosi e sempre alla ricerca della crescita non solo professionale, ma anche personale.

Un recente sondaggio di LinkedIn ha evidenziato che, su scala globale, il 75% degli appartenenti alla Generazione Z prenderebbe in considerazione di cambiare ruolo se la nuova posizione prevedesse validi programmi di formazione e sviluppo. E, in effetti, più della metà (54%) ha realmente abbandonato un posto di lavoro perché le prospettive di formazione e sviluppo non rispecchiavano le precedenti aspettative. Queste evidenze dovrebbero essere un campanello d’allarme per i leader d’azienda e le organizzazioni di tutto il mondo. Generazione Z e Millennial sono il futuro della forza lavoro e rappresentano una risorsa di valore immenso da cui attingere. Per questo è vitale dare ascolto ai loro bisogni.

Distinguersi dalla massa: mettiamola sul personale

Esistono due aree fondamentali sulle quali le aziende dovrebbero focalizzarsi per tenersi stretti Millennial e Generazione Z. La prima è la cultura delle persone e del luogo di lavoro, la seconda è lo sviluppo personale e professionale dei propri collaboratori. Stando a un sondaggio del Center for creative leadership (Ccl), i Millennial affermano che le persone per cui lavorano sono parte integrante della loro esperienza professionale. Per adattarsi a ciò, i leader dovrebbero promuovere lo sviluppo di un ambiente lavorativo che incoraggi il rispetto reciproco e la comprensione e prendersi del tempo per entrare in sintonia e costruire relazioni con i propri collaboratori, creando un senso di comunità e di appartenenza. Un management che non è in grado, o non ha le risorse, per creare un ambiente di lavoro positivo può essere sufficiente a far allontanare le nuove generazioni. E oggi questo non può più accadere.

Il secondo punto è lo sviluppo personale e professionale. Una recente indagine di Cornerstone ha rilevato un preoccupante distacco di 30 punti percentuali tra la fiducia dei dipendenti e quella dei datori di lavoro sul fatto che l’azienda dia priorità allo sviluppo delle competenze. In sostanza, nelle imprese in cui questo problema persisterà, le giovani generazioni se ne andranno. Su scala globale, è indispensabile rivalutare le opportunità di crescita personale e professionale offerte ai propri collaboratori: le strategie di Learning & Development e la formazione sono un chiaro punto di partenza. Tuttavia, raccogliere semplicemente un insieme di materiali destinati a questi giovani professionisti non sarà una strada percorribile perché Millennial e Generazione Z sono abituati ai contenuti multimediali e alle informazioni in pillole e, per assicurarsi il loro coinvolgimento, le aziende devono cercare di riprodurre questo tipo di esperienza, offrendo contenuti di formazione altamente differenziati.

Utilizzare tecnologie come l’Intelligenza Artificiale per personalizzare i percorsi formativi e selezionare i contenuti più rilevanti per ciascun individuo, sulla base di abilità e obiettivi personali, può rivelarsi una scelta vincente. In questo modo è possibile promuovere una cultura di apprendimento autonomo, che permette di mappare i progressi, cosa che è chiaramente molto importante per i più giovani. Mentre i dipendenti perseguono il loro sviluppo, anche le organizzazioni registrano importanti benefici, tra cui un generale incremento delle competenze presenti in azienda, del potenziale di crescita e dell’innovazione.

Di fronte a un mondo del lavoro che continua a evolvere, l’obiettivo è sempre più quello di adattarsi alle mutevoli priorità delle giovani generazioni e di abbracciare le loro aspettative. Solo in questo modo, i leader saranno in grado di creare una forza lavoro sempre più agile e flessibile, cosa che preparerà le aziende a far fronte a qualsiasi nuova tempesta globale le attenda, qualunque essa sia.

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Vincent Belliveau

Vincent Belliveau è Chief International Officer di Cornerstone. Sovrintende tutte le attività di Cornerstone nelle aree EMEA e APJ, incluse le attività di vendita e marketing, implementazione, servizi e assistenza. Belliveau è entrato in Cornerstone nel 2007 e ha sviluppato le attività di Cornerstone nella regione EMEA partendo praticamente da zero. Prima di Cornerstone OnDemand, Belliveau ha lavorato come North East Europe Director delle divisioni Master data management e Information Integration Solutions di IBM. È anche stato EMEA Sales Director for WebSphere Product Center Software di IBM (ex Trigo), dove ha contribuito all'ampliamento del portafoglio clienti, allo sviluppo dei mercati e all’incremento delle vendite. Prima ancora, Belliveau ha affinato le sue competenze di consulenza gestionale e analisi di business con un’esperienza professionale in McKinsey & Company.


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