Alberto Balocco 2

Il binomio artigianato-industria nella nuova fabbrica di Balocco

Tecnologia e automazione, senza dimenticare qualità e tradizione. Sono gli ingredienti essenziali della ricetta più importante di Balocco, l’azienda dolciaria piemontese diventata celebre per il mandorlato e oggi secondo player a livello nazionale anche nel mercato della prima colazione, dietro solo al colosso Mulino Bianco. Un’evoluzione che nell’ultimo decennio ha visto l’impresa nata nel 1927 da una piccola pasticceria artigianale di Fossano – 25mila abitanti in provincia di Cuneo – crescere al ritmo di 1 milione di euro al mese fino a quasi raddoppiare il fatturato, dai 103 milioni del 2008 (l’anno del fallimento di Lehman Brothers) ai 190 milioni del 2018.

Allo scoppio della crisi economica mondiale l’azienda guidata dall’Amministratore Delegato Alberto Balocco, nipote di quel Francesco Antonio che la fondò quasi un secolo fa, si è fatta trovare preparata, con i conti in ordine e le idee chiare. Così, mentre molte aziende si trovavano alle prese con problemi finanziari, industriali o commerciali, a Fossano si dava il via a un massiccio piano di investimenti che in 10 anni, tra forni di cottura di ultima generazione e sistemi automatici di impasto e confezionamento, ha portato Balocco a investire più di 50 milioni in tecnologia. “La nostra è stata un’iniezione costante di automazione”, spiega l’Amministratore Delegato, entrato in azienda nel 1990 insieme con la sorella Alessandra, oggi Responsabile del Marketing. “Ogni anno investiamo una parte rilevante dei nostri ricavi e di conseguenza ogni anno diventiamo un po’ più efficienti e un po’ più competitivi”.

Collaborazione uomo-macchina

La manifattura dolciaria, in cui nel Dopoguerra papà Aldo aveva avviato la produzione industriale di panettoni, pandori e colombe pasquali, si è trasformata in una Fabbrica 4.0 altamente automatizzata. Uno stabilimento ipertecnologico dove le operazioni più ripetitive sono state gradualmente affidate ai robot, più efficienti
e performanti e sicuramente meno esposti al rischio burnout lavorativo. Il risultato è “un processo produttivo più rigido, forse, ma molto più rigoroso”, spiega Balocco, “dove la qualità è garantita da un software che lo replica in maniera sempre uguale”, senza le oscillazioni che contraddistinguono l’attività artigianale. “Oggi quasi tutte le operazioni che potevano essere automatizzate sono state robotizzate”. Eppure, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il crescente utilizzo di robotica non ha portato a una riduzione dell’organico, che invece è cresciuto di oltre il 30%.

L’automazione ha messo in moto un circolo virtuoso che, moltiplicando le tonnellate di prodotto per ora lavorata, ha abbattuto drasticamente l’incidenza del costo del lavoro. Una competitività che si riversa sui prezzi e di conseguenza sulle vendite, portando l’azienda a produrre sempre di più. “Anche se ci sono meno addetti per turno, oggi si fanno più turni e di conseguenza il lavoro non diminuisce, anzi aumenta”. E con esso anche il numero di dipendenti. Per la campagna natalizia 2018 l’organico del sito di Fossano è arrivato a 400 unità, cifra che sale fino a 480 se si contano anche i lavoratori interinali e le cooperative.

Senso di appartenenza dei dipendenti

Nella Fabbrica 4.0 è cambiato anche il modo di lavorare: “In passato si trattava prevalentemente di fare un lavoro di manovalanza”, spiega l’Amministratore Delegato. “Adesso si tratta soprattutto di controllare i processi. È più gratificante e la qualità del lavoro ne guadagna”. La conferma arriva direttamente dai suoi dipendenti. Per il secondo anno consecutivo, infatti, Balocco è tra le prime cinque aziende del largo consumo in cui si lavora meglio secondo l’indagine realizzata dalla società tedesca indipendente Statista che ha interpellato i lavoratori di oltre 2mila imprese italiane con più di 250 dipendenti. La ragione? “Tra i nostri dipendenti c’è una grande percezione del contributo al successo dell’azienda. Chi lavora in un’azienda che si espande, che installa nuovi impianti, che investe in ricerca e sviluppo e che migliora gli ambienti di lavoro, si sente partecipe di questo successo ed è maggiormente motivato a fare bene. Si crea un forte senso di appartenenza che innesca una spirale virtuosa”.

La sfida dell’internazionalizzazione

E l’azienda continua a crescere. I lavori di ampliamento del sito produttivo di Fossano, in fase di completamento, porteranno la superficie coperta dello stabilimento da 46mila a 58mila metri quadrati. Una nuova ala che sarà destinata prevalentemente alla produzione e al confezionamento di nuovi prodotti da forno destinati all’export. È oltreconfine, infatti, che Balocco vede il futuro dell’azienda che la sua famiglia gestisce da tre generazioni. “Cerchiamo di spostare sempre un po’ più in avanti la linea del traguardo perché abbiamo la buona abitudine di non accontentarci mai”. Non c’è da stupirsi allora se, nonostante i suoi prodotti siano distribuiti in 67 Paesi – dall’Europa agli Usa, dal Medio Oriente all’Australia – quel 13% del fatturato che vale oggi l’export gli stia un po’ stretto. “Per noi è un bicchiere mezzo pieno, ma vogliamo alzare quella percentuale. Siamo nati e cresciuti qui e qui continueremo a lavorare e investire, ma l’Italia ha 60 milioni di abitanti. Fuori ce ne sono altri 7 miliardi. È fuori la nostra prossima avventura, il nostro futuro”.

Se la crescita dell’ultimo decennio è stata trainata dalla decisione vincente di affiancare ai tradizionali prodotti da ricorrenza una divisione di prodotti continuativi destinati alla prima colazione – una destagionalizzazione che ha portato Balocco nelle case degli italiani tutte le mattine e non solo a Pasqua e a Natale – per conquistare l’estero la sfida è il ‘fuori pasto continuativo’. Ovvero il mercato degli snack, un comparto dove l’azienda piemontese è presente attualmente solo con i wafer, un prodotto che ha un peso ridotto sulle vendite domestiche, ma che all’estero ha già dimostrato di essere efficace.

Prodotti studiati per i consumatori stranieri

Per diventare più esportatori rispetto a oggi “dobbiamo andare a cogliere dei momenti di consumo non vincolati necessariamente alla prima colazione. Non tutti hanno l’abitudine di farla così sana”. A Fossano, allora, si sta studiando una gamma di prodotti da forno che possa maggiormente venire incontro al gusto e alle abitudini alimentari dei consumatori all’estero. “Non possiamo andare a fare il ‘lavaggio del cervello’ ai consumatori che sono abituati a mangiare il bacon a colazione. Però possiamo contribuire a diffondere il modello culturale rappresentato dal food italiano, che, per le sue caratteristiche, viene universalmente considerato come un modello alimentare da imitare”.

Per penetrare i mercati esteri, quindi, la competenza italiana nella sana e corretta alimentazione va coniugata a un’offerta di prodotti studiata appositamente per soddisfare le abitudini alimentari dei consumatori stranieri.
Un esperimento che è già in atto nella minifabbrica ipertecnologica di Fico Eataly World, il parco tematico dedicato al settore agroalimentare e alla gastronomia aperto a fine 2017 negli ex mercati generali di Bologna. Qui, in appena 600 metri quadrati, è nato uno stabilimento 4.0 largamente robotizzato dedicato alla creazione di prodotti di alta pasticceria per la grande distribuzione, con un occhio di riguardo per l’estero.

Una mission ben sintetizzata dal nuovo marchio ‘Bottega Balocco – Italian Bakery 1927’, lanciato per l’occasione.
Un omaggio alle origini della famiglia – a quella bottega fondata da nonno Antonio nel 1927 di fronte al Castello dei Principi d’Acaja di Fossano che ha dato inizio alla storia di uno dei più famosi marchi dolciari italiani – e al territorio, universalmente riconosciuto come garanzia di cibo sano e di qualità. Ma dalla seconda riga
si parla già in inglese, con quell’“Italian Bakery”, che si rivolge direttamente al pubblico internazionale che il brand è determinato a conquistare.

Sinergia tra artigianato e industria

Per farlo, non punta su prodotti innovativi e ricerche di mercato, ma attinge a piene mani dalle vecchie ricette di famiglia e dal patrimonio della tradizione piemontese. Baci di Dama, Paste di Meliga, Krumiri e dolci lievitati della tradizione natalizia a cui si aggiunge una linea di specialità che utilizza frutta candita di prima qualità.
“Siamo nati da una bottega artigiana e siamo diventati una grande azienda senza mai rinnegare le nostre origini. Anzi, abbiamo sempre cercato di valorizzarle lavorando sulla qualità delle materie prime e dei processi produttivi”, racconta Balocco.

Quando Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, gli ha proposto l’avventura di Fico, la scelta è stata naturale. “Circa 600 metri quadrati sono uno spazio minuscolo rispetto a quello a cui siamo abituati a muoverci a Fossano. Ci siamo subito detti che per accettare la sfida avremmo dovuto tornare a fare gli artigiani, che è quello che la nostra famiglia in fondo ha sempre fatto”. Dalla metà dell’Ottocento in poi, infatti, la famiglia Balocco vanta una lunga tradizione di pasticceri. Una passione innata per quel mestiere, che in qualche modo si è tramandata di generazione in generazione, da Francesco Antonio fino ad Alberto, che due anni fa ha scelto di raccontare la storia della sua famiglia insieme con Adriano Moraglio nel libro Volevo fare il pasticcere.

“L’aria della pasticceria la respiro da sempre, da quando da bambino andavo a curiosare nella pasticceria di mio nonno. Sono cose che ti restano. Bottega Balocco è un modo per riprendere quello spirito, per tornare a respirare quell’aria”. Ma se suo nonno era un artigiano cresciuto nelle botteghe, apprendista pasticcere a Bra e a Torino prima di fondare la sua, Alberto Balocco è pur sempre un industriale, entrato nell’azienda di famiglia a 24 anni dopo la laurea in Economia e Commercio e un master in Organizzazione Aziendale. Al know how artigianale che deriva da quasi un secolo di esperienza nel settore, allora, non poteva non affiancare le procedure, le
tecnologie e la robotica proprie della sua esperienza di industriale.

“Tra artigiano e industriale la differenza è soprattutto nella mentalità. Il primo ha capacità irripetibili che può esplicitare solo su scala ridotta. Il secondo governa un processo che per definizione è ‘proceduralizzato’ e gli permette di replicare quell’eccellenza su numeri più grandi. Tecnologie e procedure sono gli strumenti con cui l’industriale stabilizza e sublima i risultati della creatività artigiana”. Tutto questo trova la sua realizzazione ideale nella fabbrica in miniatura di Fico, dove forni e impastatrici tipici delle migliori pasticcerie sono inseriti in un contesto ipertecnologico e altamente automatizzato.

Il risultato è qualcosa di unico: una fabbricapasticceria con produzione a vista, dove dipendenti e robot realizzano, con tecnologie di ultima generazione, prodotti del secolo scorso. Il tutto sotto gli occhi di turisti e visitatori, “una bella garanzia di qualità”. Un modello visionario? Forse, ma i prodotti di Bottega Balocco hanno già percentuali di esportazione nettamente più alte rispetto all’offerta tradizionale del brand. La strada è segnata.

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