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Dazi Usa, se vuoi la pace prepara il bazooka

La minaccia dei dazi di Donald Trump ha scosso le fondamenta dell’economia del Vecchio Continente. Un terremoto con una scia sismica ancora non terminata e che minaccia ulteriori scosse, anche maggiori. Peraltro con l’ombra di una possibile rielezione dell’attuale Presidente Usa… L’Unione europea si prepara dunque ad affrontare uno scenario già vissuto durante la prima amministrazione Trump.

Ma ci sono due novità: i maggiori valori in gioco; la possibile attivazione dell’Anti-coercion instrument (Aci), il cosiddetto ‘bazooka Ue’. Ma la vera domanda è: conviene davvero usare questo strumento? Ma, soprattutto, chi avrebbe più da perdere nello scontro? Il bazooka Ue rimanda all’immagine di un’arma distruttiva; in effetti il messaggio che l’Ue vuole inviare agli Usa è chiaro: Bruxelles non accetterà più imposizioni unilaterali.

L’ipotesi di un ritorno dei dazi Usa non è più solo un timore politico, ma un rischio calcolato nei modelli macroeconomici europei. Secondo uno scenario elaborato dalla Commissione Ue le conseguenze saranno chiare: con dazi moderati (10%), la zona euro potrebbe perdere fino a 0,3 punti percentuali di Prodotto interno lordo nel 2025; in caso di dazi più aggressivi (30%), la perdita potrebbe salire fino a 0,7%, e in scenari peggiori anche oltre l’1%.

Le contromisure Ue rischiano di essere un boomerang

Dopo l’esperienza dei dazi del 2018 su acciaio e alluminio, l’Ue ha creato nel 2023 l’Aci, cioè il meccanismo che consente alla Commissione Ue di reagire rapidamente e in modo proporzionato a misure coercitive messe in atto da Paesi terzi. Le possibili contromisure che attiverebbe il bazooka Ue riguardano: dazi punitivi su prodotti strategici; divieti di accesso agli appalti pubblici europei; restrizioni sugli investimenti; sospensione temporanea della tutela della proprietà intellettuale; sanzioni mirate su aziende e settori ad alto valore. Per essere attivato, all’Aci serve ‘solo’ un processo politico interno che richiede l’appoggio della maggioranza qualificata dei Paesi membri. Ma è proprio qui che sono emerse le prime fratture.

Sull’uso rapido del bazooka Ue spingono apertamente Francia, Spagna, Svezia e Paesi Bassi, sostenendo che la minaccia di Trump vada disinnescata sul nascere. La linea è chiara: mostrare forza ora per evitare una guerra commerciale domani. Germania e Italia – le due principali potenze manifatturiere europee – predicano, invece, cautela. Il nostro Paese teme che uno scontro commerciale possa colpire il Made in Italy nei settori moda, alimentare e meccanico. Berlino, invece, guarda con preoccupazione a un eventuale colpo al settore automobilistico, già sotto pressione tra transizione elettrica e rallentamento della domanda globale. Il rischio è che il bazooka Ue finisca per dividere ulteriormente i Paesi europei nel momento più delicato degli ultimi anni.

La Germania risulterebbe tra i Paesi più colpiti dalle conseguenze dei dazi: la sua economia, fortemente orientata all’export e dipendente dal settore automotive, potrebbe vedere il suo Pil ridursi di 0,4% in un solo anno. L’Irlanda, patria fiscale di numerose multinazionali tecnologiche e farmaceutiche, rischia una contrazione cumulata fino al 3% entro il 2028. Francia e Spagna, con economie più diversificate e meno esposte al mercato Usa, limiterebbero i danni a circa 0,2-0,5%, mentre l’Italia potrebbe subire una perdita stimata tra 0,2 e 0,3% del Pil, con particolare impatto sull’agroalimentare e la meccanica di precisione.

Dalla guerra commerciale, però, anche gli Usa avrebbero molto da perdere. Secondo le analisi della Tax Foundation e di economisti indipendenti, una nuova ondata di dazi accompagnata da ritorsioni europee potrebbe ridurre il Pil statunitense tra lo 0,6% e l’1% nel 2025. I dazi farebbero inoltre salire i prezzi al consumo, in un momento in cui la Federal reserve cerca di tenere calma l’inflazione. Le prime a essere colpite sarebbero le big tech (cioè Google, Apple, Meta e Amazon), che generano oltre il 20% dei loro profitti proprio nel mercato europeo. Non a caso, molti analisti Usa vedono l’uso del bazooka Ue come una carta potente, ma anche rischiosa: Trump potrebbe rafforzare la sua retorica dell’America First, dipingendo Bruxelles come una minaccia e capitalizzando politicamente sul confronto.

Tornare a negoziare per evitare lo scontro

Il vero valore del bazooka Ue, più che nella sua attivazione, è però nella sua stessa esistenza. Avere uno strumento pronto e credibile, dà all’Ue una forza negoziale che nel 2018 mancava. E infatti, la Commissione Ue ha fissato un termine simbolico: se entro i primi di agosto 2025 non ci saranno progressi, Bruxelles potrebbe iniziare ad applicare le misure contro prodotti usa per un valore complessivo di 72 miliardi di euro. La tempistica è stretta e agire troppo presto potrebbe scatenare una guerra commerciale dai costi elevatissimi. Il bazooka Ue è potente, ma va usato con precisione chirurgica, non come un’arma di distruzione di massa.

Alla luce di queste considerazioni non è semplice decidere tra l’uso dell’Aci. L’Ue è chiamata a dimostrare non solo forza, ma anche intelligenza strategica. Agire con unità, prepararsi a negoziare senza rinunciare a difendersi: è questa la vera sfida dei prossimi mesi. Il rischio più grande? Non è lo scontro in sé, ma l’incapacità dei Paesi Ue di parlarsi e trovarsi rappresentati da una voce sola.

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Giorgio Merli

Giorgio Merli è autore di numerosi libri e articoli sul management pubblicati in Europa e negli Usa; è consulente di multinazionali e Governi, oltre che docente in diverse università in Italia e all’estero. È stato Country Leader di PWCC e di IBM Business Consulting Services

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