Gestire la disruption tecnologica per preparare la ripresa

Parlare di disruption è sempre più comune nel mondo del business. Nella teoria imprenditoriale, è tale l’innovazione che crea un nuovo mercato e una nuova rete di valori, sostituendo aziende, prodotti e modi di stare sul mercato così come li conoscevamo prima. È una rottura forte rispetto al passato, che indica un cambiamento repentino. Non è quindi un caso che oggi si utilizzi lo stesso termine per far riferimento all’impatto che ha avuto la pandemia sui modelli di business e sui modi di intendere l’impresa.

Alla disruption deve seguire un momento di recovery, ovvero di ripresa. Quali mosse stanno studiando le aziende italiane per agganciare questa ripartenza? “L’emergenza ha reso evidente l’esigenza di avere aziende sempre più digitali per stare sul mercato e ha accelerato un processo di digitalizzazione e modernizzazione del mercato che sarebbe avvenuto nell’arco dei prossimi quattro o cinque anni”, ha detto Fabio Spoletini, Senior VP e Country Manager di Oracle Italia, aprendo l’evento online Big moves for recovery, le mosse strategiche per la ripresa, organizzato da Oracle Italia con il patrocinio dell’Associazione nazionale dirigenti amministrazione e finanza (Andaf). “Se fino a qualche mese fa le aziende non erano ancora del tutto convinte dell’importanza di tecnologie innovative come il cloud, oggi il loro uso è stato sdoganato completamente. Si è compreso che l’unico modo per contenere le spese e indirizzare bene gli investimenti è utilizzare la disruption tecnologica”.

L’incertezza economica pesa sugli investimenti

La situazione complessiva del Paese preoccupa ancora. Nel 2020 si è assistito a una caduta del Prodotto interno lordo italiano del 8,9%, secondo quanto certificato dall’Istat, la più grave dai tempi della Seconda Guerra mondiale, ma sorprendentemente inferiore a quella di Paesi come la Spagna (-11%) e il Regno Unito (-10%). Se nelle precedenti crisi – quella del 2008-09 e quella del 2011-12 – alla crisi economica si affiancava la crisi finanziaria, aumentando le difficoltà del Paese di prendere in prestito risorse per sostenere il deficit pubblico, questa volta possiamo contare sull’attività della Banca centrale europea.

Il deficit per il 2020 si è attestato su 180 miliardi di euro, di cui 170 miliardi finanziati dagli acquisti di titoli di Stato fatti dalla Bce. Altri 15 miliardi sono arrivati dall’Unione europea con l’investimento Sure che ci ha consentito di scavallare l’anno”, ha ricordato Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano.

Nelle previsioni dell’economista, di recente chiamato dal nuovo Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta a partecipare ai lavori sulla semplificazione burocratica e la riforma della Pa, nel 2021 l’Italia arriverà ad accumulare un deficit di poco inferiore rispetto a quello dell’anno precedente. “La situazione è incerta perché non riusciremo a uscire dalla crisi attuale, se non superiamo la crisi sanitaria con la campagna vaccinale”. L’unica soluzione in grado di superare il continuo tira e molla tra misure di restrizione per ridurre il contagio e riduzione delle stesse per dare ossigeno alle attività economiche. “Fare ripartire l’economia, anche soltanto con pochi mesi di anticipo, dà un vantaggio di gran lunga superiore al costo dei vaccini o dei brevetti per produrli”.

C’è poi il capitolo Recovery Plan, un’occasione importante anche per gli investimenti provati. Secondo le regole stabilite dalla Commissione europea, il 37% delle risorse deve andare a finanziare iniziative verdi, almeno il 10% è destinato a investimenti nel campo digitale e poi ci sono i capitoli dedicati ai sussidi all’innovazione, sul modello del Piano Industria 4.0. “Tutte le iniziative finalizzate a rendere l’Italia un posto in cui si investe più facilmente vanno ad avvantaggiare le imprese, siano esse più o meno tecnologiche”, ha sottolineato Cottarelli. “Date però certe condizioni, se lasciamo scegliere al mercato, è naturale che i settori più tecnologicamente avanzati si svilupperanno di più. Se si rimuovono i principali ostacoli all’investimento, rappresentati dall’eccessiva burocrazia, dalla lentezza della giustizia e dal livello di tassazione, ne beneficiano tutti”. È quello che ha dimostrato il 2020.

Serve capacità tecnologica, finanziaria e manageriale

Analizzando l’anno appena concluso, emerge che le aziende che hanno mantenuto la capacità di collegarsi in maniera digitale e coltivare le relazioni con clienti, fornitori e interlocutori sono riuscite a mantenere una vitalità di business. “L’elemento tecnologico da solo non è sufficiente”, ha detto Alessandro Evangelisti, Mid-Market ERPM Leader di Oracle Italia. “È necessario anche avere capacità finanziaria e manageriale per poter pianificare, conoscere le potenzialità della propria azienda e del mercato e cogliere l’opportunità per reagire con chiarezza e visione. Sono questi i tre pilastri da cui le aziende ripartiranno nel loro percorso di crescita quando la situazione epidemica sarà sotto controllo”.

Alcune organizzazioni, per la verità, in parte lo stanno già facendo. È il caso di EdiliziAcrobatica, prima azienda in Europa di edilizia su fune, quotata a Milano e a Parigi, che nonostante la crisi è riuscita a crescere a due cifre anche nel 2020. Per Tino Seminara, Head of Corporate Strategy and Business Development di EdiliziAcrobatica, la ricetta vincente è stata “essere innovativi, restare vicino ai clienti con un alto numero di filiali sul territorio e avere la capacità di formare le persone grazie all’accademia interna di formazione tecnica e soft skill”. In azienda la strategia di digitalizzazione dei processi passa per la standardizzazione dei comportamenti e l’internazionalizzazione. “Vuol dire lavorare sul controllo, codificare i comportamenti, esportare le nostre modalità di lavoro all’estero e controllare il business grazie al digitale”.

La pandemia, d’altronde, ha obbligato molte imprese a modificare abitudini e comportamenti. Alcune sono state costrette anche a ripensare il loro core business. Ferrovie dello Stato lo ha fatto maturando una nuova e più attenta cura al cliente, investendo sugli elementi della sicurezza. “Per noi ripensare il core business significa ripensare la mobilità del Paese e investire nella crescita”, ha detto Roberto Mannozzi, Direttore Centrale Amministrazione, Finanza, Bilancio, Controllo di Ferrovie dello Stato Italiane e Presidente di Andaf.

Gli investimenti in Ferrovie dello Stato sono cresciuti dai 7 ai 9,2 miliardi di euro del 2020. Il budget per il 2021 immagina una crescita ulteriore e punta all’innovazione, con la sperimentazione di autobus a idrogeno per la città di Terni, alimentati con gli scarti delle acciaierie, e con la possibile estensione del progetto di smart road già avviato sulla strada statale 51 d’Alemagna per i Mondiali di Cortina 2021. “Ripensare il core business, sostenere gli investimenti, sostenibilità e digitalizzazione sono le parole chiave per la ripartenza”.

Stimolare la capacità di previsione e lavorare sui dati

In questa visione rientrano gli esperimenti portati avanti già da qualche anno, proprio in collaborazione con Oracle sulla capacità predittiva di investimenti e manutenzione. I treni sono passati dalla manutenzione a chilometraggio o a tempo a una modalità predittiva, che utilizza sonde digitali montate per anticipare situazioni di rottura o di usura che richiedono interventi ad hoc. Anche nel mondo Finance è importante potersi muovere su valutazioni prospettiche e multiscenario. “Siamo ormai abituati a muoverci nelle crisi, ma aiuta poter contare su sistemi e tecnologie che consentano di valutare scenari diversi per reagire da un punto di vista strategico e di business”, ha detto Mannozzi. “Occorre lavorare molto sulla gestione del rischio: non solo sulla fase diagnostica, ma sulla capacità di unire alla diagnosi anche un’azione preventiva”.

Se un buon numero di aziende grazie alla tecnologia ha potuto ritagliarsi nuovi spazi di mercato, ad alcune la disponibilità di soluzioni digitali è servita per andare avanti giorno per giorno. La Asl di Caserta lo ha sperimentato sulla sua pelle, dovendo accelerare di colpo il percorso di trasformazione digitale che stava avviando prima della pandemia. “È cambiato il rapporto con il Sistema sanitario nazionale (Ssn), con il sistema regionale e anche con il cittadino”, ha raccontato Amedeo Blasotti, Direttore Amministrativo Aziendale dell’Asl di Caserta. “Oracle ci ha dato la possibilità di presidiare il patrimonio informativo: dovevamo avere notizie e dati per poter agire in un momento difficilissimo per il Ssn e per l’azienda stessa. Oggi dobbiamo esser pronti a cambiare e fare scelte coraggiose: il dato e la tecnologia dovranno segnare il nostro passo per il futuro”.

Il digitale, in effetti, è entrato ormai in qualsiasi ambito e processo della vita delle aziende e delle pubbliche amministrazioni, portando vantaggi innegabili in termini di riduzione dei costi e velocità di esecuzione. Convertirsi alla trasformazione digitale non è più una scelta rinviabile. “Tutte le aziende e tutte le amministrazioni sono interessate a investire in tecnologie digitali e tutte evolveranno in quella direzione”, ha concluso Evangelisti. “Ciò significa che a un certo punto le operazioni digitali non daranno più un vantaggio competitivo a nessuno. A trarne maggiore beneficio saranno però coloro che investiranno sul digitale con una visione: tutti faremo Forecasting e Finance in digitale, ma le aziende che uniranno più elementi in un modello operativo abilitato da digitale avranno vantaggi e tassi di crescita notevoli”.

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Giorgia Pacino

Articolo a cura di

Giornalista professionista dal 2018, da 10 anni collabora con testate locali e nazionali, tra carta stampata, online e tivù. Ha scritto per il Giornale di Sicilia e la tivù locale Tgs, per Mediaset, CorCom - Corriere delle Comunicazioni e La Repubblica. Da marzo 2019 collabora con la casa editrice ESTE. Negli anni si è occupata di cronaca, cultura, economia, digitale e innovazione. Nata a Palermo, è laureata in Giurisprudenza. Ha frequentato il Master in Giornalismo politico-economico e informazione multimediale alla Business School de Il Sole 24 Ore e la Scuola superiore di Giornalismo “Massimo Baldini” all’Università Luiss Guido Carli.

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