Genitorialità

Genitori in azienda, la crescita passa anche da qui

Non è un segreto: nonostante i passi avanti, la maternità è ancora un tabù per le aziende italiane. Quando se ne parla il discorso verte quasi esclusivamente su tematiche legate al congedo: cosa dice la legge, quanti giorni spettano, i tempi di rientro, eventuali agevolazioni, ecc. Eppure, secondo il report di Save the Children pubblicato nel 2022 in cui sono analizzati i dati sulle dimissioni volontarie e risoluzioni dei rapporti di lavoro di lavoratrici madri e lavoratori padri (di bambini/e fino a tre anni), le convalide nel 2020 hanno riguardato complessivamente 42.377 persone, di cui 32.812 (il 77,4%) si riferiscono a madri e 9.565 (22,6%) a padri. E la causa del divario si spiega con le motivazioni indicate: quella più frequentemente segnalata continua ad essere la difficoltà di conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura (in particolare dei figli).

Manca, quindi, una cultura della cura. Lo sostengono Sonia Malaspina (Direttrice Risorse Umane Italia e Grecia di Danone e parte del Cda di Danone Italia) e Marialaura Agosta (HR, Internal Communication & Inclusive Diversity Manager per Danone Italia e Grecia) nel libro Il congedo originale: perché le aziende temono la maternità (ROI Edizioni, 2023). Le autrici partono dalla loro esperienza diretta in Danone e tracciano la strada per un cambio di paradigma culturale necessario, condividendo una serie di azioni che tutte le aziende potrebbero mettere in atto. Partendo da un presupposto e dai dati raccolti: qualsiasi esperienza di cura, che sia rivolta un bambino, a una persona anziana o malata, finisce per diventare un valore aggiunto anche per l’azienda e per il mondo economico.

Le organizzazioni che sanno accogliere godono di grandi vantaggi

“Quando ho scoperto che stavo aspettando mia figlia è stato come tracciare una linea di demarcazione: da una parte vivevo la gioia infinita di diventare mamma, dall’altra combattevo con l’ansia di capire quanto sarebbe costata in termini di carriera la mia maternità sul posto di lavoro. Non volevo essere messa da parte o essere tagliata fuori dal ruolo che avevo conquistato con tanti sacrifici. Ma tutto attorno a me diceva che avevo fatto la mia scelta, e ne avrei pagato le conseguenze”, scrive Malaspina, riferendosi agli Anni 90. E la sua paura passata, che ricorda nelle prime pagine del libro, non è stata e non è tutt’ora frutto di un pensiero isolato, ma condiviso, diffuso, purtroppo capito, e troppo spesso legittimato.

Dunque, la domanda giusta da porsi per Francesca Vecchioni, fondatrice e presidente della fondazione Diversity e autrice della prefazione del libro, non dovrebbe essere “Come facciamo a risolvere il problema della maternità in azienda?”, bensì “Quanto valore può portare la genitorialità delle persone in azienda?”.

Partendo quindi dalle analisi delle situazioni presenti nelle aziende, delle leggi e della situazione pandemica, nel volume vengono poi proposti quattro pilastri per migliorare le organizzazioni e creare una cultura della cura: con la vicinanza (il pilastro psico-affettivo), con il coraggio (il pilastro culturale), con la determinazione (il pilastro organizzativo) e con la concretezza (il pilastro economico). “Per produrre un cambiamento sistematico in un’organizzazione non basta lanciare una policy e applicarla, ma occorre avere la tenacia di misurare gli effetti che la nuova politica produce per poterla supportare, ed evitare che venga spazzata via al primo cambio di vertici”, avvertono le autrici, consapevoli di andare contro a secoli di cultura, prassi e modi di pensare. Ma convinte che, soprattutto adesso che ci troviamo in un’economia digitale iperconnessa, fatta sempre di più di lavoro di squadra e competenze diverse, il senso di solidarietà e aiuto reciproco sia un patrimonio aziendale.

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Elisa Marasca

Elisa Marasca

Elisa Marasca è giornalista professionista e consulente di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne all’Università di Pisa, ha conseguito il diploma post lauream presso la Scuola di Giornalismo Massimo Baldini dell’Università Luiss e ha poi ottenuto la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Università di Urbino. Nel suo percorso di giornalista si è occupata prevalentemente di temi ambientali, sociali, artistici e di innovazione tecnologica. Da sempre interessata al mondo della comunicazione digital, ha lavorato anche come addetta stampa e social media manager di organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali, soprattutto in ambito culturale.

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